In merito alle aree di pertinenza comuni o condominiali. L'espressione è usata catastalmente in senso improprio, con riguardo alla pluralità di unità insistenti su un unico lotto, ancorchè appartenenti ad un unico proprietario.
Esse devono trovare posto nell'elaborato planimetrico dell'intero maggior edificio (che rappresenta la mappa più dettagliata del maggior fabbricato), che è appartenente all'unico proprietario.
Il riferimento esemplare è l'edificio unifamiliare composto da un fabbricato ad uso abitativo e da un garage ed un magazzino, con circostante corte comune a tutte le unità immobiliari.
In tale ipotesi, essa non deve essere inserita nella planimetria di ciascuna delle unità, trattandosi appunto di bene comune a tutte le unità, e conseguentemente appare del tutto irrilevante al fine della espressione della dichiarazione di conformità .
Può essere omesso, invero, l'elaborato planimetrico esclusivamente nell'unico caso in cui «siano presenti solamente pertinenze scoperte (corti o giardini) di proprietà esclusiva di ogni singola unità immobiliare, le quali pertinenze devono essere rappresentate per intero e senza interruzioni della linea che le delimita (linea di confine) esclusivamente nella corrispondente planimetria».
E' opportuno ricordare, poi, che in conformità alle previsioni della circolare n. 2/2010 dell'Agenzia del Territorio la presentazione della dichiarazione di variazione è necessaria qualora la mutazione incida sulla consistenza o sulla classe anche per un intervento su beni accessori della maggior cosa composta o beni pertinenziali.
L'esempio tipico è il retrobottega di un negozio trasformato in ambiente commerciale o la realizzazione di soppalchi o servizi igienici.
Si ricordato che devono ritenersi essere esclusi dall'ambito applicativo del comma 1-bis anche i fabbricati o manufatti marginali elencati nel comma 3 dell'art. 3 D.m. n. 28/1998, trattandosi di beni che non sono oggetto di accatastamento, salva l'ipotesi in cui siano «dotati di un'autonoma suscettibilità reddituale».
La questione assume, invece, un rilievo diverso in ordine alle ipotesi in cui tali beni facciano parte della maggior cosa composta o siano legati ad essa da un vincolo di pertinenzialità.
In tali casi, sorge l'obbligo di inserimento nella denuncia di accatastamento delle «altre dipendenze annesse all'uso dell'unità immobiliare precisando se esse sono comuni ad altre unità immobiliari», ai sensi dell' art. 56 lettera f, del D.P.R. 1dic1949, N. 1142.
Vanno escluse, poi, dall'applicazione della disposizione in commento non solo le porzioni di fabbricato non censibili comuni a più unità immobiliari, ma anche le porzioni di fabbricato censibili comuni solo a più unità immobiliari.
La delicatezza della questione pone però estrema prudenza.
Residua l'individuazione del tempo costitutivo del rapporto pertinenziale.
Può osservarsi che nelle ipotesi nelle quali un tale nesso sia espresso nel titolo di provenienza, non sorge alcuna questione.
E' il silenzio delle parti, precedente all'accatastamento ed all'atto stipulando, a rendere più complessa la questione.
Appare, invece, fortemente opportuno, proprio con riferimento alla nuova disciplina del comma 1-bis, dare conto formalmente dell'esistenza di un siffatto nesso tra l'area e il fabbricato al quale essa accede, mediante un'apposita dichiarazione di parte.
A tale proposito, il rilievo del nesso di pertinenzialità è tale solo se preesiste al tempo della stipulazione dell'atto traslativo.
E' infatti del tutto privo di rilievo che un tale legame sorga proprio in occasione dell'atto per intendimento della parte acquirente.