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16 Aprile 2018 - RENDITA DA ATTRIBUIRE AGLI IMMOBILI CENSITI NELLE CATEGORIE E/7 E e/8
Sono pervenute alla Direzione Centrale segnalazioni che attengono alla corretta attribuzione della rendita catastale ai fabbricati destinati all’esercizio pubblico dei culti e classificati in categoria E/7.
Nello specifico, è stato chiesto se:
- nel caso di presentazione di un atto di aggiornamento al catasto edilizio urbano, attinente un immobile o una sua porzione, destinato al pubblico culto, il tecnico redattore debba comunque attribuire una rendita indipendentemente dal fatto che l’immobile risulti locato o meno;
- nel caso di possibilità di attribuire in fase di presentazione una rendita uguale a zero, l’Ufficio possa comunque successivamente accertare la rendita.
Con specifico riferimento ai fabbricati in questione, si osserva che per tale tipologia di bene non sussiste l’obbligo della dichiarazione in catasto, a norma dell’art. 6, comma 3, lettera c), del regio decreto legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249.
In linea generale, sono censibili nella categoria E/7, qualora dichiarati al catasto edilizio urbano per eventuali esigenze di natura civilistica, gli edifici o porzioni di edifici destinati all’esercizio pubblico dei culti, quali le chiese, i santuari, le cappelle (ecc.), nonché i templi di ogni confessione religiosa, comprese le sacrestie e gli altri locali incorporati alle chiese ed ai templi, se funzionali alla custodia di ciò che, direttamente o indirettamente, serve all’esercizio dei culti o al trattenimento dei Ministri del culto per i loro esercizi spirituali, con esclusione delle abitazioni e delle altre destinazioni non strettamente connesse.
Al riguardo, si deve osservare che, ai sensi dell’art. 36 (testo post riforma 2004), comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917: “Non si considerano produttive di reddito, se non sono oggetto di locazione, le unità immobiliari destinate esclusivamente all’esercizio del culto, compresi i monasteri di clausura…”.
Di contro, sono sottoposti ad accertamento nell’appropriata categoria (diversa dalla E/7), in coerenza con la destinazione d’uso e le caratteristiche intrinseche ed estrinseche di ciascuna unità immobiliare:
- le porzioni presenti nei fabbricati destinati ad opere umanitarie, anche se risultano connesse a parti di fabbricato ove si esercitano culti pubblici;
- gli eventuali ricreatori annessi agli immobili destinati a qualsiasi culto;
- le case annesse agli immobili destinati al culto, anche se vi si possa accedere dal luogo del culto professato e vi si custodiscano arredi sacri;
- le dipendenze, in genere, che non siano destinate all’esercizio dei culti e che formino parte integrante degli immobili stessi;
- qualunque altra unità immobiliare, o porzione, anche con destinazione diversa da quella sopra specificata, non destinata all’esercizio pubblico del culto.
Riguardo ai quesiti posti, si osserva che ogni variazione della categoria assegnata alle unità immobiliari iscritte in catasto non può che avvenire nel rispetto dei principi dettati dal decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701, secondo cui il dichiarante propone una rendita (diversa da zero), che successivamente l’Ufficio verifica e può modificare nei termini indicati all’articolo 1, comma 3.
Inoltre, si evidenzia che l’articolo 3, comma 2, del decreto ministeriale 2 gennaio 1998, n. 28, ha indicato quali unità si possono iscrivere in catasto senza attribuzione di rendita catastale e fra queste non sono ricompresi gli edifici di culto.
Con lettera circolare n. 20779 del 24 aprile 2001, l’Agenzia del Territorio, Direzione Centrale Cartografia, Catasto e Pubblicità Immobiliare, ha precisato che gli immobili in argomento: “possono essere accertati catastalmente … ed essere inquadrati nella categoria E/7 – qualora ve ne siano i presupposti e limitatamente a quelle parti dei locali in cui viene esercitato il culto stesso ... con contestuale attribuzione di rendita.”
Pertanto, sotto il profilo strettamente catastale, si ritiene che ad ogni unità immobiliare urbana, se dichiarata, deve essere comunque associata una rendita ordinaria che, in considerazione della richiamata esenzione stabilita dal citato art. 36 e dalle norme connesse alle attività impositive dei Comuni, non è opportuno sia sottoposta a rettifica, sempreché la relativa quantificazione sia stata individuata secondo criteri di ragionevolezza, sulla base delle regole dell’estimo catastale.
In conclusione, appare utile ribadire che per gli immobili in questione rimane in capo ai soggetti interessati, per eventuali esigenze di natura civilistica, la facoltà di dichiarazione in categoria E/7, associando all’immobile una propria redditività.
Quanto sopra esposto in merito alla necessità di attribuzione di una rendita ordinaria deve considerarsi valido, per analogia, anche per i “Fabbricati e costruzioni nei cimiteri, esclusi i colombari, i sepolcri e le tombe di famiglia”, censiti nella categoria catastale E/8.
(fonte ADE)
GeoliveStaff
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