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Autore RACCOLTA IN TEMA DI CONFORMITA' CATASTALE ED URBANISTICA

geoalfa

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02 Dicembre 2005

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 0 -  0 - Inviato: 12 Agosto 2022 alle ore 11:01

Conformità urbanistica e catastale di un immobile

Ogni immobile viene legittimato e reso conforme alla normativa edilizia con un progetto depositato al Comune.

Conoscere la conformità edilizia e urbanistica è utile in caso di trasferimento, surroga o accensione di un mutuo.


Le responsabilità della conformità in caso di rogito non sono del notaio ma del venditore, per tutelarsi è possibile affidare la redazione di una dichiarazione ad un tecnico abilitato.


Regolarità urbanistica


Ogni immobile, per essere realizzato, deve essere autorizzato da un procedimento dell'amministrazione comunale chiamato titolo abilitativo.
La normativa di riferimento è il TUE (Testo Unico dell’Edilizia DPR 380/01).

La corrispondenza tra il progetto depositato al Comune da un tecnico abilitato e lo stato di fatto dimostra la regolarità urbanistica (detta anche regolarità edilizia).

Il titolo abilitativo con cui può essere autorizzato un edificio sono variati negli anni:


A) Licenza Edilizia: dal 1942 con la Legge 1150
B) Concessione Edilizia Onerosa: dal 1977 con la Legge 10

C) Permesso di Costruire: dal 2003 con il TUE DPR 380/01
I condoni edilizi concorrono a rendere un immobile regolare dal punto di vista urbanistico-edilizio quando viene rilasciata dal Comune la Concessione in Sanatoria.


I condoni sono stati tre: nel 1985, nel 1994, nel 2003

Per immobili precedenti al 1942 si considera come legittimità urbanistica la planimetria catastale d'impianto del 1939-1940


Come si verifica la conformità

Per verificare se un immobile (appartamento, villa, negozio o qualsiasi altro manufatto) è dotato della conformità urbanistica bisogna confrontare lo stato di fatto con il progetto depositato negli archivi comunali.

L'edificio potrebbe essere stato modificato o realizzato in maniera difforme al progetto presentato al Comune.

In questo caso non è possibile rilasciare la conformità urbanistica. Quando è necessaria?


A) Per una compravendita: è consigliabile verificare la regolarità prima dell'offerta di acquisto perché se l'immobile ha dei vizi può essere venduto e l'acquirente ne diventerà responsabile.
In caso di interventi edili come per una ristrutturazione.
B) Per richiedere un mutuo.

Principali cause di non regolarità
Esistono diversi tipi di difformità che non permettono il rilascio della conformità:

1) Edificio abusivo: quando non esiste alcun titolo abilitativo (l'immobile è stato realizzato senza nessun provvedimento amministrativo)

In questo caso un nuovo condono edilizio o un Permesso di Costruire in Sanatoria possono sanare la situazione.

L'immobile in alcuni casi si può comunque vendere ed il nuovo proprietario diventerà il responsabile dell'abuso.

2) Piccole modifiche interne: in questo caso è possibile sanare la situazione con una CIL per lavori già eseguiti (se i lavori sono stati neffettuati dopo il 26 maggio 2010) o con una DIA in Sanatoria.

Esempio: spostamento di alcune stanze, demolizione di tramezzi, unione del soggiorno e della cucina.
3) Modifiche esterne e aumento di volumetria: è possibile sanare con una DIA o Permesso di Costruire in sanatoria.
Esempio: chiusura del balcone con una veranda, apertura di una finestra o porta, cambio di destinazione d'uso, fusione o frazionamento di unità immobiliari.

Nella pratica le difformità sono innumerevoli ed ogni fattispecie merita una valutazione ed una risoluzione specifica.

Non tutte le difformità si possono sanare, quindi bisogna prestare la massima attenzione prima di un acquisto.

Differenza tra regolarità urbanistica e catastale

Spesso la regolarità catastale e quella edilizia vengono confuse.
A) Regolarità Catastale: è la corrispondenza tra lo stato di fatto ed i dati catastali.
Il catasto (Agenzia del Territorio) è un ufficio statale che ha una funzione prettamente fiscale.
Non è "probatorio" e non dimostra alcunché rispetto alla regolarità edilizia dell'immobile. Paradossalmente possono esistere immobile abusivi ma accatastati.


B) Regolarità Urbanistica: è la corrispondenza tra lo stato di fatto ed il titolo abilitativo con cui il Comune (ente competente in materia edilizia) ha autorizzato la realizzazione dell'immobile.
Questa è la regolarità "più importante" che va verificata in sede di rogito o prima di interventi di ristrutturazione”.
Ciò che permette di verificare la presenza o meno di un abuso edilizio non è mai il catasto ma solo il titolo abilitativo al Comune.


Rogito e conformità urbanistica
Il rogito per la compravendita di un immobile deve essere dotato della conformità catastale (obbligatorio dal Luglio 2010), metre per quanto riguarda la conformità urbanistica gli obblighi sono più complessi:
Nell'atto bisogna dichiarare con quale titolo abilitativo è stato realizzato l'immobile menzionando la licenza, concessione o il permesso di costruire.
Tuttavia se l'immobile è stato realizzato prima del 1 Settembre 1967, è possibile tralasciare la menzione del titolo.
Questa semplificazione è permessa proprio per quegli edifici storici i cui progetti potrebbero essere difficilmente rintracciabili negli archivi comunali.

In caso di modifiche importanti dell'immobile (ricadenti nella cosiddetta "ristrutturazione pesante" Art. 23 c.3 del DPR 380/01) va indicato nel rogito il titolo autorizzativo con cui sono stati permessi.
Ad esempio in caso di lavori che hanno comportato:
- la demolizione e ricostruzione,
- l' aumento di volume o sagoma,
- l' aumento delle unità.

In caso di interventi abusivi sanati in passato con un condono edilizio va menzionata nel rogito la concessione in sanatoria.

In caso di minime modifiche dell'immobile non andrà obbligatoriamente menzionato (anche se è auspicabile farlo)
nel rogito quale autorizzazione o comunicazione (DIA, CIL, etc) è stata utilizzata per fare i lavori.


Ma attenzione ! :
E’ possibile trasferire regolarmente un immobile che non ha la completa conformità urbanistica. Infatti se l'immobile (costruito regolarmente) ha subito durante la sua storia dei piccoli interventi di modifica non autorizzati (che comportano la :
- perdita della conformità urbanistica),
la commerciabilità del bene è garantita.


Immobile realizzato prima del 1 Settembre 1967

Se l'immobile è stato realizzato prima del 1/09/67 è possibile evitare la menzione del titolo abilitativo con un'apposita dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà.

La responsabilità di questa importante dichiarazione riportata nel rogito è del proprietario.
Questa semplificazione (introdotta con la Legge 47/85), permette la commerciabilità di un immobile realizzato prima del 1/09/67
ma non ne dimostra la conformità urbanistica.

La conformità urbanistica è data solo confrontando il titolo abilitativo con cui l'immobile è stato autorizzato con lo stato di fatto.
Non bisogna equivocare la legittimità urbanistica con la commerciabilità.

La prima legge urbanistica è del 1942, da quell'anno sino al 1967 sono state rilasciate moltissime licenze.
I notai possono vendere anche immobili abusivi realizzati prima del 1967 ma può comunque sussistere un rischio di abusivismo e di lite tra le parti.


Chi è responsabile del controllo su eventuali abusi?

E' importante che l'acquirente faccia verificare da un tecnico abilitato di propria fiducia la regolarità urbanistica perché a differenza di quello che si potrebbe pensare il notaio non ha responsabilità sul controllo dell'assenza di abusi.


Una recente sentenza della Cassazione (n. 11628 del 26 marzo 2012) ha infatti previsto che la conformità urbanistica è dichiarata dal venditore e il notaio non ha l'obbligo di verificare che questa dichiarazione sia vera.
Anche l'AdE-T non ha alcun obbligo né responsabilità sulla effettiva assenza di abusi per cui il modo migliore per tutelarsi è incaricare un tecnico abilitato che al contrario degli altri soggetti ha una responsabilità penale quando effettua una dichiarazione e difficilmente
dichiarerà il falso.


Conseguenze per abuso e irregolarità edilizie

La formula presente nei rogiti è "l'immobile viene acquistato nello stato di fatto e di diritto in cui si trova", per questo l'acquirente dopo il rogito erediterà anche eventuali abusi o irregolarità edilizie.

Ma chi acquista un immobile con dei vizi di conformità urbanistica che conseguenze può avere?


A) Abusi gravi

In caso di abusi edilizi, oltre ad una denuncia penale, sarà necessario provvedere alla demolizione ed al ripristino dei luoghi ed in alcuni casi l'ente potrà acquisire di diritto gratuitamente al patrimonio del Comune parte del bene.

I casi più frequenti di interventi non autorizzati che comportano un abuso sono un soppalco non autorizzato, l'apertura o lo spostamento di una finestra, la realizzazione di una veranda sul terrazzo, il frazionamento di più unità, la modifica di un balcone.
Non sempre è possibile sanare ed a volte è necessario riportare lo stato di fatto come nell'ultimo progetto autorizzato dal Comune.


B) Irregolarità meno gravi
Altri tipi di irregolarità, meno gravi, comportano solo delle sanzioni amministrative e possono essere risolte con una Dia in Sanatoria o una CILA. Solitamente sono dovute alla modifica della distribuzione interna:
- spostamento della cucina,
- demolizione e ricostruzione di tramezzi,
- fusione di stanze.
La regolarizzazione può essere semplice ma bisogna sempre verificare se gli interventi rispondono alle normative comunali (igienico sanitarie ed edilizie).
Esempio: se è stata demolita una parete per allargare il soggiorno bisogna verificare che la superficie del nuovo ambiente sia maggiore di 1/8 della superficie delle finestre.
Questo è un tipico caso in cui anche per un piccolo intervento non è possibile regolarizzare e per avere la completa rego larità urbanistica bisogna ricostruire la parete.
Sintesi e consigli
In conclusione se l'immobile non è mai stato autorizzato da un titolo abilitativo non può essere venduto (la responsabilità del controllo non è del notaio ma del venditore), in caso di abusi minori l'immobile può essere venduto ed il nuovo acquirente erediterà la responsabilità
dell'abuso (con possibili sanzioni penali e rischio di demolizione).
Esistono altresì piccole difformità che comportano sanzioni solo amministrative ma possono diminuire il valore della casa perché rendono difficoltoso l'accesso a mutui o future vendite e non sempre possono essere regolarizzate.
Le spese per la regolarizzazione, sanzioni e responsabilità penale sono nella maggior parte dei casi dell'acquirente e non del venditore.
Il consiglio è quello di acquistare sempre un immobile regolare o regolarizzato e di far controllare la regolarità urbanistica dal proprio tecnico di fiducia che con una dichiarazione è sottoposto ad una responsabilità di natura penale.
Condono e sanatoria
Regolarizzare una difformità non è sempre possibile.
In alcuni casi si può procedere con una Dia in Sanatoria o Permesso di costruire in Sanatoria (art. 36 del TUE dpr 380/01).
La sanatoria è differente dal condono perché:
A) Nel primo caso i lavori si potevano realizzare ma non è stato dichiarato niente al Comune;
B) Mentre si richiede un condono se i lavori non si potevano realizzare perché contrari alle normative edilizie.
Attualmente non è possibile richiedere un condono edilizio, che a differenza della Sanatoria (Art. 36) è un provvedimento eccezionale, gli ultimi sono stati nel 1985, 1994, 2003.


LA NORMATIVA SULLA CONFORMITA’ DEI DATI CATASTALI E GLI EFFETTI SUGLI ATTI NOTARILI

1. Normativa
L’art. 19, comma 14, D.L. 31 maggio 2010 n. 78, convertito con modificazioni in L. 30 luglio 2010 n. 122 aggiunge un nuovo comma 1-bis all’art. 29 L. 27 febbraio 1985 n. 52.
In base a questa integrazione normativa, con effetto dal giorno 1 luglio 2010, gli atti pubblici e le scritture private autenticate che hanno per oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti,ad esclusione dei diritti
reali di garanzia, devono contenere – a pena di nullità - oltre alla identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie.
La dichiarazione degli intestatari può essere sostituita da una attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale.
Prima della stipula dei predetti atti, il notaio individua gli intestatari catastali e verifica la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari.
L’Agenzia del Territorio ha emanato due successive Circolari per contribuire alla interpretazione e alla corretta applicazione della norma:
• n. 2/2010 del 9 luglio 2010 (prima della conversione in legge del D.L.);
• n. 3/2010 del 10 agosto 2010 (dopo la conversione in legge del D.L.).
La norma deve essere suddivisa in due parti:
1. nella prima parte si persegue la “conformità oggettiva” degli immobili (la Circolare 2/2010 parla di “coerenza oggettiva”), cioè la conformità degli immobili esistenti alle risultanze del catasto;
2. nella seconda parte si persegue invece la“conformità soggettiva” (o “coerenza soggettiva”, nel linguaggio dell’A.T.), cioè la corrispondenza tra le risultanze del catasto e quelle dei Registri Immobiliari.
Si sottolinea subito una importante distinzione: la conformità oggettiva è documentata attraverso una dichiarazione resa in atto dalla parte
che dispone dell’immobile (o in alternativa da un tecnico abilitato); la conformità soggettiva è invece oggetto di un accertamento demandato
dalla norma al notaio.
Per comprendere la ratio della norma, la si deve leggere in collegamento con gli altri commi dell’art. 19, dedicato alla istituzione della “Anagrafe Immobiliare Integrata”: si prevede il rilascio da parte dell’Agenzia del Territorio di una “attestazione integrata ipotecario-catastale”, che riporterà i dati e le informazioni desumibili dai due registri (Catasto / Registri Immobiliari), allo scopo di individuare i soggetti titolari di diritti reali sull’immobile.
I primi destinatari saranno l’Erario e i Comuni, che avranno in questo modo uno strumento per individuare correttamente gli immobili da sottoporre ad imposte e i soggetti tenuti a pagarle.
Per raggiungere questo obiettivo, è necessario che le banche dati da integrare siano aggiornate sotto il profilo sia oggettivo che soggettivo.
Per questa ragione, si prevede che entro il 31 dicembre 2010 i titolari di diritti reali su immobili che non risultano dichiarati in Catasto devono presentare la relativa dichiarazione di aggiornamento catastale;lo stesso obbligo grava sui titolari di immobili che abbiano subito interventi tali da variarne la consistenza o la destinazione (senza che abbia avuto luogo la conseguente variazione catastale). Ambito di applicazione della norma
In primo luogo, deve trattarsi di atti tra vivi, che determinino il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali di
godimento (sono esclusi i diritti reali di garanzia, quali le ipoteche).
Deve trattarsi di atti stipulati nella forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata.
Deve trattarsi di atti che abbiano ad oggetto fabbricati già esistenti (si chiarirà in seguito come debba intendersi questa espressione).
Rientrano quindi certamente nell’ambito di applicazione della normativa:
• la compravendita;
• la permuta (almeno uno dei due beni deve essere un fabbricato già esistente);
• la donazione;
• l’assegnazione a soci di società (anche cooperativa);
• la datio in solutum (trasferimento in luogo dell’adempimento di un debito);
• la transazione (se comporta il trasferimento o la costituzione o la divisione di diritti reali);
• il conferimento in natura a beneficio di società;
• la costituzione di rendita vitalizia (e di figure atipiche prossime);
• la cessione o il conferimento in natura di azienda comprendente i beni in oggetto;
• il “patto di famiglia”;
• la comunione convenzionale;
• l’atto costitutivo di Trust;
• la divisione e la divisione "a stralcio";
• la costituzione di diritti di servitù (se il fondo servente è un fabbricato esistente);
Non vi rientrano, invece:
• i testamenti e la pubblicazione di testamenti;
• l’accettazione e la rinuncia di eredità;
• la costituzione di fondo patrimoniale non traslativa;
• il comodato;
• la locazione;
• il leasing (N.B. non il trasferimento alla società di leasing, né il riscatto dalla società di leasing: questi sono atti inclusi nell’ambito di applicazione della norma);
• l’affitto di azienda comprendente i beni in oggetto;
• l’atto di identificazione catastale;
• gli atti di cessione di partecipazioni in società proprietarie dei beni in oggetto;
• il decreto di trasferimento a seguito di procedure esecutive;
• la costituzione di ipoteca (mutuo; apertura di credito);la surroga ipotecaria;la cancellazione totale o parziale di ipoteca;
• la costituzione di “vincoli di destinazione” (art. 2645 bis c.c.);
• la convenzione urbanistica e gli atti di obbligo edilizio;
• il c.d. “Trust auto dichiarato”;
• la vendita di cosa futura;
• la c.d. “precostituzione di condominio”.
Sorgono dubbi con riferimento agli atti di trasformazione e di fusione o scissione societaria:
• la trasformazione ha certamente effetti non traslativi (il soggetto rimane lo stesso, cambia solo la sua tipologia), quindi si può ritenere esclusa dall’ambito di applicazione della norma (ciò non toglie, lo si ricorda, l’obbligo di procedere alla voltura catastale e l’opportunità di provvedere alla trascrizione).
Analoghe considerazioni possono essere fatte per gli atti o le delibere di cambiamento della
ragione sociale o della denominazione sociale;
• la fusione e la scissionesono oggi considerate prevalentemente come atti che determinano una modifica dell’organizzazione societaria (opinione recentemente condivisa anche dalla Cassazione), e non come atti che determinano un trasferimento da un soggetto ad un altro. Tuttavia, in questo caso qualche dubbio in più appare legittimo:
- la pubblicità nei Registri Immobiliari è infatti – in questi casi – necessaria, dal momento che l’intestazione del diritto sull’immobile cambia (anche laddove non si consideri la fattispecie come traslativa ma solo come modificativa).Si richiama il dibattito sulla “tipicità” degli atti soggetti a trascrizione:più convincente appare la tesi che considera tipici gli effetti che richiedono trascrizione.
Alla luce di queste considerazioni (effetto consistente nello spostamento della titolarità
del diritto, sia pure a seguito di vicenda modificativa e non traslativa), si ritiene opportuno applicare la normativa agli atti di fusione e di scissione.
Altri casi particolari:
contratto preliminare: di per sé non determia alcuno Neffetti contemplati nella norma, tuttavia una irregolarità catastale può determinare l’impossibilità di dare esecuzione al contratto preliminare.
Per questa ragione, il preliminare può essere stipulato anche qualora manchi la conformità oggettiva o quella soggettiva, ma la soluzione
di questo problema deve essere disciplinata, in modo che esso sia superato prima della sottoscrizione del contratto definitivo;
vendita di bene altrui: non determina trasferimento, ma l’obbligo di procurare il trasferimento (il venditore deve acquistare il diritto che ha venduto, oppure deve farlo acquistare al compratore direttamente da parte dell’attuale titolare).
E’ comunque consigliabile che ci si assicuri della sussistenza della conformità oggettiva.
Per quanto riguarda la tipologia dei diritti, la norma in commento si applica a tutti di diritti reali di godimento:
(proprietà, “nuda” proprietà, usufrutto, uso, abitazione e servitù), non ai diritti reali di garanzia (ipoteca).
Poiché la norma fa riferimento al trasferimento, alla costituzione e alla divisione, si ritiene che non si applichi agli atti di rinuncia abdicativa.
Sotto il profilo quantitativo, la norma si applica indifferentemente tanto che si tratti dell’intero diritto, quanto che si tratti di una quota di diritto. I beni interessati dalla norma
La norma si riferisce testualmente ai “fabbricati già esistenti”.
Per sapere se un fabbricato può essere considerato esistente, ci sono due definizioni offerte dalla normativa vigente:
• l’art. 31 L. 47/1985 (legge sul primo “condono edilizio”) definisce in questo modo il fabbricato in cui è stato eseguito il rustico e ultimata la copertura;
• l’art. 2645bis Cod. Civ. (in tema di trascrizione dei preliminari) fa invece riferimento all’immobile in cui sia stato eseguito il rustico, comprensivo delle mura perimetrali delle singole unità e con copertura completata.
E’ quindi sufficiente che esista la struttura essenziale del fabbricato, non rilevano impianti, finiture e accessori.
Ciò origina un importante problema interpretativo e applicativo riferito alla norma che si sta analizzando: la legge infatti non prevede l’obbligo di denuncia dei fabbricati al catasto dal momento della loro venuta ad esistenza.
L’art. 28 R.D. 562/1939 prevede infatti l’obbligo di dichiarazione al catasto entro trenta giorni dal momento in cui il fabbricato diventa abitabile o servibile per l’uso al quale è destinato.
Questa norma deve però considerarsi parzialmente abrogata, per quanto attiene al termine di trenta giorni in essa contemplato:
infatti gli artt. 24 e 25 D.P.R. 380/2001 (T.U. Edilizia) prevedono che entro quindici giorni dall’ultimazione delle finiture, il titolare del permesso di costruire o il soggetto che ha presentato la D.I.A. deve presentare al S.U.A.P. la domanda del certificato di agibilità
accompagnata dalla richiesta di accatastamento. Il S.U.A.P. trasmette tale certificato al catasto.
Ciò significa evidentemente che la domanda di accatastamento deve sussistere prima che venga richiesta l’agibilità.
Comunque, anche sulla base delle norme del T.U. Edilizia, la richiesta di accatastamento presuppone che l’edificio abbia anche le finiture ultimate e sia quindi abitabile o idoneo all’uso.
D’altro canto, per gli immobili non ancora ultimati e non ancora diventati agibili la richiesta di accatastamento, pur non essendo obbligatoria, non è neanche vietata o esclusa: l’art. 3 R.D. 562/1939 prevede infatti che, ai soli fini della identificazione catastale,
possono essere iscritti in catasto, senza rendita catastale ma con descrizione dei caratteri specifici e della destinazione d’uso, i fabbricati o loro porzioni in corso di costruzione o di definizione (come pure le costruzioni degradate, i lastrici solari, le aree urbane).
Riassumendo, si deve distinguere tra:
1. fabbricati esistenti ma non idonei ad essere dichiarati agibili, i quali possono (ma non devono) essere iscritti nel
Catasto Fabbricati al fine della loro identificazione, senza attribuzione di rendita catastale.
La loro iscrizione si opera mediante la presentazione dell’elaborato planimetrico e l’attribuzione di categorie “fittizie” quali :
- F/2 (unità collabenti)
- F/3 (unità in corso di costruzione),
- F/4 (unità cin corso di definizione, es. la stanza che viene staccata da un appartamento per essere poi trasferita al proprietario confinante che la fonderà con la sua unità);
- F/5 (lastrici solari).
Per questi immobili non sarà dovuta, né possibile, la presentazione della planimetria catastale(Circ. 9/T 2001 dell’Agenzia del Territorio);
2. fabbricati esistenti e ultimati, cioè muniti di impianti e finiture, e quindi idonei ad essere dichiarati agibili:
questi immobili devono essere iscritti nel Catasto Fabbricati entro i 15 g. successivi all’ultimazione delle finiture e la domanda di iscrizione al catasto deve essere allegata alla richiesta del certificato di agibilità.
Alla loro iscrizione nel Catasto Fabbricati si procede mediante presentazione della planimetria catastale e dell’elaborato planimetrico, nonché mediante attribuzione della categoria catastale in base alla destinazione d’uso.
Individuate le due sotto-categorie dei “fabbricati esistenti”, se torniamo alla lettura della norma osserviamo che essa prosegue disciplinando le menzioni da inserire negli atti aventi ad oggetto “unità immobiliari urbane”.
Per capire di cosa si tratta, e quando un “fabbricato esistente” sia anche una “unità immobiliare urbana”, è utile l’art. 5 R.D. 652/1939,
il quale definisce in tal modo ogni parte di immobile che, nello stato in cui si trova, è di per se stessa utile ed atta a produrre un reddito proprio.
L’art. 2 D.M. 28/1998 dice poi che l’unità immobiliare è costituita da una porzione di fabbricato o da un fabbricato o da un insieme di fabbricati o da un’area che, nello stato in cui si trova e secondo l’uso locale, presenta potenzialità di autonomia funzionale e reddituale.
Quindi perche un “fabbricato esistente” sia anche “unità immobiliare urbana” occorre la sua idoneità a produrre un proprio reddito:
questa caratteristica è propria solo dei fabbricati esistenti e ultimati, nella accezione sopra precisata (cioè idonei ad essere agibili o servibili per l’uso cui sono destinati, da presentare al catasto con planimetria e rendita catastale).
Quindi, la categoria delle “unità immobiliari urbane” è più ristretta di quella dei “fabbricati esistenti”.
In conclusione, si deve affermare che la norma in commento si applica solo ai fabbricati esistenti che costituiscano anche unità immobiliari urbane, cioè dichiarati agibili o idonei ad essere dichiarati agibili. In questo senso si pronuncia anche la Circolare A.T. 2/2010.
Il che equivale a dire che la norma si applica ai fabbricati già iscritti nel Catasto Fabbricati e a quelli per cui sussiste l’obbligo di tale iscrizione.
Sono invece esclusi dall’applicazione della norma:
A i terreni inedificati;
B i fabbricati “esistenti” ma non idonei ad essere dichiarati agibili (i quali possono essere iscritti in Catasto senza rendita, utilizzando
una delle categorie fittizie, e senza planimetria catastale);
C le unità immobiliari iscritte nel Catasto Fabbricati ma che per le loro caratteristiche non possono ricondursi alla categoria dei fabbricati
(es. aree di corte scoperte in categoria F/1);
Dgli immobili “marginali”:
1. manufatti con superficie coperta inferiore a mq. 8;
2. serre;
3. vasche per acquacoltura o accumulo per irrigazione;
4. manufatti isolati privi di copertura;
5. tettoie, pollai, pozzi e simili, di altezza utile inferiore a m. 1,80 e di volumetria inferiore a mc. 150;
6. manufatti precari non stabilmente infissi al suolo.
Questi ultimi tipi di immobili possono rientrare nell’ambito di applicazione della norma qualora siano dotati di autonoma suscettibilità reddituale;
quelli di cui alle lettere a) e e) e quelle di cui alla lettera c) se rivestite con parametro murario, vi rientrano se sono accessori di una o più unità immobiliare ordinaria,
nel qual caso devono essere iscritti in catasto insieme all’unità principale;
• i fabbricati costituenti fortificazioni e loro dipendenze; i fabbricati destinati al culto; i cimiteri e loro dipendenze;
i fabbricati di proprietà della Santa Sede;
• i beni comuni non censibili: sono tutte le parti condominiali denunciate al Catasto mediante l’elaborato planimetrico, per le quali
non si può presentare la planimetria catastale né indicare i dati di classa mento (cortili, vani scale, centrali termiche, ecc.);
Più dubbia è l’applicazione della norma ai beni comuni censibili (es. alloggio del portiere).
Si ritiene che l’attestazione di conformità non sia necessaria se il trasferimento della quota avviene unitamente al trasferimento dell’unità
immobiliare trasferita.
Al contrario, la norma si applica se il bene comune censibile è oggetto di autonomo trasferimento da parte di tutti i condomini
(il bene infatti perde la sua funzione di bene condominiale).
Anche l’A.T. (Circolare 3/2010) sposa questo orientamento, aggiungendo che la norma si applica non solo quando il bene comune censibile cessa di esserlo perché trasferito da parte di tutti i condomini, ma anche quando resta in proprietà di uno o più condomini per loro
uso esclusivo (es. acquisto di quote da parte di un condomino; costituzione di usufrutto da parte di tutti a favore di uno solo).
Si noti che in questi casi la norma troverà applicazione anche quando il solo condomino che ha conseguito il diritto lo trasferisce con successivo atto.
Si devono ritenere esclusi dall’applicazione della norma anche i beni comuni censibili che anziché essere intestati catastalmente come tali sono intestati catastalmente pro quota a tutti i condomini (fin tanto che conservano la natura di beni condominiali).
Altro caso particolare è quello dei posti auto scoperti di categoria C/6, la cui realizzazione provoca una definitiva trasformazione del terreno su cui insistono e che quindi possono essere ricompresi nell’ambito del concetto di “costruzioni” (dato confermato anche dalla disciplina
urbanistica, che per il loro trasferimento impone la menzione dei titoli urbanistici, non l’allegazione del CDU).
Al contrario, sono esclusi dalla applicazione della norma iposti auto condominiali, ricavati su area comune spettante in comproprietà a tutti i condomini e posti a servizio del condominio (quindi rientranti tra i beni comuni condominiali ai sensi dell’art. 1117 C.C.).
Ciò vale sia per i posti auto iscritti in catasto come beni comuni non censibili, sia per quelli iscritti come beni comuni censibili di categoria C/6 (anche se, come si osservava in precedenza, fossero intestati pro quota a tutti i condomini).
Saranno iscritti come beni comuni non censibili quelli ricavati su area condominiale che non ha una inderogabile destinazione a parcheggio (es. il caso in cui i condomini abbiano deciso di parcheggiare su un cortile adiacente al fabbricato, senza diritti di uso esclusivo, che avrebbe anche potuto essere utilizzato diversamente): non sono da considerare come unità immobiliare autonoma, essendo privi di autonomia funzionale e di idoneità a produrre reddito.
E saranno iscritti in catasto come beni comuni non censibili anche i posti auto condominiali concessi “in uso esclusivo” a singoli condomini (il diritto di uso esclusivo di cui si parla non è infatti assimilabile ad un diritto reale di godimento, ma è frutto di una regolamentazione condominiale di portata obbligatoria, tutt’al più tale da originare una c.d. obligatio propter rem, cioè una “prerogativa” dell’unità abitativa – il diritto del suo proprietario di utilizzare in esclusiva un bene di proprietà condominiale – destinata a circolare con la proprietà della stessa unità abitativa, cioè una prerogativa “ambulatoria”).
Occorre prestare la massima attenzione nel distinguere questa ipotesi da quella in cui il singolo condomino abbia invece acquistato dagli altri condomini un vero diritto reale di godimento (caso nel quale dovrebbe sussistere un frazionamento catastale che permetta di identificare
il bene oggetto del diritto in modo distinto dai beni condominiali).
Se invece l’area ha un vincolo inderogabile di destinazione a parcheggio, essa dovrà essere iscritta in catasto come bene comune censibile, in categoria C/6.
L’inderogabilità deriva dal rispetto delle norme, succedutesi nel corso degli anni, che hanno stabilito la necessaria destinazione a parcheggio di un determinato numero di metri quadrati di superficie, in rapporto alla volumetria del fabbricato;
o dal rispetto delle norme che prevedono la destinazione a parcheggio pubblico di una parte dell’area condominiale.
In ogni caso, se i posti auto sono “condominiali” nel senso sopra precisato, essi saranno comunque esclusi dall’applicazione della norma.
Un altro caso particolare è quello delle aree scoperte pertinenziali rispetto ad un fabbricato urbano, autonomamente iscritti nel C. Terreni.
Ci si chiede se debbano essere iscritte nel Catasto Fabbricati per poi poter attestare la c.d. conformità oggettiva.
Anche qui si devono distinguere due casi.
Ci sono aree pertinenziali prive di autonomia funzionale rispetto al fabbricato e aree pertinenziali che invece possono avere funzione propria, indipendente da quella del fabbricato.
L’art. 6 R.D. 652/1939 prevede che la richiesta di accatastamento del fabbricato deve estendersi alle aree e ai suoli che formano parte integrante del fabbricato. L’art. 56 lett. f) D.P.R. 1142/1949 prescrive di indicare nella denuncia di accatastamento del fabbricato le aree scoperte e le altre dipendenze annesse all’uso dell’unità immobiliare.
Quindi l’obbligo di accatastamento con il fabbricato di cui costituiscono pertinenza (con inserimento, quindi, nella sua planimetria catastale) riguarda solo le aree prive di una propria autonomia funzionale.
Quelle che invece la possiedono possono essere censite per conto proprio, anche nel Catasto Terreni, fatta salva la possibilità (non l’obbligo) di accatastarle unitamente al fabbricato.
Sollevano questioni specifiche i fabbricati rurali, i qualidevono essere tutti denunciati nel Catasto Fabbricati, restando però diversa (ai fini dell’esenzione dalle imposte dirette) la disciplina a seconda che il fabbricato possieda o meno i “requisiti di ruralità”.
Perché un fabbricato abitativo possa essere considerato rurale occorrein primo luogo che esso sia utilizzato quale abitazione:
1. del soggetto titolare della proprietà o di altro diritto reale sul terreno er esigenze connesse all’attività agricola (il quale sia imprenditore agricolo professionale e sia iscritto nel Registro delle Imprese);
2. oppure: dell’affittuario del terreno stesso o dal soggetto che con altro titolo idoneo conduca il terreno (il quale sia imprenditore agricolo professionale e sia iscritto nel Registro delle Imprese);
3. oppure: dei familiari dei soggetti di cui sopra e/o da coadiuvanti iscritti come tali a fini previdenziali;
4. oppure: di uno dei soci o degli amministratori delle società agricole, aventi qualifica di imprenditore agricolo professionale (purchè anche il soggetto persona fisica di cui si tratta sia imprenditore agricolo professionale e sia iscritto nel Registro delle Imprese).
Il secondo requisito consiste nel fatto che il terreno cui il fabbricato è asservito deve avere una superficie non inferiore a mq. 10.000 ed essere censito nel Catasto Terreni con reddito agrario.
Bastano 3.000 mq. nel caso in cui il terreno sia adibito ad alcune specifiche colture.
Il terzo requisito attiene al volume d’affari delle attività agricole del soggetto, che deve essere superiore a metà del suo reddito complessivo (un quarto per i terreni situati in comuni montani).
Infine, non deve trattarsi di un fabbricato di categoria A/1 o A/8.
Il carattere della ruralità viene poi riconosciuto in tutti i casi alle costruzioni strumentali necessarie allo svolgimento della attività agricola.

Può essere considerato rurale anche il fabbricato che non insiste sul terreno cui è asservito, purchè sia nello stesso Comune o in un Comune confinante.
In caso di contestazione del diritto reale sul fabbricato, i requisiti devono sussistere almeno in capo ad uno di essi.
In caso di pluralità di immobili abitativi sullo stesso terreno, i requisiti di ruralità devono essere accertati singolarmente in capo a ciascun fabbricato.
Ai nostri fini, la Circolare A.T.2/2010 ha chiarito che devono essere esclusi dall’applicazione della norma i fabbricati rurali censiti al C.Terreni che non abbiano subito variazioni né perso i requisiti soggettivi e oggettivi di ruralità ai fini fiscali.
Se invece il fabbricato è censito nel Catasto Fabbricati, la disciplina sarà applicata a prescindere dalla conservazione o meno dei requisiti
di ruralità.
Questa posizione dell’A.T. appare discutibile, avendo la stessa Agenzia, nella stessa Circolare, affermato che tutti i fabbricati rurali (con o senza requisiti di ruralità), se e in quanto siano agibili o idonei ad essere dichiarati tali, devono essere iscritti nel C.Fabbricati.
Per adesso questa contraddizione non è stata superata da alcuna posizione rettificativa. Le menzioni in atto Gli atti interessati che hanno per oggetto i beni ai quali si applica la normativa devono contenere sotto pena di nullità:
• l’identificazione catastale (il che significa chel’atto è nullo qualora l’immobile, dovendo essere obbligatoriamente iscritto nel
Catasto Fabbricati, non lo sia);
• gli estremi di registrazione della planimetria catastale (o la sua allegazione, non imposta dalla norma ma certamente molto
opportuna). La Circolare 2/2010 affronta il problema delle planimetrie:
- non presenti in catasto,
- o non “accettabili”
- o non reperibili
- o non leggibile:
a) se la planimetria non è presente, perché non sussisteva l’obbligo di presentarla, è necessario presentarla ex novo;
b) se la planimetria è “non accettabile” (in base alle istruzioni per la formazione del Catasto Fabbricati), sarà necessario presentarne una nuova, allegata ad una pratica di variazione;
c) se la planimetria non è reperibile o non è leggibile per cause non imputabili alla parte:
se la parte ha una copia certificata o la “seconda copia per ricevuta”, può depositarla all’A.T. che la acquisisce in banca dati con una apposita annotazione;
Se invece la parte non possiede la copia di cui sopra, ma documenti da cui risulta che la planimetria era stata depositata, sarà cura dell’Ufficio compilarla, anche mediante sopralluogo.
La parte può comunque ripresentare la planimetria mancante senza pagare tributi.
Con la Circolare 3/2010 l’A.T. ha chiarito che non può considerarsi coerente la planimetria su cui il funzionario dell’Ufficio abbia riportato attestazioni di non conformità anche mediante annotazioni o evidenze grafiche che segnalino anomalie.
Anche in questi casi sarà necessaria una nuova planimetria aggiornata.
Se le planimetrie non sono state ancora presentate o non siano più reperibili, l’atto non può essere stipulato, perché l’interessato non può rendere la dichiarazione di conformità;
• la dichiarazione di parte dei conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie depositate in catasto, sulla base
delle disposizioni vigenti in materia catastale. In sostituzione, la attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato.
La dichiarazione, che non richiede la forma della dichiarazione sostitutiva di atto notorio,deve essere resa dal soggetto che dispone del diritto (“intestatario”), anche se diverso dall’intestatario catastale (qui si tratta infatti della c.d. conformità oggettiva, non della
conformità soggettiva, che sarà attestata dal notaio).
Il disponente che dichiara la conformità oggettiva potrebbe essere diverso tanto dall’intestatario catastale quanto dall’effettivo titolare del diritto: si pensi ai casi di:- acquisto “a non domino” che determina usucapione abbreviata;- acquisto dall’erede apparente;- alla vendita di un bene in regime di comunione legale da parte di uno solo dei coniugi
(annullabile, non nullo); - alla vendita di bene altrui. Se in alternativa alla dichiarazione di parte si fa ricorso alla attestazione del tecnico abilitato, non occorre una attestazione giurata, né sono prescritte particolari formalità redazionali.
L’attestazione dovrà essere allegata all’atto.

Se la planimetria non riproduce fedelmente la configurazione reale attuale dell’immobile, occorre una denuncia di variazione con allegata la nuova planimetria (pagando tributi ed eventuali sanzioni).
In sede di conversione del D.L. si è precisato che la dichiarazione di conformità deve essere resa sulla base “delle disposizioni vigenti in materia catastale”.
Era questa l’impostazione che l’A.T. aveva assunto nella Circolare 2/2010:vuol dire che si deve guardare alla disposizioni in materia di catasto per sapere quando vi siano difformità che obbligano a presentare una nuova planimetria e quando, al contrario, si sia in presenza di mutazioni irrilevanti, che non determinano tale obbligo.
Sono rilevanti, cioè obbligano alla presentazione di una nuova planimetria, le modifiche che riguardano la consistenza o l’attribuzione della categoria e della classe, cioè i dati da cui dipende la rendita catastale.
Quindi, la nuova planimetria deve essere presentata nei seguenti casi:
• modifiche di consistenza o di destinazione causate da ristrutturazione, ampliamento, frazionamento, annessione o cessione
di dipendenze, cambio di destinazione d’uso (es. il retrobottega che diventa parte della superficie destinata alla vendita);
• rilevante redistribuzione degli spazi interni;
• modifica dell’utilizzo di superfici esterne (balconi, terrazzi);
E’ irrilevante la variazione dei toponimi, dei nomi dei confinanti eventualmente riportati sulla planimetria, la lieve modifica interna
(es. spostamento di una porta o di un tramezzo, anche se varia la superficie dei vani, purchè non ne cambi il numero e la funzione);
la modifica che non altera la consistenza dei fabbricati la cui consistenza è calcolata in metri quadrati o metri cubi.
In molti casi, per sapere se la difformità sia rilevante o meno, è necessario rivolgersi ad un tecnico abilitato.
La Circolare 2/2010 ha chiarito che comunque le Agenzie del Territorio accetteranno anche le variazioni inerenti a difformità irrilevanti ai fini della determinazione della rendita.
Quanto ai dati catastali di cui attestare la conformità, essi sono:
• la classe;
• la categoria;
• la consistenza;
• la rendita catastale (che dipende dai tre precedenti dati);
• la zona censuaria (se indicata);
• i dati identificativi (Sezione, Foglio, Mappale, Subalterno).
Non rilevano invece l’indirizzo e il piano (la cui indicazione errata può essere comunicata all’A.T. per farli correggere).
L’atto non può essere stipulato se la conformità della planimetria e dei dati manca, o se non viene dichiarata dal disponente o attestata dal tecnico. Il notaio non può ricevere l’atto in presenza di una dichiarazione negativa.

Cosa avviene se un immobile già censito al Catasto Fabbricati viene trasferito mentre è in atto la sua ristrutturazione?
Si è in presenza di una “unità immobiliare urbana” non più conforme alla planimetria e ai dati catastali.
1) O si ritiene che si possa ancora fare riferimento a planimetria e dati precedenti alla ristrutturazione (poiché l’obbligo di presentare la variazione sussiste solo dopo l’ultimazione delle opere), e quindi si ritiene ammissibile in questo caso la stipula in presenza di una
dichiarazione di “non conformità”, oppure, se si opta per la non derogabilità della norma, si deve prima della stipula presentare una variazione che porti l’immobile in categoria fittizia F/3 o F/4, con il conseguente declassamento dell’immobile da unità immobiliare urbana
a fabbricato esistente non censibile.
Così facendo, l’atto potrà essere ricevuto in assenza di qualsiasi dichiarazione di conformità oggettiva.
2) La seconda soluzione è la più rigorosa, ma la più costosa.
Si attendono prese di posizione dell’Agenzia del Territorio.
Cosa succede nel caso in cui la dichiarazione di parte che attesta la conformità oggettiva non sia veritiera?
Si ritiene che la dichiarazione falsa non determini nullità dell’atto. Può determinare responsabilità civile e può integrare il reato di falso in atto pubblico.

Il notaio e la conformità soggettiva
Il notaio prima della stipula deve individuare gli intestatari catastali e verificare la conformità con le risultanze dei registri immobiliari.
Ciò rende in primo luogo inammissibile la dispensa del notaio dall’esecuzione delle ispezioni ipotecarie e catastali.
Gli accertamenti fatti dal notaio non devono obbligatoriamente essere menzionati in atto, ma la loro menzione si ritiene opportuna.
Il notaio può validamente ricevere l’atto anche laddove l’intestatario catastale e quello risultante dai registri immobiliari non coincidano.
La difformità può derivare:
1. dal mancato “allineamento” dei registri catastali (es. voltura di atto precedente non eseguita);
2. dal mancato “allineamento” dei registri immobiliari (es. mancanza di un atto trascritto che determini accettazione tacita di eredità);
3. mancato “allineamento” di entrambi i registri.
In base alla norma in commento, si deve prima della stipula procedere al “pre-allineamento”, per consentire la c.d. conformità soggettiva.
La Circolare 2/2010 prevede il pre-allineamento quale obbligo (anche mediante menzione in atto e nella nota di trascrizione dei titoli che hanno dato luogo ai trasferimenti intermedi).
Se il mancato allineamento dipende dalla mandata registrazione da parte dell’Ufficio di una domanda di voltura presentata, è sufficiente presentare istanza presso il Contact Center o una domanda di voltura di preallineamento (senza pagare tributi e sanzioni).
Se non è possibile provvedere al pre-allineamento prima dell’atto, il notaio può comunque stipulare se per effetto dell’atto stesso o di altro atto ricevuto contestualmente dal notaio sia possibile ottenere la conformità soggettiva.
Ciò che deve tassativamente precedere l’atto è l’attività di verifica da parte del notaio.
Se egli può garantire che la conformità soggettiva sia assicurata – anche dopo la stipula (o grazie ad essa), l’atto potrà essere ricevuto.
Pertanto sono ammessi gli atti “a cascata”, come pure gli atti che hanno come provenienza un trasferimento mortis causa non ancora trascritto: sarà importante che nell’atto siano indicate le circostanze che consentiranno di assicurare la conformità soggettiva.
Allo stesso modo sono consentiti gli atti in cui il disponente non sia né intestatario catastale né intestatario in base ai RR.II.:
es:- la vendita di un bene acquistato per usucapione (ma su questo punto è preferibile attendere che sia emessa e trascritta la sentenza);
- la vendita di beni altrui.
Si ritiene che la conformità soggettiva possa essere attestata anche grazie alla consultazione di altri pubblici registri: si pensi alla società che cambia denominazione sociale con delibera non trascritta (non è obbligatorio trascriverla, solo volturarla).
Il notaio potrà attestare la sussistenza della conformità soggettiva grazie alla consultazione del Registro delle Imprese, che gli permetterà di stabilire l’identità tra la società disponente (con il nuovo nome) e quella che risulta dal Catasto e dai RR.II..
Il mancato rispetto dei doveri di accertamento da parte del notaio non determina la nullità dell’atto, ma la sua responsabilità disciplinare e professionale.


Lettera e) della Circolare n°2/2010 del 09/07/2010 prot. n. 36607 (Attuazione decreto legge n°78/2010)

Si ritiene opportuno precisare, per una migliore identificazione delle fattispecie riconducibili nell'ambito delle novellate disposizioni, che non hanno rilevanza catastale le lievi modifiche interne, quali lo spostamento di una porta o di un tramezzo che, pur variando la superficie utile
dei vani interessati, non variano il numero di vani e la loro funzionalità.
Comportano, invece, l'obbligo di presentazione della dichiarazione di variazione l'effettuazioné di interventi con cui si realizza una rilevante redistribuzione degli spazi interni, ovvero si modifica l'utilizzazione di superfici scoperte, quali balconi o terrazze.

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Tutto giusto Gianni

Integriamo anche con questo:

www.notaiosartori.it/news/lo-stato-legit...



cordiali saluti

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