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28 Ottobre 2005 - Quando si dice Autotutela ...
CIRCOLARE N. 11/2005 PROT. n° 73809 ENTE EMITTENTE: Direzione dell’Agenzia OGGETTO: Esercizio dell’autotutela nel settore catastale - Tipologia – Efficacia temporale delle rettifiche catastali DESTINATARI: Direzioni Centrali, Consiglieri, Direzioni Regionali, Uffici Provinciali Roma, 26 ottobre 2005 FIRMATO: Mario Picardi N. pagine complessive: 8 L’originale cartaceo firmato è archiviato presso l’Ente emittente. Premessa Pervengono alla Scrivente numerose richieste di chiarimenti in ordine alla efficacia temporale delle variazioni di classamento catastale operate dall’Agenzia del territorio d’ufficio o, come accade più di frequente, in seguito alla presentazione di apposite istanze di parte. Le richieste di chiarimenti, in estrema sintesi, si sostanziano nello stabilire se dette variazioni costituiscano o meno il risultato di una attività di riesame qualificabile come esercizio della potestà di autotutela, posto che soltanto in quest’ultima ipotesi potrebbe sostenersi in astratto una efficacia retroattiva delle variazioni medesime. Autotutela e Amministrazione finanziaria Com’è noto, l’attività amministrativa di autotutela può considerarsi come una attività secondaria o sussidiaria che ha lo scopo di verificare la legittimità e l’opportunità dei provvedimenti amministrativi nell’ambito dei poteri di autarchia e di autonomia della P.A., determinando, ove ne ricorrano i presupposti, l’eliminazione degli stessi attraverso l’annullamento, la revoca o l’abrogazione. In base ai principi generali di diritto amministrativo, l’autotutela può avvenire sia esercitando il potere di annullamento laddove l’amministrazione riscontri la presenza di vizi di legittimità del provvedimento adottato, ovvero l’illegittimità di quest’ultimo derivante da illegittimità del procedimento o di suoi precedenti atti; sia esercitando il potere di revoca, laddove ritenga che mutamenti dei presupposti di fatto o di diritto impongano una diversa considerazione della cura dell’interesse pubblico. Con riferimento alla particolare materia trattata dall’Amministrazione finanziaria, l’istituto ha trovato una importante enunciazione all’interno dello Statuto del Contribuente. Infatti, l’art. 7, comma 2, lett. b) della L. 27 luglio 2000, n. 212, in tema di chiarezza e motivazione dei provvedimenti, dispone che gli atti dell’Amministrazione finanziaria e dei concessionari della riscossione devono tassativamente indicare l’organo e l’autorità amministrativa presso i quali è possibile promuovere un riesame anche nel merito dell’atto in sede di autotutela. Nell’ambito dell’azione esercitata dagli uffici finanziari, il potere di autotutela trova espressa previsione in specifiche disposizioni normative: - art. 68, comma 1, del D.P.R. 27 marzo 1992, n. 287 (disposizione soppressa dall’art. 23 del D.P.R. 26 marzo 2001, n. 107, lettera mm) punto 7)); - art. 2 quater del D.L. 30 settembre 1994, n. 564, convertito dalla L. 30 novembre 1994, n. 656, modificato dall’art. 27 della L. 18 febbraio 1999, n. 28; - D.M. 11 febbraio 1997, n. 37. L’art. 68, primo comma, del D.P.R. 27 marzo 1992, n. 287 (Regolamento degli uffici e del personale del Ministero delle finanze), disponeva che «salvo che sia intervenuto giudicato, gli uffici dell’Amministrazione finanziaria possono procedere all’annullamento, totale o parziale, dei propri atti riconosciuti illegittimi o infondati con provvedimento motivato comunicato al destinatario dell’atto». Successivamente il legislatore ha ritenuto di dover intervenire nuovamente in materia di autotutela, inserendo l’art. 2 quater nel tessuto del D.L. 30 settembre 1994, n. 564, ad opera della legge di conversione 30 novembre 1994, n. 656, disciplinando più compiutamente l’istituto. Rispetto alla precedente disciplina regolamentare, la disposizione ha previsto che l’autotutela può applicarsi non solo nell’ipotesi dell’annullamento, ma anche alla revoca dell’atto, e ciò anche quando vi sia pendenza del giudizio per impugnazione dell’atto o, addirittura, si sia prodotta la definitività del rapporto per non impugnabilità dell’atto. Con la legge n. 28/1999 sono stati aggiunti i commi da 1 bis a 1 quinquies all’art. 2 quater del D.L. n. 564/1994 che hanno completato il sistema, prevedendo la sospendibilità degli effetti dell’atto destinato ad essere annullato o revocato. La norma ha rinviato a successivi decreti del Ministero delle finanze l’indicazione degli «…organi dell’Amministrazione finanziaria competenti per l’esercizio del potere di annullamento d’ufficio o di revoca, anche in pendenza di giudizio o in caso di non impugnabilità, degli atti illegittimi o infondati» e «…i criteri di economicità sulla base dei quali si inizia o si abbandona l’attività dell’amministrazione». Il D.M. 11 febbraio 1997, n. 37, ha quindi provveduto alla concreta regolamentazione dell’istituto dell’autotutela in materia tributaria. In particolare, l’art. 1 dispone che il potere di annullamento e di revoca dell’atto o di rinuncia all’imposizione spetta all’ufficio che lo ha emanato o che, comunque, è competente per l’accertamento. Solo in caso di «grave inerzia» di questo, il potere spetta alla Direzione regionale dalla quale dipende l’ufficio. L’art. 2, invece, stabilisce che l’ufficio può intraprendere l’autotutela di propria iniziativa, anche in mancanza di un’apposita istanza del contribuente, e ciò può avvenire anche in pendenza di giudizio o di non impugnabilità dell’atto, nei casi - previsti dalla norma a titolo non tassativo, ma meramente esemplificativo – in cui ricorra: errore di persona, evidente errore logico o di calcolo, errore sul presupposto dell’imposta, doppia imposizione, mancata considerazione di pagamenti regolarmente eseguiti, mancanza di documentazione sanata dalla successiva produzione entro i termini di decadenza, sussistenza dei requisiti per deduzioni, detrazioni o agevolazioni in genere, nonché errore materiale del contribuente facilmente riconoscibile. Autotutela nel settore catastale: profili interpretativi Tanto premesso in linea generale, si evidenzia che l’attività di riesame dell’accertamento catastale posta in essere dagli Uffici dell’Agenzia può assumere le seguenti connotazioni: riesame d’ufficio o su segnalazione del contribuente, finalizzato ad eliminare incongruenze derivanti da semplici errori di inserimento dati oppure da erronee applicazioni dei principi dell’estimo catastale; riesame effettuato a seguito di apposita istanza del contribuente con cui lo stesso sottopone all’Amministrazione fatti, circostanze o elementi nuovi, non presenti – e, quindi, non valutabili – al momento dell’originario accertamento. Sulla inquadrabilità o meno delle descritte attività di riesame nell’ambito dell’esercizio della potestà di autotutela, la scrivente, in considerazione della delicatezza della questione, nonché della ricaduta sul piano fiscale, ha ritenuto opportuno acquisire il preventivo parere dell’Avvocatura Generale dello Stato. Il predetto Organo Legale, con nota prot. 67615 del 14/5/2005, sentito il Comitato Consultivo, dopo aver osservato che, nel particolare settore catastale, l’autotutela va “…intesa come potestà di annullamento di un pregresso provvedimento di accatastamento, ove esercitata - tanto d’ufficio che su istanza di parte - nel limite invalicabile dell’eventuale formazione di un giudicato sostanziale...” , ha sottolineato, in particolare, come, nella subiecta materia, l’esercizio dell’autotutela “…non può che mirare ad eliminare errori di inserimento dei dati, ovvero di applicazione delle regole tecniche dell’estimo catastale in relazione ad un immutato contesto”. Ad avviso dell’Avvocatura dunque, nell’ambito del particolare settore catastale può ravvisarsi esercizio del potere di autotutela nell’ipotesi descritta sub 1), laddove, pertanto, l’annullamento dell’accertamento in autotutela “…non può che avere effetto ex tunc e cioè retroattivo”, vale a dire dalla data di decorrenza del classamento rivelatosi errato e, per tale motivo, successivamente rettificato. Lo stesso Organo Legale ha, poi, osservato come nell’ambito della regola generale dell’autotutela nel settore catastale – così come sinteticamente descritta sub 1) - potrebbe collocarsi anche la fattispecie rappresentata dalla “…revisione di accatastamento, a seguito di sentenza resa dai giudici tributari…” ed avente ad oggetto il classamento di immobili similari, ovviamente a condizione che non sussista “…un diverso giudicato sostanziale specificatamente riferito al soggetto interessato...”. Al riguardo è stato, infatti, osservato che, nello specifico caso, non si è in presenza di una vera e propria estensione del giudicato - peraltro non consentita essendo coinvolti soggetti estranei al giudizio (cfr. art. 2909 c.c.) - perché “…il giudicato stesso costituisce motivazione dell’istanza di autotutela.” L’inquadrabilità di tale particolare fattispecie nell’ambito dell’autotutela appare, peraltro, subordinata alla circostanza che il giudicato posto a fondamento dell’istanza di parte consenta effettivamente di evidenziare, in via comparativa, un eventuale errore commesso in sede di classamento dell’immobile oggetto dell’istanza di autotutela medesima. L’Avvocatura Generale dello Stato, invece, ha escluso “…dall’ambito concettuale dell’autotutela tutte le fattispecie riconducibili all’intervento di nuovi elementi afferenti la partita catastale (rectius: classamento) che possono giustificare una revisione in relazione al mutamento degli stessi elementi rilevanti.”. In relazione a dette fattispecie (riconducibili all’ipotesi sintetizzata sub 2), pertanto, il provvedimento di riesame adottato non può esplicare efficacia retroattiva, proprio perché gli elementi su cui si fonda la variazione del classamento, in quanto sopravvenuti – e, quindi, non disponibili al momento dell’originario classamento – determinano una sorta di effetto sostitutivo del nuovo classamento (quello cioè risultante dall’attività di riesame), rispetto al classamento originario (oggetto di riesame). L’articolato parere dell’Avvocatura Generale dello Stato affronta anche un altro aspetto della questione, vale a dire l’armonizzazione dell’istituto dell’autotutela con i principi contenuti nell’art. 21-nonies della L. 7 agosto 1990, n. 241, così come introdotto dall’art. 14 della legge 11 febbraio 2005, n. 15. La disposizione in esame stabilisce che “Il provvedimento amministrativo illegittimo…può essere annullato d'ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall'organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge″. In proposito l’Avvocatura, con specifico riferimento alla comparazione interesse pubblico/interesse privato, ha osservato: in primo luogo che “…dovrà essere ponderata, con riferimento all’interesse generale, la finalità di una corretta operazione di accatastamento, nel rispetto cioè delle regole generali dell’estimo, interesse che, come tale, prescinde da quello specifico dell’Ente Territoriale, eventuale beneficiario del gettito proveniente dal tributo locale”; in secondo luogo, e con riferimento al parametro del “termine ragionevole”, che “…avrà efficacia preclusiva all’esercizio dell’annullamento in autotutela, il decorso di uno spazio temporale tale da avere determinato situazioni ormai consolidate”. In altri termini, nell’esercizio dell’autotutela in materia catastale, così come in quella amministrativa, è fondamentale una preliminare valutazione e comparazione tra l’interesse pubblico all’annullamento e gli altri interessi secondari pubblici e privati eventualmente coinvolti, con particolare riferimento all’eventuale consolidamento di situazioni o posizioni giuridiche sorte sulla base dell’atto (provvedimento) oggetto di riesame che possono rendere totalmente o parzialmente inattuabile il provvedimento emesso in sede di autotutela. In tale contesto appare significativo distinguere tra errori oggettivamente evidenti e rilevabili (quali quelli relativi alla mera individuazione della consistenza), per i quali è opportuno procedere comunque alla rimozione, e quelli connessi a peculiari valutazioni estimali (correlate alla inevitabile alea del giudizio tecnico), per i quali il consolidamento delle situazioni può consigliare una maggiore cautela nell’adozione dell’eventuale atto di rettifica. L’efficacia temporale delle variazioni catastali Occorre premettere, in linea generale, che, in tema di decorrenza delle variazioni catastali, l’art. 74 della legge 21 novembre 2000, n. 342, ha introdotto, come è noto, la regola generale intesa a valorizzare in via assoluta, sia ai fini della efficacia temporale che del decorso del termine di impugnazione, la notifica della attribuzione o modificazione della rendita catastale. Ora, alla luce delle condivisibili indicazioni interpretative fornite dall’Avvocatura Generale dello Stato, può affermarsi che, se il riesame del classamento operato dall’Ufficio dell’Agenzia, in via autonoma o su istanza di parte, è qualificabile come esercizio della potestà di autotutela - in quanto finalizzato ad eliminare incongruenze derivanti da errori di inserimento dati oppure da erronee applicazioni dei principi dell’estimo catastale - la nuova rendita attribuita esplicherà efficacia retroattiva (ex tunc), cioè a decorrere dalla data dell’originario classamento, indipendentemente dalla data di notifica della nuova rendita agli intestatari della partita catastale. In relazione a tale ultimo delicato aspetto, peraltro, sembra assumere decisiva rilevanza la cennata connotazione attribuibile all’attività di autotutela nel peculiare settore catastale. In tale contesto, infatti, il provvedimento emesso in sede di autotutela non appare qualificabile, strictu sensu, come mero atto modificativo della rendita - secondo l’accezione desumibile dall’art. 74 citato - ma, piuttosto, come atto tendente a ripristinare la correttezza e/o la legittimità di un provvedimento (l’atto attributivo o modificativo della rendita) errato fin dall’origine, cioè fin dalla sua emanazione. Ovviamente, al fine di rendere esplicita negli atti catastali l’efficacia retroattiva della rettifica operata in via di autotutela, nelle annotazioni dei predetti atti dovrà essere opportunamente evidenziato che la decorrenza della nuova rendita è corrispondente a quella del classamento rettificato. Viceversa, se il riesame del classamento, attivato su istanza di parte, viene eseguito sulla base di elementi, circostanze o parametri nuovi, sopravvenuti rispetto all’originario classamento e per i quali non ricorre l’obbligo della dichiarazione in catasto (si veda il procedimento ex art. 38 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917), l’eventuale rettifica della rendita, scaturendo da una attività di riesame non qualificabile strictu sensu come esercizio del potere di autotutela, non potrà che esplicare effetti ex nunc. Per inciso, sembra opportuno evidenziare che la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15862 del 17 marzo 2005, depositata il 28 luglio 2005, ha assunto un orientamento sostanzialmente in linea con le indicazioni interpretative di cui alla presente circolare. Con la predetta sentenza, infatti, la Suprema Corte, in tema di I.C.I., ha sottolineato che nell’ipotesi in cui “…la variazione dipenda dalla correzione di un pregresso errore e non da modificazione dei parametri” non si rende “…applicabile il disposto di cui all’art. 5, co 5, L. 504/92, secondo cui il valore catastale per l’ICI è quello vigente al 1° gennaio dell’anno di imposizione”. Tale impostazione è stata poi ribadita dalla stessa Cassazione, con riferimento all’imposta di registro, nella recente sentenza n. 18426 dell’8 giugno 2005, depositata il 16 settembre 2005. Occorre, comunque, evidenziare che l’istanza di autotutela non riapre in nessun caso i termini di impugnativa degli atti di accertamento catastale. In tal senso la Suprema Corte, con la sentenza n. 247 del 1° luglio 2003, depositata il 12 gennaio 2004, ha ribadito che il termine di sessanta giorni entro cui impugnare l'atto impositivo ha natura decadenziale di modo che il suo inutile decorso determina la definitività del provvedimento stesso, precludendo la possibilità di rimetterlo in discussione nell’ambito di un giudizio tributario in forza delle disposizioni che hanno introdotto la cosiddetta autotutela. Recenti interventi giurisprudenziali in tema di spese del giudizio La Corte Costituzionale, con la sentenza interpretativa di accoglimento n. 274, depositata il 12 luglio 2005, ha ritenuto fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 46, comma 3, del D. Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, nella parte in cui preclude ai giudici tributari, nella declaratoria di estinzione della controversia per cessazione della materia del contendere, di condannare l’Amministrazione virtualmente soccombente al pagamento delle spese. Come è noto le sentenze interpretative di accoglimento (cosiddette “additive”) integrano il contenuto precettivo della disposizione oggetto di giudizio, dichiarando la sua incostituzionalità nella parte in cui non prevede una determinata situazione attiva o passiva. Nel caso di specie, quindi, a seguito dell’intervento della Corte Costituzionale, la portata dell’art. 46, comma 3, del D. Lgs. 546/92 deve ritenersi integrata dalla previsione concernente la possibilità per i giudici tributari di condannare l’amministrazione virtualmente soccombente al pagamento delle spese, anche nell’ipotesi di estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere. In relazione a tale ultimo aspetto, pertanto, gli uffici sono invitati ad evadere - con assoluta priorità - le istanze di autotutela relative ad accertamenti catastali per i quali siano pendenti i termini di impugnativa, al fine di evitare il rischio di condanna al pagamento delle spese di virtuale soccombenza processuale, in applicazione dell’art. 46, comma 3, più volte citato, come integrato dalla recente sentenza della Corte Costituzionale. Le Direzioni Regionali sono invitate a vigilare sul puntuale adempimento e sulla corretta applicazione della presente Circolare.
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