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Autore La profondità della poesia

geocinel
Carlo Cinelli
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 0 -  0 - Inviato: 17 Novembre 2016 alle ore 12:07

Ho sempre ammirato la poesia.

Bukowski diceva che è come racchiudere tante cose in poco spazio.

In questo topic che ho aperto vorrei che chi apprezza questo genere ne postasse qualcuna che lo ha in qualche modo attratto o interessato.

Grazie

Comincio io con una di un mio conterraneo.

Giuseppe Giusti di Monsummano Terme

I più tirano i meno

Che i più tirano i meno è verità,
Posto che sia nei più senno e virtù;
Ma i meno, caro mio, tirano i più,
Se i più trattiene inerzia o asinità.

Quando un intero popolo ti dà
Sostegno di parole e nulla più,
Non impedisce che ti butti giù
Di pochi impronti la temerità.

Fingi che quattro mi bastonin qui,
E lì ci sien dugento a dire: ohibò!
Senza scrollarsi o muoversi di lì;

E poi sappimi dir come starò
Con quattro indiavolati a far di sì,
Con dugento citrulli a dir di no.

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Autore Risposta

geocinel
Carlo Cinelli
» ACCOUNT NON PIU' ATTIVO
(GURU)

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Lamporecchio (PT) - geocinel@tin.it

 0 -  0 - Inviato: 17 Novembre 2016 alle ore 12:13

Ma anche Trilussa non era da meno.


La libbertà di pensiero

Un gatto bianco, ch’era presidente
der circolo der Libbero Pensiero
sentì che un Gatto nero,
libbero pensatore come lui,
je faceva la critica
riguardo a la politica
ch’era contraria a li principi sui.
“Giacché nun badi a li fattacci tui,
– je disse er Gatto bianco inviperito -,
rassegnerai le proprie dimissione
e uscirai da le file der partito:
che qui la poi pensà libberamente
come te pare a te, ma a condizzione
che t’associ a l’idee der presidente
e a le proposte de la commissione!”
“E’ vero, ho torto, ho aggito malamente…”
Rispose er Gatto nero.
E pe’ restà ner Libbero Pensiero
da quela vorta nun pensò più gnente.

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rubino
.
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Terronia centrale

 0 -  0 - Inviato: 17 Novembre 2016 alle ore 16:22

Ciao Carlo, e grazie.



LINGUA E DIALETTU
Ignazio Buttitta

Un populu
mittitilu a catina
spughiatilu
attuppatici a vucca
è ancora libiru.

Livatici u travagghiu
u passaportu
a tavula unnu mancia
u lettu unnu dormi,
è ancora riccu.

Un populo
diventa poviru e servu
quannu ci arrubbano a lingua
addutata di patri:
è persu pi sempri.

Diventa poviru e servu
quannu i paroli non figghianu paroli
e si mancianu tra d’iddi.
Mi n’addugnu ora,
mentri accordu la chitarra du dialetto
ca perdi na corda lu jornu.

Mentre arripezzu
a tila camuluta
ca tissiru i nostri avi
cu lana di pecuri siciliani.

E sugnu poviru:
haiu i dinari
e non li pozzu spènniri;
i giuielli
e non li pozzu rigalari;
u cantu
nta gaggia
cu l’ali tagghiati.

Un poviru
c’addatta nte minni strippi
da matri putativa
chi u chiama figghiu
pi nciuria.

Nuatri l’avevamu a matri,
nni l’arrubbaru;
aveva i minni a funtana di latti
e ci vìppiru tutti,
ora ci sputanu.

Nni ristò a vuci d’idda,
a cadenza,
a nota vascia
du sonu e du lamentu:
chissi no nni ponnu rubari.

Non nni ponnu rubari,
ma ristamu poveri
e orfani u stissu.

www.youtube.com/watch?v=Xm-Xz1dCJB8

Un popolo
mettetelo in catene
spogliatelo
tappategli la bocca
è ancora libero.

Levategli il lavoro
il passaporto
la tavola dove mangia
il letto dove dorme,
è ancora ricco.

Un popolo
diventa povero e servo
quando gli rubano la lingua
ricevuta dai padri:
è perso per sempre.

Diventa povero e servo
quando le parole non figliano parole
e si mangiano tra di loro.
Me ne accorgo ora,
mentre accordo la chitarra del dialetto
che perde una corda al giorno.

Mentre rappezzo
la tela tarmata
che tesserono i nostri avi
con la lana di pecore siciliane.

E sono povero:
ho i danari
e non li posso spendere;
i gioielli
e non li posso regalare;
il canto
nella gabbia
con le ali tagliate

Un povero
che allatta dalle mammelle aride
della madre putativa,
che lo chiama figlio
per scherno.

Noialtri l’avevamo, la madre,
ce la rubarono;
aveva le mammelle a fontana di latte
e ci bevvero tutti,
ora ci sputano.

Ci restò la voce di lei,
la cadenza,
la nota bassa
del suono e del lamento:
queste non ce le possono rubare.

Non ce le possono rubare,
ma restiamo poveri
e orfani lo stesso.

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geocinel
Carlo Cinelli
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Lamporecchio (PT) - geocinel@tin.it

 0 -  0 - Inviato: 17 Novembre 2016 alle ore 18:31

Caro Rocco

Lo sapevo che non potevi mancare a questo invito.

Bellissima.

Ma bellissima anche questa sotto. Te la ricordi?



La mappa e la storia

Un foglio d'impianto della mia Lucania, ha più di cent'anni ma osservandolo con intelligenza, parla e racconta tante cose: vedi queste particelle così grandi? Significa che qui si moriva di fame perchè il latifondo, la grande proprietà terriera regnava sovrana.

E quest'altre così piccole? Si chiamano quote, vedi, sono legate da un filo rosso, che è un filo di sangue e appartiene a noi che abbiamo scelto una professione che si fa con il fango attaccato alle scarpe, lo stesso di tutti quelli che sono venuti prima di noi e quello è il loro sangue, buttato per avere un fazzoletto di terra, quel rettangolo che si chiama particella, dove andare a morire di fatica, rassegnazione e tasse.

E questo fiume, che è così largo in mappa? Non è il ricco Po né il benestante Arno, chiamalo Ofanto o Sinni e poi chiamalo malaria, alluvioni e frane.

Come dici? Che non c'è disegnata nemmeno una strada nè un ponte? Non ne avevamo, il Principe Doria, i Caracciolo e tutti i padroni della vita e della morte che seppero essere normanni, angioini, aragonesi, borbonici e poi potenti liberali, capaci di fermare per anni una Legge che istituiva il Catasto “geometrico, particellare, per classi e tariffe”, non sprecavano soldi appresso a quattro cafoni ignoranti, carne da cannone e da figli.

C'è anche la rabbia e la rivolta in un foglio di mappa, quella che raccontò l'indicatore al Perito catastale quando gli chiese come si chiamasse quella montagna: Toppa del brigante, disse, togliendosi il cappello.

E quel vallone? Fosso del bersagliere, e bestemmiò.

Rocco Diamante alias rubino

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rubino
.
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 0 -  0 - Inviato: 17 Novembre 2016 alle ore 18:49

Perchè mi metti di fronte alle mie responsabilità?

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SIMBA4

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 0 -  0 - Inviato: 17 Novembre 2016 alle ore 18:51

Salve


vediamo se indovini questa Carlo






Passata è la tempesta:
Odo augelli far festa, e la gallina,
Tornata in su la via,
Che ripete il suo verso. Ecco il sereno
Rompe là da ponente, alla montagna;
Sgombrasi la campagna,
E chiaro nella valle il fiume appare.
Ogni cor si rallegra, in ogni lato
Risorge il romorio
Torna il lavoro usato.
L'artigiano a mirar l'umido cielo,
Con l'opra in man, cantando,
Fassi in su l'uscio; a prova
Vien fuor la femminetta a còr dell'acqua
Della novella piova;
E l'erbaiuol rinnova
Di sentiero in sentiero
Il grido giornaliero.
Ecco il Sol che ritorna, ecco sorride
Per li poggi e le ville. Apre i balconi,
Apre terrazzi e logge la famiglia:
E, dalla via corrente, odi lontano
Tintinnio di sonagli; il carro stride
Del passegger che il suo cammin ripiglia.

Si rallegra ogni core.
Sì dolce, sì gradita
Quand'è, com'or, la vita?
Quando con tanto amore
L'uomo a' suoi studi intende?
O torna all'opre? o cosa nova imprende?
Quando de' mali suoi men si ricorda?
Piacer figlio d'affanno;
Gioia vana, ch'è frutto
Del passato timore, onde si scosse
E paventò la morte
Chi la vita abborria;
Onde in lungo tormento,
Fredde, tacite, smorte,
Sudàr le genti e palpitàr, vedendo
Mossi alle nostre offese
Folgori, nembi e vento.

O natura cortese,
Son questi i doni tuoi,
Questi i diletti sono
Che tu porgi ai mortali. Uscir di pena
E' diletto fra noi.
Pene tu spargi a larga mano; il duolo
Spontaneo sorge: e di piacer, quel tanto
Che per mostro e miracolo talvolta
Nasce d'affanno, è gran guadagno. Umana
Prole cara agli eterni! assai felice
Se respirar ti lice
D'alcun dolor: beata
Se te d'ogni dolor morte risana.




Saluti cordiali

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geocinel
Carlo Cinelli
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 0 -  0 - Inviato: 17 Novembre 2016 alle ore 18:58

Ciao Stefano



Giacomino

La quiete dopo la tempesta

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geocinel
Carlo Cinelli
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 0 -  0 - Inviato: 17 Novembre 2016 alle ore 18:59

"rubino" ha scritto:
Perchè mi metti di fronte alle mie responsabilità?





Stupenda Rocco

Mi emoziona ancora oggi a quasi 10 anni di distanza e centinaia di letture.

Ciao

Carlo

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geocinel
Carlo Cinelli
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Lamporecchio (PT) - geocinel@tin.it

 0 -  0 - Inviato: 17 Novembre 2016 alle ore 19:10

Considero valore -Erri de Luca

Considero valore ogni forma di vita, la neve, la fragola, la mosca.
Considero valore il regno minerale, l’assemblea delle stelle.
Considero valore il vino finché dura il pasto, un sorriso involontario,
la stanchezza di chi non si è risparmiato, due vecchi che si amano.
Considero valore quello che domani non varrà più niente
e quello che oggi vale ancora poco.

Considero valore tutte le ferite.
Considero valore risparmiare acqua, riparare un paio di scarpe,
tacere in tempo, accorrere a un grido, chiedere permesso prima di sedersi,
provare gratitudine senza ricordare di che.

Considero valore sapere in una stanza dov’è il nord,
qual è il nome del vento che sta asciugando il bucato.
Considero valore il viaggio del vagabondo, la clausura della monaca,
la pazienza del condannato, qualunque colpa sia.

Considero valore l’uso del verbo amare e l’ipotesi che esista un creatore.
Molti di questi valori non ho conosciuto.

Erri De Luca, da “Opera sull’acqua e altre poesie”

www.youtube.com/watch?v=XmFMwsDt8EE

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geobrindo
Corrado

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Reggio nell'Emilia-geobrindo@libero.it

 0 -  0 - Inviato: 18 Novembre 2016 alle ore 14:42

"Andare Oltre"

Ricordo senza evasione la casa,

nascosta da mura di cinta,

abbraccio senza uscita.

Mi prendeva un desiderio battente, come goccia stalagmitica:

varcare i cancelli.

Il tempo aveva abbattuto quella linea di confine, non piu' ostacolo al mio peregrinare.

Non sapevo di avere rubato le impronte, vincoli senza incertezze.

Dalle mura non sono mai uscita.



"Futuro"

Ho percorso me stessa,

graffiato i miei piedi per raggiungere la salina.

Ho sfidato le ombre per illuminare il tempo,

senza accorgermi:

e' dalla spiaggia che si vede il mare.



(Dott.ssa Maria Valeria Erasmi ) Mia mamma

Tratto dal libro "Di nebbia e di sale" anno 2012

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geocinel
Carlo Cinelli
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 0 -  0 - Inviato: 18 Novembre 2016 alle ore 14:50

Grazie Corrado.

Sono bellissime. Come tutte le poesie che vengono dall'anima.

Ciao

Carlo

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geocinel
Carlo Cinelli
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 0 -  0 - Inviato: 19 Novembre 2016 alle ore 15:55

Anche la narrativa, pur non essendo come la poesia, nasconde dei passaggi a volte talmente significativi che lasciano sbalorditi.

Sto leggendo un libro di Sciascia: "A ciascuno il suo" dove c'è un passaggio per me fantastico.

Lo riporto qui sotto



“Non esce mai di casa?”

“Mai, da parecchi anni……..Ad un certo punto della mia vita ho fatto dei calcoli precisi: che so io esco di casa per trovare la compagnia di una persona intelligente, di una persona onesta, mi trovo ad affrontare, in media, il rischio di incontrare dodici ladri e sette imbecilli che stanno li, pronti a comunicarmi le loro opinioni sull’umanità, sul governo, sull’amministrazione municipale, su Moravia……..Le pare che valga la pena?”

“No, effettivamente no”.

“E poi, in casa ci sto benissimo: e specialmente qui dentro” levando le mani ad indicare ed accogliere tutti i libri d’intorno.

“Bella biblioteca” disse Laurana.

“Non è che non mi capiti, anche qui dentro, di imbattermi nei ladri, negli imbecilli…….Parlo di scrittori, beninteso, non di personaggi…..Ma me ne libero facilmente: li restituisco al libraio o li regalo al primo cr***** che viene a farmi visita”.

“Anche stando in casa, dunque, lei non riesce ad evitare del tutto i cr*****”.

“Non ci riesco…..Ma qui dentro è diverso: mi sento più al sicuro, più distante……Qualcosa di simile al teatro: e persino mi ci diverto…..Posso anche dirle che, da qui, mi pare teatro tutto quello che accade nel paese: matrimoni, funerali, liti, partenze, arrivi……perché so tutto, sento tutto; e ogni cosa mi arriva anzi moltiplicata, rimbombante di echi…..”

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 0 -  0 - Inviato: 21 Novembre 2016 alle ore 15:23

Riporto anche questi 2 passaggi di Bukowski dal libro Storie di ordinaria follia:



"Solo i poveri conoscono il significato della vita; chi ha soldi e sicurezza può soltanto tirare a indovinare"



"La poesia dice troppo in pochissimo tempo, la prosa dice poco e ci mette un bel po'."



Cordialmente

Carlo Cinelli

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rubino
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Terronia centrale

 0 -  0 - Inviato: 21 Novembre 2016 alle ore 18:03

"geocinel" ha scritto:
Riporto anche questi 2 passaggi di Bukowski dal libro Storie di ordinaria follia:



"Solo i poveri conoscono il significato della vita; chi ha soldi e sicurezza può soltanto tirare a indovinare"



"La poesia dice troppo in pochissimo tempo, la prosa dice poco e ci mette un bel po'."



Cordialmente

Carlo Cinelli



Esempio di prosa che dice poco e ci mette un bel pò (per diventare un romanzo): da Hemingway

Vendesi: scarpine per neonato, mai indossate (For sale: baby shoes, never worn l'originale)

Esempio di poesia che dice troppo (ma arriva) in pochissimo tempo: da Ungaretti

Si sta come
d'autunno
sugli alberi
le foglie

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geocinel
Carlo Cinelli
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 0 -  0 - Inviato: 21 Novembre 2016 alle ore 20:11

Anche la Canzone è una forma di poesia


Gino Paoli

Quattro amici al bar

Eravamo quattro amici al bar
che volevano cambiare il mondo
destinati a qualche cosa in più
che a una donna ed un impiego in banca
si parlava con profondità di anarchia e di libertà
tra un bicchier di coca ed un caffè
tiravi fuori i tuoi perché e proponevi i tuoi farò.
Eravamo tre amici al bar
uno si è impiegato in una banca
si può fare molto pure in tre
mentre gli altri se ne stanno a casa
si parlava in tutta onestà di individui e solidarietà
tra un bicchier di vino ed un caffè
tiravi fuori i tuoi perché e proponevi i tuoi però.
Eravamo due amici al bar
uno è andato con la donna al mare
i più forti però siamo noi
qui non serve mica essere in tanti
si parlava con tenacità di speranze e possibilità
tra un bicchier di whisky ed un caffè
tiravi fuori i tuoi perché e proponevi i tuoi sarò.
Son rimasto io da solo al bar
gli altri sono tutti quanti a casa
e quest'oggi verso le tre son venuti quattro ragazzini
son seduti lì vicino a me con davanti due coche e due caffè
li sentivo chiacchierare han deciso di cambiare
tutto questo mondo che non va.
Sono qui con quattro amici al bar
che hanno voglia di cambiare il mondo.

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