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La profondità della poesia |
geocinel
Carlo Cinelli
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Ho sempre ammirato la poesia. Bukowski diceva che è come racchiudere tante cose in poco spazio. In questo topic che ho aperto vorrei che chi apprezza questo genere ne postasse qualcuna che lo ha in qualche modo attratto o interessato. Grazie Comincio io con una di un mio conterraneo. Giuseppe Giusti di Monsummano Terme I più tirano i meno Che i più tirano i meno è verità, Posto che sia nei più senno e virtù; Ma i meno, caro mio, tirano i più, Se i più trattiene inerzia o asinità. Quando un intero popolo ti dà Sostegno di parole e nulla più, Non impedisce che ti butti giù Di pochi impronti la temerità. Fingi che quattro mi bastonin qui, E lì ci sien dugento a dire: ohibò! Senza scrollarsi o muoversi di lì; E poi sappimi dir come starò Con quattro indiavolati a far di sì, Con dugento citrulli a dir di no.
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geocinel
Carlo Cinelli
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Ma anche Trilussa non era da meno. La libbertà di pensiero Un gatto bianco, ch’era presidente der circolo der Libbero Pensiero sentì che un Gatto nero, libbero pensatore come lui, je faceva la critica riguardo a la politica ch’era contraria a li principi sui. “Giacché nun badi a li fattacci tui, – je disse er Gatto bianco inviperito -, rassegnerai le proprie dimissione e uscirai da le file der partito: che qui la poi pensà libberamente come te pare a te, ma a condizzione che t’associ a l’idee der presidente e a le proposte de la commissione!” “E’ vero, ho torto, ho aggito malamente…” Rispose er Gatto nero. E pe’ restà ner Libbero Pensiero da quela vorta nun pensò più gnente.
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rubino
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Ciao Carlo, e grazie. LINGUA E DIALETTU Ignazio Buttitta Un populu mittitilu a catina spughiatilu attuppatici a vucca è ancora libiru. Livatici u travagghiu u passaportu a tavula unnu mancia u lettu unnu dormi, è ancora riccu. Un populo diventa poviru e servu quannu ci arrubbano a lingua addutata di patri: è persu pi sempri. Diventa poviru e servu quannu i paroli non figghianu paroli e si mancianu tra d’iddi. Mi n’addugnu ora, mentri accordu la chitarra du dialetto ca perdi na corda lu jornu. Mentre arripezzu a tila camuluta ca tissiru i nostri avi cu lana di pecuri siciliani. E sugnu poviru: haiu i dinari e non li pozzu spènniri; i giuielli e non li pozzu rigalari; u cantu nta gaggia cu l’ali tagghiati. Un poviru c’addatta nte minni strippi da matri putativa chi u chiama figghiu pi nciuria. Nuatri l’avevamu a matri, nni l’arrubbaru; aveva i minni a funtana di latti e ci vìppiru tutti, ora ci sputanu. Nni ristò a vuci d’idda, a cadenza, a nota vascia du sonu e du lamentu: chissi no nni ponnu rubari. Non nni ponnu rubari, ma ristamu poveri e orfani u stissu. www.youtube.com/watch?v=Xm-Xz1dCJB8 Un popolo mettetelo in catene spogliatelo tappategli la bocca è ancora libero. Levategli il lavoro il passaporto la tavola dove mangia il letto dove dorme, è ancora ricco. Un popolo diventa povero e servo quando gli rubano la lingua ricevuta dai padri: è perso per sempre. Diventa povero e servo quando le parole non figliano parole e si mangiano tra di loro. Me ne accorgo ora, mentre accordo la chitarra del dialetto che perde una corda al giorno. Mentre rappezzo la tela tarmata che tesserono i nostri avi con la lana di pecore siciliane. E sono povero: ho i danari e non li posso spendere; i gioielli e non li posso regalare; il canto nella gabbia con le ali tagliate Un povero che allatta dalle mammelle aride della madre putativa, che lo chiama figlio per scherno. Noialtri l’avevamo, la madre, ce la rubarono; aveva le mammelle a fontana di latte e ci bevvero tutti, ora ci sputano. Ci restò la voce di lei, la cadenza, la nota bassa del suono e del lamento: queste non ce le possono rubare. Non ce le possono rubare, ma restiamo poveri e orfani lo stesso.
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geocinel
Carlo Cinelli
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Caro Rocco Lo sapevo che non potevi mancare a questo invito. Bellissima. Ma bellissima anche questa sotto. Te la ricordi? La mappa e la storia Un foglio d'impianto della mia Lucania, ha più di cent'anni ma osservandolo con intelligenza, parla e racconta tante cose: vedi queste particelle così grandi? Significa che qui si moriva di fame perchè il latifondo, la grande proprietà terriera regnava sovrana. E quest'altre così piccole? Si chiamano quote, vedi, sono legate da un filo rosso, che è un filo di sangue e appartiene a noi che abbiamo scelto una professione che si fa con il fango attaccato alle scarpe, lo stesso di tutti quelli che sono venuti prima di noi e quello è il loro sangue, buttato per avere un fazzoletto di terra, quel rettangolo che si chiama particella, dove andare a morire di fatica, rassegnazione e tasse. E questo fiume, che è così largo in mappa? Non è il ricco Po né il benestante Arno, chiamalo Ofanto o Sinni e poi chiamalo malaria, alluvioni e frane. Come dici? Che non c'è disegnata nemmeno una strada nè un ponte? Non ne avevamo, il Principe Doria, i Caracciolo e tutti i padroni della vita e della morte che seppero essere normanni, angioini, aragonesi, borbonici e poi potenti liberali, capaci di fermare per anni una Legge che istituiva il Catasto “geometrico, particellare, per classi e tariffe”, non sprecavano soldi appresso a quattro cafoni ignoranti, carne da cannone e da figli. C'è anche la rabbia e la rivolta in un foglio di mappa, quella che raccontò l'indicatore al Perito catastale quando gli chiese come si chiamasse quella montagna: Toppa del brigante, disse, togliendosi il cappello. E quel vallone? Fosso del bersagliere, e bestemmiò. Rocco Diamante alias rubino
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rubino
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Perchè mi metti di fronte alle mie responsabilità?
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SIMBA4
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Salve vediamo se indovini questa Carlo Passata è la tempesta: Odo augelli far festa, e la gallina, Tornata in su la via, Che ripete il suo verso. Ecco il sereno Rompe là da ponente, alla montagna; Sgombrasi la campagna, E chiaro nella valle il fiume appare. Ogni cor si rallegra, in ogni lato Risorge il romorio Torna il lavoro usato. L'artigiano a mirar l'umido cielo, Con l'opra in man, cantando, Fassi in su l'uscio; a prova Vien fuor la femminetta a còr dell'acqua Della novella piova; E l'erbaiuol rinnova Di sentiero in sentiero Il grido giornaliero. Ecco il Sol che ritorna, ecco sorride Per li poggi e le ville. Apre i balconi, Apre terrazzi e logge la famiglia: E, dalla via corrente, odi lontano Tintinnio di sonagli; il carro stride Del passegger che il suo cammin ripiglia. Si rallegra ogni core. Sì dolce, sì gradita Quand'è, com'or, la vita? Quando con tanto amore L'uomo a' suoi studi intende? O torna all'opre? o cosa nova imprende? Quando de' mali suoi men si ricorda? Piacer figlio d'affanno; Gioia vana, ch'è frutto Del passato timore, onde si scosse E paventò la morte Chi la vita abborria; Onde in lungo tormento, Fredde, tacite, smorte, Sudàr le genti e palpitàr, vedendo Mossi alle nostre offese Folgori, nembi e vento. O natura cortese, Son questi i doni tuoi, Questi i diletti sono Che tu porgi ai mortali. Uscir di pena E' diletto fra noi. Pene tu spargi a larga mano; il duolo Spontaneo sorge: e di piacer, quel tanto Che per mostro e miracolo talvolta Nasce d'affanno, è gran guadagno. Umana Prole cara agli eterni! assai felice Se respirar ti lice D'alcun dolor: beata Se te d'ogni dolor morte risana. Saluti cordiali
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geocinel
Carlo Cinelli
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Ciao Stefano Giacomino La quiete dopo la tempesta
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geocinel
Carlo Cinelli
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"rubino" ha scritto: Perchè mi metti di fronte alle mie responsabilità? Stupenda Rocco Mi emoziona ancora oggi a quasi 10 anni di distanza e centinaia di letture. Ciao Carlo
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geocinel
Carlo Cinelli
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Considero valore -Erri de Luca Considero valore ogni forma di vita, la neve, la fragola, la mosca. Considero valore il regno minerale, l’assemblea delle stelle. Considero valore il vino finché dura il pasto, un sorriso involontario, la stanchezza di chi non si è risparmiato, due vecchi che si amano. Considero valore quello che domani non varrà più niente e quello che oggi vale ancora poco. Considero valore tutte le ferite. Considero valore risparmiare acqua, riparare un paio di scarpe, tacere in tempo, accorrere a un grido, chiedere permesso prima di sedersi, provare gratitudine senza ricordare di che. Considero valore sapere in una stanza dov’è il nord, qual è il nome del vento che sta asciugando il bucato. Considero valore il viaggio del vagabondo, la clausura della monaca, la pazienza del condannato, qualunque colpa sia. Considero valore l’uso del verbo amare e l’ipotesi che esista un creatore. Molti di questi valori non ho conosciuto. Erri De Luca, da “Opera sull’acqua e altre poesie” www.youtube.com/watch?v=XmFMwsDt8EE
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geobrindo
Corrado
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"Andare Oltre" Ricordo senza evasione la casa, nascosta da mura di cinta, abbraccio senza uscita. Mi prendeva un desiderio battente, come goccia stalagmitica: varcare i cancelli. Il tempo aveva abbattuto quella linea di confine, non piu' ostacolo al mio peregrinare. Non sapevo di avere rubato le impronte, vincoli senza incertezze. Dalle mura non sono mai uscita. "Futuro" Ho percorso me stessa, graffiato i miei piedi per raggiungere la salina. Ho sfidato le ombre per illuminare il tempo, senza accorgermi: e' dalla spiaggia che si vede il mare. (Dott.ssa Maria Valeria Erasmi ) Mia mamma Tratto dal libro "Di nebbia e di sale" anno 2012
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geocinel
Carlo Cinelli
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Grazie Corrado. Sono bellissime. Come tutte le poesie che vengono dall'anima. Ciao Carlo
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geocinel
Carlo Cinelli
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Anche la narrativa, pur non essendo come la poesia, nasconde dei passaggi a volte talmente significativi che lasciano sbalorditi. Sto leggendo un libro di Sciascia: "A ciascuno il suo" dove c'è un passaggio per me fantastico. Lo riporto qui sotto “Non esce mai di casa?” “Mai, da parecchi anni……..Ad un certo punto della mia vita ho fatto dei calcoli precisi: che so io esco di casa per trovare la compagnia di una persona intelligente, di una persona onesta, mi trovo ad affrontare, in media, il rischio di incontrare dodici ladri e sette imbecilli che stanno li, pronti a comunicarmi le loro opinioni sull’umanità, sul governo, sull’amministrazione municipale, su Moravia……..Le pare che valga la pena?” “No, effettivamente no”. “E poi, in casa ci sto benissimo: e specialmente qui dentro” levando le mani ad indicare ed accogliere tutti i libri d’intorno. “Bella biblioteca” disse Laurana. “Non è che non mi capiti, anche qui dentro, di imbattermi nei ladri, negli imbecilli…….Parlo di scrittori, beninteso, non di personaggi…..Ma me ne libero facilmente: li restituisco al libraio o li regalo al primo cr***** che viene a farmi visita”. “Anche stando in casa, dunque, lei non riesce ad evitare del tutto i cr*****”. “Non ci riesco…..Ma qui dentro è diverso: mi sento più al sicuro, più distante……Qualcosa di simile al teatro: e persino mi ci diverto…..Posso anche dirle che, da qui, mi pare teatro tutto quello che accade nel paese: matrimoni, funerali, liti, partenze, arrivi……perché so tutto, sento tutto; e ogni cosa mi arriva anzi moltiplicata, rimbombante di echi…..”
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geocinel
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Riporto anche questi 2 passaggi di Bukowski dal libro Storie di ordinaria follia: "Solo i poveri conoscono il significato della vita; chi ha soldi e sicurezza può soltanto tirare a indovinare" "La poesia dice troppo in pochissimo tempo, la prosa dice poco e ci mette un bel po'." Cordialmente Carlo Cinelli
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rubino
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"geocinel" ha scritto: Riporto anche questi 2 passaggi di Bukowski dal libro Storie di ordinaria follia: "Solo i poveri conoscono il significato della vita; chi ha soldi e sicurezza può soltanto tirare a indovinare" "La poesia dice troppo in pochissimo tempo, la prosa dice poco e ci mette un bel po'." Cordialmente Carlo Cinelli Esempio di prosa che dice poco e ci mette un bel pò (per diventare un romanzo): da Hemingway Vendesi: scarpine per neonato, mai indossate (For sale: baby shoes, never worn l'originale) Esempio di poesia che dice troppo (ma arriva) in pochissimo tempo: da Ungaretti Si sta comed'autunnosugli alberile foglie
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geocinel
Carlo Cinelli
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Anche la Canzone è una forma di poesia Gino Paoli Quattro amici al bar Eravamo quattro amici al bar che volevano cambiare il mondo destinati a qualche cosa in più che a una donna ed un impiego in banca si parlava con profondità di anarchia e di libertà tra un bicchier di coca ed un caffè tiravi fuori i tuoi perché e proponevi i tuoi farò. Eravamo tre amici al bar uno si è impiegato in una banca si può fare molto pure in tre mentre gli altri se ne stanno a casa si parlava in tutta onestà di individui e solidarietà tra un bicchier di vino ed un caffè tiravi fuori i tuoi perché e proponevi i tuoi però. Eravamo due amici al bar uno è andato con la donna al mare i più forti però siamo noi qui non serve mica essere in tanti si parlava con tenacità di speranze e possibilità tra un bicchier di whisky ed un caffè tiravi fuori i tuoi perché e proponevi i tuoi sarò. Son rimasto io da solo al bar gli altri sono tutti quanti a casa e quest'oggi verso le tre son venuti quattro ragazzini son seduti lì vicino a me con davanti due coche e due caffè li sentivo chiacchierare han deciso di cambiare tutto questo mondo che non va. Sono qui con quattro amici al bar che hanno voglia di cambiare il mondo.
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