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Come diceva il mio prof. di topografia, in alcuni casi non bisogna essere farmacisti (inteso però quello che dosa le quantità nei farmaci, non quello che li vende).
Mi sa che piano piano cominci a farci capire la problematica che ti assilla.
Si, anche a me è capitato di dover rifare confini dove, come problema connesso, c'erano le distanze da fabbricati o da altri manufatti.
Anche e soprattutto in questi casi il bravo CTU o CTP deve tener conto del buon senso ed essere prudente onde evitare di creare lui il problema.
Cosa voglio dire?
Se stiamo parlando di riconfinazioni di linee presenti sulla mappa di Impianto, fatte tutte le operazioni e le considerazioni nel modo più rigoroso possibile, se le differenze sono inferiori all'imperfezione di graficismo della mappa o in casi molto particolari sono inferiori a quella che noi valutiamo come tolleranza accettabile, il buon tecnico (CTU/CTP) deve annacquarle.
Proprio in considerazione dei potenziali danni che si possono ingenerare.
Cosa diversa quando stiamo parlando di riconfinazioni di linee provenienti da atti autonomamente ricostruibili dove la tolleranza si riduce a pochi centimetri.
Queste considerazioni "forti" che ho fatto devono far riflettere chi prende certi incarichi.
In quella tolleranza va valutata anche la buona fede di chi eventualmente, rispetto a una presunta linea di confine catastale, ha edificato a distanza minore.
Ecco perché l'art. 950 del CC recita: in mancanza di altri elementi.........
Erano menti illuminate.
Ciao
Carlo Cinelli
Finalmente qualcuno che ne sa più di me ha confermato quello che penso e predico da molto tempo !! Ho anche postato facendo uno strappo alla regola che mi ero dato Grazie Carlo !!!
prendo spunto dal bonario sollecito di Carlo a non equivocare e del tuo pensiero colgo le puntualizzazione del verbo da tè usato : " soppesare".
Dimmi se sbaglio se tu attribuisci questa definizione : Esaminare con cura , prendere in attenta considerazione.
Tale attività è il princio /metodo cardine da adottarsi per l'attribuzione del "peso " .
Infati lo stesso Tani per i pesi da lui suggeriti ( es le distanze , la ripetitività , la materializzazione , la contestualità ) impiega il metodo di soppesare ; Poi esprime tale analisi in termini di peso.
Io auspico che si possa , in seno alla ns. comunità operare questa attività di soppesamento e giungere a risultati condivisibili.
Dato che tale obbligata attività coinvolge ovviamente soggettive e leggittime sensibilità impone di scremare il più possibiletale residuo valore dalla parteche determinabile analiticamente / scientificamente.
Che questa è la razio operative lo si desume dal fatto che il Tani ha sentito la necessità nela prefazione di scrivere : " Questo lavoro , di indirizzo operativo , si rivolge sopratutto ai professionisti tecnici.
Riprendo questa discussione che secondo me era interessante per approfondire e sviscerare, per quanto possibile, il discorso sulle tolleranze e sulle imprecisioni.
Mi hanno intrigato molto gli interventi di IKe.
Sembra che lui pensi la mappa di Impianto come un qualcosa di perfetto.
Ma la mappa porta con se delle ovvie problematiche.
Ripensiamo anche a come è stata costruita.
Quegli errori che lui evidenziava a Pag.6 sono "quasi" fisiologici.
Sì, condivido l'interesse per tolleranze e imprecisioni, e trovo molto corretto l'uso del plurale per entrambe. Considero addirittura ridondante il “quasi” per definire fisiologici gli errori di mappa: lo sono e basta, fisiologici. Perché quello è il documento e non può essere migliorato in alcun modo. Se anche riscontrassimo un errore enorme su un particolare, dovremmo sempre valutare se sia possibile escludere quel particolare dai riferimenti utilizzabili o se non lo sia, e nell'ultimo caso cercare di individuare il criterio più opportuno per ripartire gli scarti fra i diversi punti di riferimento e stimare l'ambito in cui considerare prevalenti eventuali segni di confine apparente.
In questo senso mi è sempre piaciuta molto la definizione “informale” coniata da Carlo Cinelli che parla di tollerabilità! In alcuni casi non è tollerabile uno scarto di venti centimetri, mentre in altri può esserlo anche uno di tre metri. Penso che valutare e capire il perché e il come siano le “sfide professionali” che rendono particolarmente affascinante questa attività.
Leo ci ricorda come nella riconfinazione le tolleranze lascino spazio alla più appropriata tollerabilità.
A me piacerebbe se potessimo invece approfondire quali sono le tolleranze che mi segnalano che una mappa non è adeguata a rappresentare la linea determinata e come è opportuno gestire la cosa.
A meno che non mi sia distratto abbiamo sempre sfiorato o accennato a questo problema senza però mai prenderlo di petto e svolgerlo .
Non so se questo aspetto interessa. Io lo trovo (non prendetela come una bestemmia) una parte delicatissima e complicatissima della complessiva operazione di riconfinamento.
Temo, Samsung, di non avere competenze sufficienti a trattare il problema prendendolo di petto e svolgendolo esaurientemente... a priori. Solo quando mi si presenta un caso lo posso approfondire; ma le realtà sono diversissime, e per questo rimango sulle generali.
Facciamo l'esempio di tre tipi di mappe d'impianto geneticamente diverse: con rilevamento celerimetrico e restituzione su fogli parametrati, rilevate con aerofotogrammetria, e quelle che l'articolo 3 della Legge Messedaglia prevedeva di “completare, correggere e mettere in corrente” impiegando mappe esistenti servibili allo scopo. Mi sembra intuibile che le sole fotogrammetriche possono vantare una diffusa omogeneità; per le altre sarà sempre possibile imbattersi in errori casuali e localizzati anche molto grandi sfuggiti al collaudo.
Facciamo l'ipotesi di un antico fabbricato accessorio che sia stato soltanto canneggiato, e grazie alla “distrazione” sul numero di canne misurate, risulti traslato di tre metri. E che da un suo spigolo parta il confine da ricostruire che, dopo alcune peripezie, chiude su un altro spigolo che però fu ben rilevato. Battendo trenta spigoli d'impianto presenti nel foglio, risulterà praticamente sicuro quale fabbricato è sbagliato. Questo mi autorizza a escluderlo dall'inquadramento per fissare la posizione del confine senza tenerne conto? Oppure mi autorizza a stabilire che tre metri è il valore tollerabile di tutti gli scarti del foglio?
Personalmente risponderei “no” e tutte due le domande. E non voglio neppure estrapolare l'ultima sostenendo che tre metri sia l'errore tollerabile ovunque e non soltanto sul foglio; ma a volte l'ho sentito dire...
Tutto ciò, lungi dal farmi pensare che le ricostruzioni di linee di mappa siano imprecise, mi proibisce di perseguire delle certezze generalizzate: alla “certezza” potrò arrivare, caso per caso, soltanto dopo un'analisi specifica. E sarà una certezza dell'entità degli errori, non della posizione del confine.
Da qui la mia conclusione che a tutt'oggi non è ancora stata scalfita: non considero che possano esistere regole, ma soltanto principi; rispettando i quali si possono padroneggiare praticamente tutti i casi. Oltre certi limiti di indeterminatezza, variabili da zona a zona, da realtà a realtà e anche secondo i valori in gioco, oltre quei limiti sarà sempre possibile individuare una posizione teorica per un confine perduto, che sarà poi quella che un Giudice dovrebbe fissare. Ma attenzione che qui abbiamo già completato la “migrazione” da semplice ricostruzione di linea catastale a riconfinazione; perciò abbiamo escluso altri elementi di prova.
E oltre quel limite credo sempre molto interessante la ricerca di un accordo.
Il che, non potendo mai sapere a priori quale sarà il limite nel caso ancora da studiare, mi fa propendere per approcci sempre cauti e amichevoli: a irrigidirsi c'è sempre tempo...
Leopard
P.S. Il concetto di tollerabilità lo trovo valido anche in campo analitico: se un frazionamento ha rilevato una dozzina di spigoli ben individuati fra cui ci sono tre fiduciali, e nella riconfinazione troviamo scarti intorno ai 5 cm su tutti gli spigoli meno un fiduciale che sballa 25, consideriamo tollerabile questo scarto perché è "piccolo"?
Come interessanti sono sia il quesito di Samsung, sia la risposta di Leo.
Vado alla domanda: quali sono le tolleranze che mi segnalano che una mappa non è adeguata a rappresentare la linea determinata e come è opportuno gestire la cosa.
Apro e chiudo una parentesi: credo che quando uno si pone dei quesiti di questo genere abbia provato ad esplorare gran parte della materia. Ci vedo un livello evoluto di conoscenza. Chiusa.
Provando a dare un contributo, non una risposta (sarebbe troppo presuntuoso), dico che l'Azione di regolamento di confini prevede che in mancanza di altri elementi ecc.
E pertanto quelle indicazioni sulla mappa in mancanza degli altri elementi hanno sempre una loro importanza.
Più generalmente a questa domanda aveva cercato di rispondere anche Pier Domenico Tani nel suo testo individuando una imprecisione assoluta e una imprecisione relativa.
Non sto qui a ripetere questi concetti già segnalati all'interno della discussione da geocinel.
Per Tani, da quello che mi riporta un amico che lo frequentava, l'imprecisione assoluta non era mai minore di 1 metro e siccome era persona rigorosa l'avrebbe voluta determinare per interpolazione tra due punti di cui aveva misurato lo scarto. Ovviamente tenendo conto anche di altri fattori.
Stiamo parlando di linee di mappa non affette dagli errori casuali ai quali accennava Leo-pard (?).
Li si aprono altri scenari. Tutti da esplorare e legati appunto alla casualità.
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