Stimati Colleghi,
alcune situazioni che vedo prosperare negli ultimi tempi mi inducono a considerare la distinzione fra etica didattica e etica professionale, e forse non soltanto. Premetto espressamente di voler evitare gli aspetti
morali che coinvolgerebbero il “bene” e il “male” come valori assoluti, perché escludo che etica e morale siano sinonimi e mi pare che soltanto la prima sia adeguata all'ambito tecnico di cui si occupa questo forum e la si possa trattare riferendosi a legittimità e correttezza su cui ognuno di noi a mio modo di vedere ha il dovere di interrogarsi razionalmente.
Qualche volta, a proposito di riconfinazioni, anche su questo forum ho proposto una riflessione sul comportamento di un Consulente di Parte che rinviene elementi svantaggiosi per il proprio Committente: l'etica professionale consente, impone o proibisce a chi tutela
specifici interessi di Parte di rivelare tali elementi? Gli consente, impone o proibisce di applicare artifici retorici atti a evidenziare o nascondere specifici argomenti?
Oltre a quella degli
argomenti ha considerevole rilevanza anche la liceità degli
atteggiamenti, che possono essere consentiti, necessari o proibiti. A questo proposito troviamo nelle relazioni di parte e ancor più nelle memorie legali
attacchi alla persona della controparte o del Collega che la assiste: è consentito, necessario o proibito farne uso per tutelare gli
interessi specifici del Committente? Faccio osservare che screditare un testimone può essere elemento fondamentale di un procedimento. Il fine giustifica i mezzi? Li giustifica tutti?
Ho posto tutte queste domande in chiave generale, per tentare di individuare
principi etici che non risulterebbero affatto scalfiti da esempi nei quali sono stati elusi o addirittura stravolti: un errore giudiziario, anche se non isolato, non inficia la necessità dell'istituzione giuridica; tuttalpiù ne può ridurre l'autorevolezza. Perciò preferirei opinioni generali, a sostegno o in contrasto, e non mi interessano eventuali esempi volti a lamentare un torto subito o vantarne uno compiuto, ma gli esempi (sempre eventuali perché troppo spesso parziali o equivocabili) hanno peso soltanto se corroborano considerazioni generali.
D'altra parte quasi tre decenni di attività “didattica” (potremmo discutere il virgolettato, ma ci porterebbe OT) condotta in parallelo alla professione, nel momento in cui è esplosa la “didattica” (
dovremmo discutere questo virgolettato, ma ci porterebbe – un po' meno – OT) mi inducono a pormi una domanda analoga anche in questo ambito: quali argomenti e comportamenti consente, impone o proibisce l'etica didattica a chi tratta
valori generali?
Domando se sono legittimi, oltre a determinati
argomenti, determinati
atteggiamenti. Più specificatamente, è possibile che argomenti e atteggiamenti adeguati a un ambito professionale non lo siano in uno didattico?
Nascondere qualche elemento ha un peso nella professione e un altro nella didattica?
Ci sono casi in cui screditare o addirittura aggredire l'interlocutore è lecito, necessario o proibito?
Vedete (anche voi) una differenza fondamentale fra interessi particolari (concreti) oggetto dell'attività professionale e interesse generale (astratto) oggetto dell'attività didattica?
Come corollario io vedo ulteriormente diversa la posizione etica del funzionario pubblico, che ha anch'egli il compito di tutelare specifici interessi, non di rado concreti, ma si tratta di interessi pubblici che differiscono nettamente da quelli privati riguardo al profitto e all'imparzialità.
La ricaduta dei cenni che ho fin qui proposto sulle discussioni nei forum, e in questo in particolare, è almeno duplice: in ordine ai comportamenti da suggerire a chi pone un quesito e in merito al rapporto da tenere nel confronto con altri partecipanti. Il quesito specifico può trattare un interesse concreto, la cui tutela segue un'etica pratica, privata o pubblica, ma può trattare anche questioni teoriche generali: quali comportamenti è lecito, concesso o necessario suggerire nelle varie situazioni?
Considero proficuo confrontarsi sui temi che ho proposto perché mi pare di osservare un progressivo sbilanciamento delle attività professionali verso il come si fa qualcosa rispetto al perché lo si fa.
Imparare il come assicura maggior produttività, mentre
capire il perché favorisce la qualità. Non sono in grado di dire quale sia l'equilibrio ottimale fra le modalità, probabilmente variabile da settore a settore, ma considero collettivamente rischioso non prestarvi attenzione.
Ringrazio chi vorrà contribuire.
Leonardo