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Quote di possesso dichiarazione di successione |

ing.David
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27 Febbraio 2017 alle ore 12:22
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Salve colleghi, ho delle domande da porvi in merito ad una dichiarazione di successione che dovrei compilare. Due soggetti A e B risultano essere proprietari di due immobili "fabbricato e terreno agricolo" acquistati nel 1980 in comunione dei beni (almeno loro dicono cosi anche perché io personalmente non ho visto nessun atto di vendita, perchè gli eredi non lo trovano più in casa) A 02/2017 muore il soggetto A e gli eredi mi portano le visure catastali per effettuare la dichiarzione di successione dove mi accorgo che il de cuius è proprietario a 1000/1000. il mio dubbio è: nel quadro B1 alla voce quota di possesso cosa dovrei inserire: 1/1 oppure 1/2 considerato che gli eredi mi dicono che i genitori erano in comunione dei beni? Grazie anticipatamente attendo vostre risposte in merito. Ing.David
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EALFIN
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Quando un professionista redige una denuncia di successione non deve compilare la medesima sulla base di quello che gli dicono i clienti ma deve farsi consegnare le copie dei titoli di provenienza nei casi di provenienze derivate da atti stipulati dopo l'entrata in vigore (20 settembre 1975) del diritto di famiglia. Se il Cliente non possiede le copie dei titoli di provenienza le deve richiedere o far richiedere ai Notai, agli Archivi Notarili, alla Conservatoria (note di trascrizione), ecc. Tieni presente che se ti affidi alle risultanze delle visure catastali sono dolori. Proprio stasera ho dovuto inoltrare rettifiche catastali di errori derivanti da volture catastali per acquisti in regime di comunione dei beni (in Catasto risultava diversamente).
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ing.David
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27 Febbraio 2017 alle ore 12:22
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Grazie EALFIN, seguirò il tuo consiglio chiedendo le copie degli atti, anche se a questo punto penso che il notaio all'epoca sbagliò a volturare perchè nelle visure ci doveva essere scritto "proprietà 1000/1000 in regime di comunione dei beni". Grazie mille ancora buon lavoro e buon proseguimento di giornata.
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carmelob
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Buongiorno, scusate se mi intrometto in questo post. Mi sta capitando una situazione analoga, leggendo e chiedendo informazioni ognuno esprime la sua. Veniamo al dunque. A e B (coniugi in comunione dei beni) acquistano nel 1995 un immobile in comproprietà quindi ognuno dei due ha il 50% della proprietà. "A" viene a mancare lasciando come erede moglie e due figli. La mia ipotesi è: 1) Il 50% di A viene diviso in 3 parti agli eredi (1/3 ciascuno ai figli e l'altro 1/3 alla moglie che arriverebbe ad avere quindi 1/2+1/3). 2) Considerando che agivano in comunione dei beni ed essendo comproprietari dell'immobile, alcuni mi hanno detto di fare in questo modo: il 50% di A viene cosi diviso: il 25% va alla moglie in quanto in comunione di beni ed il restante 25% rientra in successione cioè viene diviso in 3 cioè in definitiva le quote sarebbero: Moglie: 50%(proprietà) + 25% (perchè in comunione di beni) + 25%/3 (eredità) Primo Figlio: 25%/3 Secondo Fgilio 25%/3 Mi pare strana questa seconda ipotesi, chiedo a voi di poter far luce. Grazie buona giornata
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barabba
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Soluzione 1) è l'unica prevista dalla normativa. "alcuni mi hanno detto di fare ..." oggi tutti pensano di saperne di più ma la realtà è un'altra. Buon lavoro Marco
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carmelob
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Perfetto, grazie quella che avevo capito di intraprendere.
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EALFIN
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La comunione legale dei beni ai sensi di Legge si scoglie o con la separazione legale (per atto volontario pubblico da parte di entrambi i coniugi o per provvedimento del Tribunale di separazione dei coniugi) o con il decesso di uno dei coniugi (salvo se per altri casi che a quest'ora di notte non mi vengono in mente). In caso di voltura da successione di un immobile posseduto in comunione legale dei beni da un de cuius, dovrà sparire agli atti catastali qualsiasi specificazione del diritto "comunione legale" inerente quasiasi intestatario interessato (in sostanza il coniuge del de cuius). Circa il mio consiglio nel post precedente di non ascoltare quello che il Cliente (o altro) ti dice, posso assicurare che (per fortuna) non mi è mai successo di dover rettificare mie pratiche di successione per colpa di erronee quote dichiarate relative a proprietà di de cuius coniugati in regime di comunione legale dei beni. Ti posso anche assicurare che ho predisposto più di una pratica di successione per rettificare erronee quote dichiarate da altri professionisti e/o C.A.F. e/o dilettanti allo sbaraglio (anche dipendenti pubblici che nel tempo libero si dilettavano ad arrotondare lo stipendio, parlo di diversi anni fa) nei casi di denunce di successioni che coinvolgevano coniugi in comunione. Mi sono anche capitati dei casi in cui il bene in comunione era intestato solo al coniuge vivente per cui ho dovuto integrare la successione originaria inerente la metà proprietà del de cuius non dichiarata a causa della non sua intestazione solo catastale (mi riferisco sempre a successioni le cui denunce erano state da altrui predisposte ed a volture di atti stipulati dopo il 20 settembre 1975 fino alla fine degli anni '80 ). Il fatto che errori in materia non li ho mai commessi (sempre per fortuna in quanto errare è umano) dipende dal fatto che quando un nucleo famigliare diventa mio cliente, non solo pretendo che mi consegnino tutte le copie di atti pubblici, ecc. ma richiedo tutte le visure, estratti di mappa, planimetrie di accatastamento, ecc. tale che con i famigliari clienti verifico (anche in sopralluogo) l'esatta consistenza degli immobili oggetto di successione e/o di qualsiasi altra pratica che interessa i suddetti immobili, soprattutto verifico gli esatti possessori. Certo se dobbiamo tagliare corto per battere i prezzi della concorrenza io non ci sto per cui o ci rimetto qualche cosa (tempo e denaro), nel caso non voglia far scappare per sempre il cliente, oppure non accetto l'incarico e (forse porterò sfortuna) molti clienti o ex clienti che hanno preferito altri preventivi più economici, hanno dovuto rettificare le frettolose denunce di successione redatte da chi ha offerto prezzi "modici".
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amastria
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Salve, sottopongo alla Vs attenzione i seguenti quesiti: Normativa ex legge 151/75 Con la legge 19 maggio 1975, n. 151 il legislatore, rifacendosi al principio dell’uguaglianza giuridica dei coniugi (art. 29 Cost.), ha modificato la disciplina relativa ai rapporti familiari, abrogando numerose disposizioni del codice civile in aperto contrasto con la Costituzione . Tra i punti piu’ qualificanti ed innovativi delle Legge possiamo ricordare, tra gli altri, l’istituzione della comunione legale dei beni fra i coniugi (artt. 159 ss. c.c.) come regime patrimoniale legale della famiglia (in mancanza di diversa convenzione); La nuova disciplina della comunione legale dei coniugi trovava applicazione automatica soltanto per le coppie sposatesi dopo l’entrata in vigore della legge (20 settembre 1975) mentre per le coppie già sposate in quella data era previsto un periodo di pendenza di due anni (poi prorogato fino al 1978) durante il quale: 1. se uno qualsiasi dei coniugi, con atto ricevuto da notaio o dall’ufficiale dello stato civile del luogo in cui fu celebrato il matrimonio, dichiarava di non volere il regime di comunione legale, la coppia rimaneva assoggettata, come prima, al regime di separazione legale; 2. se nessuno dei due formava un simile atto, la coppia veniva automaticamente assoggettata al regime della comunione legale a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge del 1975; 3. i coniugi potevano anche convenire che i beni da loro acquistati individualmente prima dell’entrata in vigore della riforma fossero assoggettati al regime della comunione. Per le coppie sposatesi dopo l’entrata in vigore della riforma la scelta del regime di separazione dei beni non poteva essere fatta tramite una dichiarazione, ma doveva essere convenuta con un accordo stipulato con la forma dell’atto pubblico o risultare dall’atto di matrimonio. Il caso concreto Due coniugi sposati prima dell’entrata in vigore della Legge n. 151/75. Il marito è intestatario di un terreno su cui, successivamente, dopo il matrimonio, quindi in regime di comunione dei beni, non avendo optato diversamente, sul medesimo lotto viene costruito un fabbricato che dovrà essere la futura residenza dei due sposi. I due coniugi nel frattempo hanno avuto due figli. Ultimato il fabbricato, lo stesso viene accatastato con intestatario il marito propr. 1000/1000 (essendo il suolo intestato nel NCT solo a quest’ultimo) Ovviamente, la reale proprietà dell’immobile (escluso il suolo), secondo dettami legislativi, indipendentemente dalla visura catastale, sarebbe di entrambe i coniugi con proprietà indivisa al 50% ciascuno poiché edificato in regime di comunione. La domanda è: 1. quale quota di proprietà dichiarare in denuncia di successione legittima in caso di morte del marito (quota ex lege e non catastale!!) se quest’ultimo risulta essere catastalmente unico intestatario e proprietario 1000/1000? Ovviamente, come si puo’ facilmente desumere, oltre a risvolti di tipo giuridico vi sono anche quelli di tipo fiscale incidenti in primis sulle imposte catastali ed ipotecarie (una cosa è dichiarare un valore 100 nel caso consideriamo la proprietà del marito 1000/1000, diversamente è considerare anche la quota di proprietà ex lege della moglie al 50% sul valore del soprasuolo). 2. quali diritti effettivi potrebbe vantare la moglie in caso di separazione concordata o divorzio (i due intendono effettivamente separarsi). 3. e se sull’immobile nel frattempo sono state accese delle ipoteche, questi debiti ricadrebbero in ogni caso anche sulla moglie? So perfettamente che sono domande da rivolgere ad un avvocato, ma la materia mi intriga e quantomeno vorrei una risposta almeno alla mia prima domanda che e’piu’ pertinente a noi tecnici Scusandomi per la lunghezza del testo, ringrazio quanti volessero contribuire alla discussione.
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Salvatore_B.
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discuto dentro in rosso. "amastria" ha scritto:
Il caso concreto Due coniugi sposati prima dell’entrata in vigore della Legge n. 151/75. Il marito è intestatario di un terreno su cui, successivamente, ... viene costruito un fabbricato e il fabbricato rimane di proprietà al 100% del marito, visto che non è stato mai fatto alcun atto pubblico a favore della moglie Ultimato il fabbricato, lo stesso viene accatastato con intestatario il marito propr. 1000/1000 (essendo il suolo intestato nel NCT solo a quest’ultimo) meno male (ho dovuto penare a rettificare sempre ditte sballate, fatte dal cr***** di turno a seguito di queste convinzioni) Ovviamente, la reale proprietà dell’immobile (escluso il suolo), secondo dettami legislativi, indipendentemente dalla visura catastale, sarebbe di entrambe i coniugi con proprietà indivisa al 50% ciascuno poiché edificato in regime di comunione. purtroppo no, la moglie rimane "ospite" dell'abitazione del marito. La domanda è: 1. quale quota di proprietà dichiarare in denuncia di successione legittima in caso di morte del marito (quota ex lege e non catastale!!) se quest’ultimo risulta essere catastalmente unico intestatario e proprietario 1000/1000? Ovviamente, come si puo’ facilmente desumere, oltre a risvolti di tipo giuridico vi sono anche quelli di tipo fiscale incidenti in primis sulle imposte catastali ed ipotecarie (una cosa è dichiarare un valore 100 nel caso consideriamo la proprietà del marito 1000/1000, diversamente è considerare anche la quota di proprietà ex lege della moglie al 50% sul valore del soprasuolo). vedi sopra. 2. quali diritti effettivi potrebbe vantare la moglie in caso di separazione concordata o divorzio (i due intendono effettivamente separarsi). nessuno. 3. e se sull’immobile nel frattempo sono state accese delle ipoteche, questi debiti ricadrebbero in ogni caso anche sulla moglie? So perfettamente che sono domande da rivolgere ad un avvocato, ma la materia mi intriga e quantomeno vorrei una risposta almeno alla mia prima domanda che e’piu’ pertinente a noi tecnici se la moglie ha un debito esclusivo suo e se senza il consenso scritto del marito (il marito che offre in garanzia la sua casa per il debito che ha solo la moglie) è stata accesa qualche ipoteca, è un'ipoteca errata.
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Salvatore_B.
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dimenticavo, salvo casi particolari, se si separano, e a meno che non sia una separazione consensuale con la quale si stabilisce a chi va l'abitazione, in genere, nel caso di separazione giudiziale, il giudice (quasi sempre un maschio, che sa come vanno le cose, ma anche i giudici fenmmina la sanno bene la storia del soggetto più debole) assegna la casa del marito alla moglie e in pratica rifila al marito la bella polpetta di dover pagare le tasse sulla proprietà al 100%. e se il marito non ha altra abitazione ha solo da crepare.
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amastria
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Salve Salvatore B., La ringrazio per la sua cortese risposta. Ho dei dubbi su quanto da Lei affermato e vorrei segnalare un caso piu’ o meno similare nel concetto, vissuto in prima persona, in qualità di tecnico incaricato delle stime di immobili finalizzata a divisione patrimoniale a seguito di sentenza per separazione giudiziaria tra due coniugi. Il caso concreto Due coniugi in regime di comunione dei beni. Il marito è proprietario esclusivo dell’immobile edificato dal medesimo prima del matrimonio. Il regime di comunione permane ex lege non avendo optato in maniera diversa. Sull’immobile vengono eseguiti importanti lavori di manutenzione-ristrutturazione per un totale di € 145.000. I soldi vengono sborsati solo dal marito con emissione di regolari fatture da parte delle imprese esecutrici dei lavori. I due, dopo qualche anno, decidono di separarsi. Ebbene, dopo istruttoria e sentenza, il giudice, su esplicita richiesta degli avvocati di controparte, riconosceva alla moglie la metà del valore occorso per la ristrutturazione (pari ad euro 72.500,00) da conguagliarsi a base di concordato definitivo tra le parti. La motivazione di tale decisione (detta in modo semplicistico) stava nel fatto che la moglie, sebbene casalinga, aveva contribuito indirettamente al “menage” e tenore di vita familiare con l’espletamento delle faccende domestiche. Salute e fratellanza
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Salvatore_B.
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sono d'accordo, anzi d'accordissimo, su quella decisione del giudice. si basa su noti principi del codice civile, secondo il quale ognuno dei coniugi, per come può, apporta ricchezza al menage familiare. ma non ci entra nulla con il caso precedente. la moglie per divìenire titolare di diritti reali deve procurarsi un titolo valido, che potrebbe essere anche una sentenza giudiziale. ma stai attento, perché per come l'hai raccontata tu, quella sentenza non dichiara la moglie titolare di un qualche diritto reale, ma le riconsce metà del valore dei lavori. in pratica, se ad esempio vendessero quella casa a 250 mila euro, alla moglie vanno 75 mila euro, pur non avendo mai avuto diritti reali sull'immobile. le sentenze mi pare si debbano trascrivere, così un qualunque notaio, nel caso il marito vendesse all'insaputa della ex moglie, potrà vedere che a questa spettano 75 mila euro (una specie di ipoteca sull'immobile). spero di essere stato chiaro. senza titolo non si acquisiscono diritti reali su un immobile.
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amastria
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Grazie Salvatore B. dell’apporto dato alla discussione, Se posso permettermi ti do’ del tu….. Quanto alla questione posta mi sembra trattasi della stessa medaglia vista solo da due facce diverse…. Riepilogando: 1. L’ incremento di valore patrimoniale o nuove compravendite durante il regime in comunione legale (se non diversamente espresso da una delle parti, magari dichiarando dal notaio che cio’ che si acquista è frutto esclusivo di propri denari) è da considerarsi per l’appunto COMUNE. 2. Nell’ipotesi di un terreno in testa ad un solo coniuge (magari di proprietà esclusiva del marito prima del matrimonio) il fabbricato costruito su di esso in regime di comunione dei beni, ancorchè accatastato al solo marito, DI FATTO, per norma codicistica, risulta essere anche in comproprietà al 50% con la moglie pur non essendo quest’ultima titolare di un diritto reale. Riflessione: a. Perché la moglie dovrebbe procurarsi un titolo valido, se di fatto, PER LEGGE, la moglie è proprietaria del 50% del fabbricato? E’ altresi vero che le titolarità ( e rispettive quote di proprietà) su suolo e soprasuolo non sarebbero omogenee ed allora quale dovrebbe essere L’OGGETTO e LA CAUSALE che il il notaio dovrebbe adottare per regolarizzare il tutto ? b. Quali sarebbero i risvolti di tipo fiscale (valore da dichiarare in atto) oltre alla parcella del notaio? Questo è il punto. Titolarità e diritti visti da diversa angolatura, con considerazioni e conclusioni finali univoche. Grazie per l contributo alla discussione.
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Salvatore_B.
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Juneau
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scrivo dentro in rosso "amastria" ha scritto: Grazie Salvatore B. dell’apporto dato alla discussione, Se posso permettermi ti do’ del tu….. Quanto alla questione posta mi sembra trattasi della stessa medaglia vista solo da due facce diverse…. purtroppo no. il diritto è un'altra cosa, non è la nostra logica. Riepilogando: 1. L’ incremento di valore patrimoniale o nuove compravendite durante il regime in comunione legale (se non diversamente espresso da una delle parti, magari dichiarando dal notaio che cio’ che si acquista è frutto esclusivo di propri denari) è da considerarsi per l’appunto COMUNE. No! Non vale per vantare diritti reali su un immobile. Se il marito costruisce sul proprio terreno, per accessione il fabbricato è solo suo. 2. Nell’ipotesi di un terreno in testa ad un solo coniuge (magari di proprietà esclusiva del marito prima del matrimonio) il fabbricato costruito su di esso in regime di comunione dei beni, ancorchè accatastato al solo marito, DI FATTO, per norma codicistica, risulta essere anche in comproprietà al 50% con la moglie pur non essendo quest’ultima titolare di un diritto reale. No! Il C.C. prevede tutti i casi e i modi di acquisto dei diritti reali sugli immobili. Riflessione: a. Perché la moglie dovrebbe procurarsi un titolo valido, se di fatto, PER LEGGE, la moglie è proprietaria del 50% del fabbricato? E’ altresi vero che le titolarità ( e rispettive quote di proprietà) su suolo e soprasuolo non sarebbero omogenee ed allora quale dovrebbe essere L’OGGETTO e LA CAUSALE che il il notaio dovrebbe adottare per regolarizzare il tutto ? La gente va prima di costruire dal notaio per acquisire la proprietà del suolo (esempio, il marito dona prima di costruire metà del suo 100% di sua proprietà alla moglie. Poi il costruito sarà metà ciascuno. Se dal notaio ci va dopo aver costruito, il notaio dovrà fare un atto di donazione o vendità per le unità urabane, non per il terreno) b. Quali sarebbero i risvolti di tipo fiscale (valore da dichiarare in atto) oltre alla parcella del notaio? Il valore da dichiarare in atto dipende dal bene (terreno edificabile o no, unità urbane. La parcella del Notaio te lo saprò dire appena mi fanno diventare Notaio. Questo è il punto. Titolarità e diritti visti da diversa angolatura, con considerazioni e conclusioni finali univoche. Grazie per l contributo alla discussione. La regola di una voltura prevede che alleghi un titolo. Anche se il catasto non è ancora probatorio, la regola della voltura (intestazione di nuova ditta avente diritti reali sull'immobile da volturare) segue il C.C. Poi se si fanno volture strafalcione, si possono sempre rettificare, ripresentandole corrette e pagando l'obolo dei 71 euro. (Ri)Vediti nel libro di diritto il capitolo/capitoli sui modi di acquisizione dei dirritti reali sugli immobili.
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amastria
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salve, per chiudere la quadra alle mie domande.....(chi cerca su internet trova!!) ripreso da: studicataldi.it Cassazione: non rientra nella comunione dei beni la casa costruita sul terreno di proprietà di uno dei coniugi . La comunione legale dei beni è il regime patrimoniale della famiglia che opera di diritto. I coniugi possono però decidere di adottare il regime alternativo della separazione dei beni. Nella comunione legale ricadono una serie di beni indicati nell'articolo 177 del codice civile (1) Mentre restano beni personali quelli indicati nell' articolo 179 (2). Ma la casistica è sempre più vasta di quanto il legislatore non possa prevedere. Cosa accade ad esempio se un immobile viene costruito sul terreno di proprietà di uno dei coniugi? Il bene rientra nella o no nella comunione legale? La risposta ce la da la Corte di Cassazione che, con la sentenza 6020 del 16 marzo 2014, ha respinto il ricorso di una moglie che riteneva di avere diritti di proprietà su un immobile avendo partecipato alla sua costruzione. La suprema Corte Non ha fatto altro che richiamare un principio precedentemente espresso dalle sezioni unite (Sentenza n. 651 del 1996 secondo cui "La costruzione realizzata durante il matrimonio da entrambi i coniugi, sul suolo di proprietà personale ed esclusiva di uno di essi, appartiene esclusivamente a quest'ultimo in virtù delle disposizioni generali in materia di accessione e, pertanto, non costituisce oggetto della comunione legale, ai sensi dell'art. 177, I comma, lett. b), codice civile"). Confermando la decisione della Corte di Appello di Firenze la Cassazione ha evidenziato che la casa costruita sul suolo di proprietà di un coniuge non rientra nella comunione legale dei beni anche se l'altro coniuge non proprietario ha partecipato alle spese di costruzione. In sostanza la cosiddetta "accessione" prevale sulla comunione, quindi, il coniuge proprietario del suolo acquista anche la piena proprietà dell'immobile edificata sul medesimo. Che diritti ha il coniuge che ha partecipato alla costruzione? Il coniuge che ha partecipato alla costruzione della casa familiare ha solo un diritto di credito relativamente alle somme sborsate (comprensive del valore della manodopera e dei materiali utilizzati). La Suprema Corte ha precisato che il credito vantato da un coniuge verso l'altro e' una questione estranea al giudizio di separazione; quindi, il coniuge che intende essere risarcito per le somme versate deve dar vita ad un'altra causa successiva però alla pronuncia di separazione. La donna, nel caso di specie, aveva chiesto anche che il marito provvedesse al mantenimento della figlia maggiorenne ma non ancora autonoma economicamente. La figlia però aveva ammesso di svolgere lavori saltuari che le avevano sempre garantito di riuscire a mantenersi. La conseguenza è stata che la donna non ha potuto beneficiare neppure dell'assegnazione della casa coniugale dato che questa va assegnata preferibilmente al genitore che convive con figli minori oppure con figli maggiorenni, sprovvisti di sufficienti redditi propri. (1) Art. 177. Oggetto della comunione. Costituiscono oggetto della comunione: a) gli acquisti compiuti dai due coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio, ad esclusione di quelli relativi ai beni personali; b) i frutti dei beni propri di ciascuno dei coniugi, percepiti e non consumati allo scioglimento della comunione; c) i proventi dell'attività separata di ciascuno dei coniugi se, allo scioglimento della comunione, non siano stati consumati; d) le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio. Qualora si tratti di aziende appartenenti ad uno dei coniugi anteriormente al matrimonio ma gestite da entrambi, la comunione concerne solo gli utili e gli incrementi. (2) Art. 179. Beni personali. Non costituiscono oggetto della comunione e sono beni personali del coniuge: a) i beni di cui, prima del matrimonio, il coniuge era proprietario o rispetto ai quali era titolare di un diritto reale di godimento; b) i beni acquisiti successivamente al matrimonio per effetto di donazione o successione, quando nell'atto di liberalità o nel testamento non è specificato che essi sono attribuiti alla comunione; c) i beni di uso strettamente personale di ciascun coniuge ed i loro accessori; d) i beni che servono all'esercizio della professione del coniuge, tranne quelli destinati alla conduzione di una azienda facente parte della comunione; e) i beni ottenuti a titolo di risarcimento del danno nonché la pensione attinente alla perdita parziale o totale della capacità lavorativa; f) i beni acquisiti con il prezzo del trasferimento dei beni personali sopraelencati o col loro scambio, purché ciò sia espressamente dichiarato all'atto dell'acquisto. L'acquisto di beni immobili, o di beni mobili elencati nell'articolo 2683, effettuato dopo il matrimonio, è escluso dalla comunione, ai sensi delle lettere c), d) ed f) del precedente comma, quando tale esclusione risulti dall'atto di acquisto se di esso sia stato parte anche l'altro coniuge. Per quanto sopra credo di aver sciolto ogni mio dubbio. Salute e fratellanza.
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