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imu e porzioni di u.i.u unite di fatto |

daviderap
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salve, in seguito a una ricerca priva di risposte vi chiedo quanto segue: ho eseguito accatastamento di due porzioni di unità immobiliare unite di fatto tra loro a causa di diversa intestazione (un unità in separazione dei beni mentre l'altra in comunione dei beni), successivamente ho avuto problemi con l'ufficio tributi per il calcolo dell'imu...cosa devo fare? mi dicono che non possono valutarla come "casa unica" è giusto?...oppure essendo unite di fatto devono considerarla come unica abitazione sebbene composta da due subalterni uniti di fatto??...grazie..
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castello
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stesso problema riscontrato all'ufficio tributi del mio paese non viene riconosciuta l'unità dell'abitazione......
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totonno
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A mio parere in molti casi si è abusato della procedura ammessa per riunire di fatto due subalterni, nel senso che l'intenzione era quella di riunire all'unità principale abitativa una porzione di unità immobiliare che per le proprie caratteristiche non poteva essere considerata una unità a sè stante produttiva di reddito. Rende bene l'idea il classico esempio della stanza che passa da un abitazione all'altra confinante acquistata dopo il matrimonio dal soggetto in comunione dei beni con il coniuge che diventa cointestatario solo della porzione acquisita in secondo momento, producendo una diversità di intestazione tra le due unità immobiliari che di fatto devono essere riunite. Io penso che non vi sia dubbio nel far capire all'ufficio tributi l'unicità della abitazione se pur identificata da due subalterni solo per diversa intestazione. Saluti riuniti. :wink:
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daviderap
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dopo diverse consultazioni con notai e impiegati all ufficio tributi, si è riscontrato che le porzioni unite di fatto sono o meglio erano valide solamente per l'ici, ma non più valide per quanto riguarda l'imu...
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geonick
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Reggello
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"daviderap" ha scritto: dopo diverse consultazioni con notai e impiegati all ufficio tributi, si è riscontrato che le porzioni unite di fatto sono o meglio erano valide solamente per l'ici, ma non più valide per quanto riguarda l'imu... Sarebbe bene sapere dov'è scritta questa cosa qua, visto che la procedura "unità immobiliari unite di fatto" è semplicemente un sistema per equiparare una regolare fusione impedita dalla titolarità diversa. Mi auguro che possa essere considerata perlomeno come pertinenza, secondo questi cervelloni. ciao geoNick
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george_ces
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"daviderap" ha scritto: dopo diverse consultazioni con notai e impiegati all ufficio tributi, si è riscontrato che le porzioni unite di fatto sono o meglio erano valide solamente per l'ici, ma non più valide per quanto riguarda l'imu... Scusate ma questi "soloni" di notai e impiegati dell'ufficio tributi, cosa studiano ??????? L'AdT con nota prot. 15232 del 21/02/2002 esplicava, tra l'altro, proprio i casi in cui vi erano "Unità immobiliari composte da due o più porzioni, sulle quali gravano diritti reali non omogenei", chiarendo che detta operazione è valida per i fini fiscali ... mi chiedo se l'ICI era materia fiscale l'IMU cos'è ???? Mah !!! altre considerazioni ?....
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cavigi83
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Io dovrei fare la fusione di due subalterni di un unico locale commerciale posto su due particelle differenti. Ma mi conviene farlo o no con l'IMU?
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bioffa69
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BRESCIA
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"cavigi83" ha scritto: Io dovrei fare la fusione di due subalterni di un unico locale commerciale posto su due particelle differenti. Ma mi conviene farlo o no con l'IMU? particelle non significa ditte! comunque se intendi dire che procedi con la nota 15232/2002 per porzioni di u.i.u. , visto che hai ditte diverse, non e' questione di convenienza e' questione di correttezza, e' un'unita'? se si procedi con la nota ! Saluti :wink:
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georomano
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Buonasera ragazzi, siamo alle solite!! Un mio cliente, in comunione legale con la moglie, acquista un immobile composto da un piano terra di 50 mq, e dal primo e secondo piano di 100 mq cadauno. Fin qui tutto bene. Il notaio fa la voltura e la ditta risulta marito e moglie 1/2 e 1/2 in comunione legale dei beni. In un secondo momento, gli stessi coniugi decidono di acquistare la restante parte del piano terra di 50 mq al fine di ampliare l'immobile. Il notaio, recandosi solo il marito per il rogito, inserisce solo il suo nome indicando che è in regime di comunione legale con la moglie. Attenzione qui viene il bello. Il notaio compila la voltura e la trascrizione in conservatoria con il solo nome del marito. Di conseguenza in catasto, risulta intestatario solo il marito "proprietario per 1000/1000 in comunione legale dei beni". Dopo il secondo acquisto esegue dei lavori di ristrutturazione dell'intero immobile, e l'u.i. a piano terra comprata per ultimo diventa l'unica cucina dell'abitazione. La zona notte è al primo piano, mentre al secondo si trova una cantinola con terrazzo scoperto. Il piano terra di 50 mq facente parte del primo acquisto lo adibisce ad autorimessa. A giugno viene in ufficio da me per sistemare a livello catastale l'immobile, composto da più u.i.. Notato l'errore dell'intestazione dell'ultimo immobile acquistato, mi reco in catasto e presento un'istanza per rettificare la ditta allegando copia dell'atto d'acquisto. Dopo un po di giorni mi riaffaccio in catasto per sapere l'esito della suddetta e mi comunicano che è stata rigettata poiché si sarebbe creato un disallineamento con la banca dati della conservatoria, per via della sola presenza del nome del marito in atto, dicendomi inoltre che solo un atto a rettifica avrebbe sistemato le cose. Alché mando il cliente dal notaio che prontamente fa presente che c'è una "bella" parcella per l'atto a rettifica. Scoraggiato, ritorna da me e mi chiede una soluzione meno onerosa. Gli propongo di accatastare per porzioni di u.i. così come previsto dalla nota dell'adt prot. n.15232 del 21/02/2002, rassicurandolo che avrebbe pagato entrambe le u.i. come prima casa (beata incoscienza!). Veniamo ad oggi. Mi ritorna sabato mattina dicendomi che il suo commercialista gli ha considerato una delle due u.i. unite di fatto come seconda casa!! E giustamente mi vorrebbe pure picchiare. Chiamo il suo commercialista spiegandogli i motivi della scelta della modalità di accatastamento e che le due u.i. sono funzionali solo con un utilizzo unitario (non si può pagare il vano cucina come seconda casa DAIIII!). Lui niente, non ne vuole sapere. Ok, mi reco anche dal dirigente dell'ufficio tributi del comune della mia città ed anche lui dice le stesse cose. Interpello quello di un comune vicino e pure lui dice le stesse cose. Mi sento come l'attrice protagonista del film INVASION. L'avete mai visto? Tutti gli umani infettati pensavano con un'unica mente XD. Ci sono alcuni comuni virtuosi che hanno pubblicato sul web delle faq o comunque delle note esplicative che diradano queste dubbie interpretazioni dandomi ragione (forse sono immuni dal virus?). Voi cosa ne pensate? Se dico al cliente che loro hanno ragione ho perso il cliente, ma se continuo a dire che ho ragione e gli faccio pagare entrambe le u.i. come prima casa rischio anche di pagargli i danni di un eventuale accertamento. Che faccio? Come vi comportereste?
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totonno
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"georomano" ha scritto: Buonasera ragazzi, siamo alle solite!! Un mio cliente, in comunione legale con la moglie, acquista un immobile composto da un piano terra di 50 mq, e dal primo e secondo piano di 100 mq cadauno. Fin qui tutto bene. Il notaio fa la voltura e la ditta risulta marito e moglie 1/2 e 1/2 in comunione legale dei beni. In un secondo momento, gli stessi coniugi decidono di acquistare la restante parte del piano terra di 50 mq al fine di ampliare l'immobile. Il notaio, recandosi solo il marito per il rogito, inserisce solo il suo nome indicando che è in regime di comunione legale con la moglie. Attenzione qui viene il bello. Il notaio compila la voltura e la trascrizione in conservatoria con il solo nome del marito. Di conseguenza in catasto, risulta intestatario solo il marito "proprietario per 1000/1000 in comunione legale dei beni". Dopo il secondo acquisto esegue dei lavori di ristrutturazione dell'intero immobile, e l'u.i. a piano terra comprata per ultimo diventa l'unica cucina dell'abitazione. La zona notte è al primo piano, mentre al secondo si trova una cantinola con terrazzo scoperto. Il piano terra di 50 mq facente parte del primo acquisto lo adibisce ad autorimessa. A giugno viene in ufficio da me per sistemare a livello catastale l'immobile, composto da più u.i.. Notato l'errore dell'intestazione dell'ultimo immobile acquistato, mi reco in catasto e presento un'istanza per rettificare la ditta allegando copia dell'atto d'acquisto. Dopo un po di giorni mi riaffaccio in catasto per sapere l'esito della suddetta e mi comunicano che è stata rigettata poiché si sarebbe creato un disallineamento con la banca dati della conservatoria, per via della sola presenza del nome del marito in atto, dicendomi inoltre che solo un atto a rettifica avrebbe sistemato le cose. Alché mando il cliente dal notaio che prontamente fa presente che c'è una "bella" parcella per l'atto a rettifica. Scoraggiato, ritorna da me e mi chiede una soluzione meno onerosa. Gli propongo di accatastare per porzioni di u.i. così come previsto dalla nota dell'adt prot. n.15232 del 21/02/2002, rassicurandolo che avrebbe pagato entrambe le u.i. come prima casa (beata incoscienza!). Veniamo ad oggi. Mi ritorna sabato mattina dicendomi che il suo commercialista gli ha considerato una delle due u.i. unite di fatto come seconda casa!! E giustamente mi vorrebbe pure picchiare. Chiamo il suo commercialista spiegandogli i motivi della scelta della modalità di accatastamento e che le due u.i. sono funzionali solo con un utilizzo unitario (non si può pagare il vano cucina come seconda casa DAIIII!). Lui niente, non ne vuole sapere. Ok, mi reco anche dal dirigente dell'ufficio tributi del comune della mia città ed anche lui dice le stesse cose. Interpello quello di un comune vicino e pure lui dice le stesse cose. Mi sento come l'attrice protagonista del film INVASION. L'avete mai visto? Tutti gli umani infettati pensavano con un'unica mente XD. Ci sono alcuni comuni virtuosi che hanno pubblicato sul web delle faq o comunque delle note esplicative che diradano queste dubbie interpretazioni dandomi ragione (forse sono immuni dal virus?). Voi cosa ne pensate? Se dico al cliente che loro hanno ragione ho perso il cliente, ma se continuo a dire che ho ragione e gli faccio pagare entrambe le u.i. come prima casa rischio anche di pagargli i danni di un eventuale accertamento. Che faccio? Come vi comportereste? Deve fare un atto a rettifica dal Notaio, il quale però ha delle belle responsabilità, in quanto ha commesso una leggerezza grave e per questo ne deve rispondere e non se la può cavare chiedendo compenso per la correzione di un errore ad egli imputabile: ha trascritto un atto non tenendo conto che entrambi i coniugi in comunione legale dei beni hanno diritti sull'immobile e non può escludere uno dei due dall'atto di acquisto solo perchè questi era assente. Comunque va letto bene l'atto. A volte il coniuge sottoscrivente dichiara che il bene è acquistato con denaro proveniente da beni avuti prima del matrimonio o in eredità familiari personali, escludendo per propria dichiarazione l'altro coniuge, nonostante la comunione dei beni. Il resto è tempo perso, perchè le unità unite di fatto, nonostante il fatto, sono due e non una. Saluti.
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SIMBA64
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"totonno" ha scritto: "georomano" ha scritto: Buonasera ragazzi, siamo alle solite!! Un mio cliente, in comunione legale con la moglie, acquista un immobile composto da un piano terra di 50 mq, e dal primo e secondo piano di 100 mq cadauno. Fin qui tutto bene. Il notaio fa la voltura e la ditta risulta marito e moglie 1/2 e 1/2 in comunione legale dei beni. In un secondo momento, gli stessi coniugi decidono di acquistare la restante parte del piano terra di 50 mq al fine di ampliare l'immobile. Il notaio, recandosi solo il marito per il rogito, inserisce solo il suo nome indicando che è in regime di comunione legale con la moglie. Attenzione qui viene il bello. Il notaio compila la voltura e la trascrizione in conservatoria con il solo nome del marito. Di conseguenza in catasto, risulta intestatario solo il marito "proprietario per 1000/1000 in comunione legale dei beni". Dopo il secondo acquisto esegue dei lavori di ristrutturazione dell'intero immobile, e l'u.i. a piano terra comprata per ultimo diventa l'unica cucina dell'abitazione. La zona notte è al primo piano, mentre al secondo si trova una cantinola con terrazzo scoperto. Il piano terra di 50 mq facente parte del primo acquisto lo adibisce ad autorimessa. A giugno viene in ufficio da me per sistemare a livello catastale l'immobile, composto da più u.i.. Notato l'errore dell'intestazione dell'ultimo immobile acquistato, mi reco in catasto e presento un'istanza per rettificare la ditta allegando copia dell'atto d'acquisto. Dopo un po di giorni mi riaffaccio in catasto per sapere l'esito della suddetta e mi comunicano che è stata rigettata poiché si sarebbe creato un disallineamento con la banca dati della conservatoria, per via della sola presenza del nome del marito in atto, dicendomi inoltre che solo un atto a rettifica avrebbe sistemato le cose. Alché mando il cliente dal notaio che prontamente fa presente che c'è una "bella" parcella per l'atto a rettifica. Scoraggiato, ritorna da me e mi chiede una soluzione meno onerosa. Gli propongo di accatastare per porzioni di u.i. così come previsto dalla nota dell'adt prot. n.15232 del 21/02/2002, rassicurandolo che avrebbe pagato entrambe le u.i. come prima casa (beata incoscienza!). Veniamo ad oggi. Mi ritorna sabato mattina dicendomi che il suo commercialista gli ha considerato una delle due u.i. unite di fatto come seconda casa!! E giustamente mi vorrebbe pure picchiare. Chiamo il suo commercialista spiegandogli i motivi della scelta della modalità di accatastamento e che le due u.i. sono funzionali solo con un utilizzo unitario (non si può pagare il vano cucina come seconda casa DAIIII!). Lui niente, non ne vuole sapere. Ok, mi reco anche dal dirigente dell'ufficio tributi del comune della mia città ed anche lui dice le stesse cose. Interpello quello di un comune vicino e pure lui dice le stesse cose. Mi sento come l'attrice protagonista del film INVASION. L'avete mai visto? Tutti gli umani infettati pensavano con un'unica mente XD. Ci sono alcuni comuni virtuosi che hanno pubblicato sul web delle faq o comunque delle note esplicative che diradano queste dubbie interpretazioni dandomi ragione (forse sono immuni dal virus?). Voi cosa ne pensate? Se dico al cliente che loro hanno ragione ho perso il cliente, ma se continuo a dire che ho ragione e gli faccio pagare entrambe le u.i. come prima casa rischio anche di pagargli i danni di un eventuale accertamento. Che faccio? Come vi comportereste? Deve fare un atto a rettifica dal Notaio, il quale però ha delle belle responsabilità, in quanto ha commesso una leggerezza grave e per questo ne deve rispondere e non se la può cavare chiedendo compenso per la correzione di un errore ad egli imputabile: ha trascritto un atto non tenendo conto che entrambi i coniugi in comunione legale dei beni hanno diritti sull'immobile e non può escludere uno dei due dall'atto di acquisto solo perchè questi era assente. Comunque va letto bene l'atto. A volte il coniuge sottoscrivente dichiara che il bene è acquistato con denaro proveniente da beni avuti prima del matrimonio o in eredità familiari personali, escludendo per propria dichiarazione l'altro coniuge, nonostante la comunione dei beni. Il resto è tempo perso, perchè le unità unite di fatto, nonostante il fatto, sono due e non una. Saluti. Ciao Antonio Per come la vedo io, il notaio non ha sbagliato l'atto, ma ha sbagliato la nota di trascizione, per cui dovrà rettificare la nota e non l'atto. Sinceramente non mi sono mai inbattuto in una nota di trascrizione sbagliata, ma penso che sia meno oneroso rettificare una nota che un'atto pubblico. Poi il notaio non è esente da responsabilità, perchè normativamente la trascrizione deve rispettare la volonta dell'atto pubblico, ed anche la nota di voltura delle rispettare la volontà dell'atto, quello che non ha fatto il notaio, altrimenti il triangolo non si chiude (atto-nota-voltura) Comunque sono d'accordo che è meglio analizzare molto attentamente l'atto pubblico, perchè magari può sfuggire qualcosa che si da per scontato. Saluti attenti
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totonno
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"SIMBA64 ha scritto: Ciao Antonio Per come la vedo io, il notaio non ha sbagliato l'atto, ma ha sbagliato la nota di trascizione, per cui dovrà rettificare la nota e non l'atto. Sinceramente non mi sono mai inbattuto in una nota di trascrizione sbagliata, ma penso che sia meno oneroso rettificare una nota che un'atto pubblico. Poi il notaio non è esente da responsabilità, perchè normativamente la trascrizione deve rispettare la volonta dell'atto pubblico, ed anche la nota di voltura delle rispettare la volontà dell'atto, quello che non ha fatto il notaio, altrimenti il triangolo non si chiude (atto-nota-voltura) Comunque sono d'accordo che è meglio analizzare molto attentamente l'atto pubblico, perchè magari può sfuggire qualcosa che si da per scontato. Saluti attenti La trascrizione segue l'atto ed in genere riporta pari pari l'oggetto del trasferimento, le pattuizioni e gli accordi sostanziali ed i soggetti sottoscriventi indicati nell'atto, per cui dò per quasi certo che sia sbagliato l'atto il quale evidentemente non riporta lo stato civile, o lo riporta erroneamente, di uno o di tutti i soggetti, e poi di seguito tutti gli altri adempimenti che ne conseguono.
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SIMBA64
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"totonno" ha scritto: "SIMBA64 ha scritto: Ciao Antonio Per come la vedo io, il notaio non ha sbagliato l'atto, ma ha sbagliato la nota di trascizione, per cui dovrà rettificare la nota e non l'atto. Sinceramente non mi sono mai inbattuto in una nota di trascrizione sbagliata, ma penso che sia meno oneroso rettificare una nota che un'atto pubblico. Poi il notaio non è esente da responsabilità, perchè normativamente la trascrizione deve rispettare la volonta dell'atto pubblico, ed anche la nota di voltura delle rispettare la volontà dell'atto, quello che non ha fatto il notaio, altrimenti il triangolo non si chiude (atto-nota-voltura) Comunque sono d'accordo che è meglio analizzare molto attentamente l'atto pubblico, perchè magari può sfuggire qualcosa che si da per scontato. Saluti attenti La trascrizione segue l'atto ed in genere riporta pari pari l'oggetto del trasferimento, le pattuizioni e gli accordi sostanziali ed i soggetti sottoscriventi indicati nell'atto, per cui dò per quasi certo che sia sbagliato l'atto il quale evidentemente non riporta lo stato civile, o lo riporta erroneamente, di uno o di tutti i soggetti, e poi di seguito tutti gli altri adempimenti che ne conseguono. Grazie Antonio della ulteriore tua precisazione, ma almeno un salutino potevi anche darmelo. Ciao amico mio
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totonno
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"SIMBA64" ha scritto:
Grazie Antonio della ulteriore tua precisazione, ma almeno un salutino potevi anche darmelo. Ciao amico mio Scusa. Stefano, sono mortificato....... Grandiosi Saluti e tanti, ma tanti, AUGURI DI BUON NATALE !!!
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georomano
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"totonno" ha scritto: "georomano" ha scritto: Buonasera ragazzi, siamo alle solite!! Un mio cliente, in comunione legale con la moglie, acquista un immobile composto da un piano terra di 50 mq, e dal primo e secondo piano di 100 mq cadauno. Fin qui tutto bene. Il notaio fa la voltura e la ditta risulta marito e moglie 1/2 e 1/2 in comunione legale dei beni. In un secondo momento, gli stessi coniugi decidono di acquistare la restante parte del piano terra di 50 mq al fine di ampliare l'immobile. Il notaio, recandosi solo il marito per il rogito, inserisce solo il suo nome indicando che è in regime di comunione legale con la moglie. Attenzione qui viene il bello. Il notaio compila la voltura e la trascrizione in conservatoria con il solo nome del marito. Di conseguenza in catasto, risulta intestatario solo il marito "proprietario per 1000/1000 in comunione legale dei beni". Dopo il secondo acquisto esegue dei lavori di ristrutturazione dell'intero immobile, e l'u.i. a piano terra comprata per ultimo diventa l'unica cucina dell'abitazione. La zona notte è al primo piano, mentre al secondo si trova una cantinola con terrazzo scoperto. Il piano terra di 50 mq facente parte del primo acquisto lo adibisce ad autorimessa. A giugno viene in ufficio da me per sistemare a livello catastale l'immobile, composto da più u.i.. Notato l'errore dell'intestazione dell'ultimo immobile acquistato, mi reco in catasto e presento un'istanza per rettificare la ditta allegando copia dell'atto d'acquisto. Dopo un po di giorni mi riaffaccio in catasto per sapere l'esito della suddetta e mi comunicano che è stata rigettata poiché si sarebbe creato un disallineamento con la banca dati della conservatoria, per via della sola presenza del nome del marito in atto, dicendomi inoltre che solo un atto a rettifica avrebbe sistemato le cose. Alché mando il cliente dal notaio che prontamente fa presente che c'è una "bella" parcella per l'atto a rettifica. Scoraggiato, ritorna da me e mi chiede una soluzione meno onerosa. Gli propongo di accatastare per porzioni di u.i. così come previsto dalla nota dell'adt prot. n.15232 del 21/02/2002, rassicurandolo che avrebbe pagato entrambe le u.i. come prima casa (beata incoscienza!). Veniamo ad oggi. Mi ritorna sabato mattina dicendomi che il suo commercialista gli ha considerato una delle due u.i. unite di fatto come seconda casa!! E giustamente mi vorrebbe pure picchiare. Chiamo il suo commercialista spiegandogli i motivi della scelta della modalità di accatastamento e che le due u.i. sono funzionali solo con un utilizzo unitario (non si può pagare il vano cucina come seconda casa DAIIII!). Lui niente, non ne vuole sapere. Ok, mi reco anche dal dirigente dell'ufficio tributi del comune della mia città ed anche lui dice le stesse cose. Interpello quello di un comune vicino e pure lui dice le stesse cose. Mi sento come l'attrice protagonista del film INVASION. L'avete mai visto? Tutti gli umani infettati pensavano con un'unica mente XD. Ci sono alcuni comuni virtuosi che hanno pubblicato sul web delle faq o comunque delle note esplicative che diradano queste dubbie interpretazioni dandomi ragione (forse sono immuni dal virus?). Voi cosa ne pensate? Se dico al cliente che loro hanno ragione ho perso il cliente, ma se continuo a dire che ho ragione e gli faccio pagare entrambe le u.i. come prima casa rischio anche di pagargli i danni di un eventuale accertamento. Che faccio? Come vi comportereste? Deve fare un atto a rettifica dal Notaio, il quale però ha delle belle responsabilità, in quanto ha commesso una leggerezza grave e per questo ne deve rispondere e non se la può cavare chiedendo compenso per la correzione di un errore ad egli imputabile: ha trascritto un atto non tenendo conto che entrambi i coniugi in comunione legale dei beni hanno diritti sull'immobile e non può escludere uno dei due dall'atto di acquisto solo perchè questi era assente. Comunque va letto bene l'atto. A volte il coniuge sottoscrivente dichiara che il bene è acquistato con denaro proveniente da beni avuti prima del matrimonio o in eredità familiari personali, escludendo per propria dichiarazione l'altro coniuge, nonostante la comunione dei beni. Il resto è tempo perso, perchè le unità unite di fatto, nonostante il fatto, sono due e non una. Saluti. L'atto l'ho letto bene e dice: "i signori XX ... vendono e trasferiscono al signor X, che, in regime di comunione legale dei beni, accetta ed acquista l'immobile di seguito descritto ....". Detto questo (il notaio non ne vuole sapere di addossarsi la responsabilità per motivi dei quali io sono all'oscuro) vorrei focalizzare l'attenzione sul secondo quesito. Sulle porzioni di u.i. considerate uno prima casa e l'altro seconda. Ho trovato un articolo sul sito del Sole24Ore che mi da ragione: www.ilsole24ore.com/art/norme-e-tributi/... Vorrei approfondire la questione poichè penso sia un'ingiustizia grandissima. Possibile che i Collegi o Albi dei professionisti non abbiano evidenziato tale errore? Buona giornata.
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