guarda un pò questo stralcio che ho ricavato da un articolo scritto non ricordo da chi.
I muri di cinta
Un'ulteriore aspetto che si reputa necessario dover approfondire riguarda la applicabilità, o meno, della normativa in materia di distanze legali anche ai cosiddetti ^muri di cinta^.
La disposizione da prendere in considerazione è data dall'art. 878 cod. civ. il quale, al primo comma, dispone che "il muro di cinta o ogni altro muro isolato che non abbia una altezza superiore ai tre metri non è considerato per il computo della distanza indicata dall'articolo 873 ".
Orbene, il muro di cinta è un muro che recinge il fondo, separandolo dal vicino per ragioni di sicurezza, igiene e protezione dai venti.
Vi è anche da dire che al muro di cinta viene equiparato ogni altro muro isolato che, però, non presenti un'altezza superiore ai tre metri, laddove per muro isolato si intende quel muro che non fa corpo con un edificio e mira esclusivamente alla chiusura del fondo (F. MESSINEO, Manuale di diritto civile e commerciale, Milano, 1965, 360).
Perché si applichi la norma in questione, il muro di cinta deve necessariamente possedere tre requisiti essenziali:
- essere fondamentalmente destinato a recingere una determinata proprietà allo scopo di separarla dalle altre, custodirla e difenderla da eventuali intrusioni;
- non superare l'altezza di tre metri;
- costituire un muro isolato, le cui facce, cioè, emergano dal suolo e siano isolate da ogni costruzione.
Per contro, quei muri i quali non abbiano le caratteristiche e gli scopi del muro di cinta, ed i muri a questo parificati, per il combinato disposto degli artt. 873 e 878 cod. civ., costituiscono muri di fabbrica agli effetti delle distanze legali (in giurisprudenza, si veda Cassazione civile, sez. II, 2 febbraio 2000, n. 1134, in Giust. civ. Mass., 2000, 213).
Tuttavia, ai fini della qualificazione come muro di cinta, in ordine al requisito della destinazione, deve farsi riferimento alla ^funzione prevalente^ alla quale lo stesso assolve.
Pertanto, la Suprema Corte non ha escluso la qualifica di muro di cinta ove il medesimo eserciti una funzione di appoggio ad una parte accessoria della costruzione, senza comportare un accrescimento e consolidamento della sua originaria consistenza (Cassazione civile, sez. II, 25 marzo 1987, n. 2887, in Giust. civ. Mass., 1987, fasc. 3).
Ed ancora, in giurisprudenza è stato riconosciuto che la normativa che rende esenti dal rispetto delle distanze tra le costruzioni "si applica anche nel caso in cui si abbia un manufatto in tutto o in parte carente di alcune di esse, purché sia idoneo a delimitare un fondo e gli possa ugualmente essere riconosciuta la funzione di utilità di demarcare la linea di confine e di recingere il fondo" (Cassazione civile, sez. II, 25 giugno 2001, n. 8671, in Giust. civ. Mass., 2001, 1260).
Ci si potrebbe a questo punto domandare quale sia la ratio sottesa alla norma in esame.
La summenzionata ratio dell'esonero dei muri di cinta dall'obbligo delle distanze è rintracciabile nella circostanza che i muri di cinta sono considerati dalla legge come mezzi di demarcazione della linea di confine e di chiusura della proprietà (F. DE MARTINO, Della proprietà, in Commentario del codice civile, (a cura di) A. SCIALOJA, G. BRANCA,Bologna, 1983, 300).
Viene, infatti, ulteriormente precisato in giurisprudenza che il muro di cinta, pur essendo una costruzione in senso materiale, non può essere considerato tale ai fini delle distanze legali proprio a causa della mancanza di autonomia strutturale che gli impedisce di creare intercapedini dannose tra i volumi (Cassazione civile, sez. II, 15 gennaio 1997, in Giust. civ. Mass., 1997, 63).
Fondi a dislivello e muri di contenimento
Nell'analisi della normativa specificamente approntata dal legislatore in tema di distanze nelle costruzioni, da ultimo ci si sofferma altresì sui principali orientamenti dottrinali e giurisprudenziali riscontrati con riferimento alla tematica dei ^muri di contenimento^.
A tale proposito, parte della dottrina ha definito i muri di contenimento come costruzioni in senso stretto in quanto vengono considerati come quei muri che da un lato sono interrati e dall'altro emergono dalla terra (G. L. MENGOLI, Manuale di diritto urbanistico, Milano, 1997, 663).
Prendendo in considerazione da un lato il muro di contenimento e, dall'altro, il muro di cinta è evidente, alla luce dell'analisi sin qui condotta, la sussistenza di una differenza tra le due tipologie di muri.
Infatti, il muro di cinta si caratterizza per la sua prevalente destinazione alla protezione di una data proprietà da possibili invadenze compiute da estranei e, quindi, alla delimitazione delle proprietà e, solo in via secondaria, può assolvere anche alla funzione di contenimento e di sostegno, e cioè nell'ipoteso in cui i fondi confinanti si trovino a dislivello (Cassazione civile, sez. II, 5 febbraio 1982, n. 672, in Giust. civ. Mass., 1982, fasc. 2).
A questo punto ci si potrebbe domandare quali siano le caratteristiche che rendono un muro di contenimento assoggettabile, o meno, alla disciplina approntata per le distanze legali nelle costruzioni.
A tale proposito, il criterio a fronte del quale i surriferiti muri sono idonei ad essere ricompresi nell'alveo delle ^costruzioni^ in senso stretto è strettamente connaturato all'essere il muro di contenimento posto tra fondi a dislivello, laddove la funzione di contenimento sia esplicata in relazione, non al naturale declivio del terreno, ma bensì riguardi un terreno creato artificialmente con l'apporto di terra e pietrame potendo, in relazione a tali caratteristiche, essere considerato come costruzione assoggettabile alla disciplina delle distanze (Cassazione civile, sez. II, 14 febbraio 1994, n. 1467, in Giust. civ. Mass., 1994, 158).
A conferma del principio poc'anzi richiamato, la Suprema Corte ha, infatti, stabilito che "in tema di muri di cinta tra fondi a dislivello, qualora l'andamento altimetrico del piano di campagna - originariamente livellato sul confine tra due fondi - sia stato artificialmente modificato, deve ritenersi che il muro di cinta abbia la funzione di contenere un terrapieno creato "ex novo" dall'opera dell'uomo e vada, per l'effetto, equiparato a un muro di fabbrica, come tale assoggettato al rispetto delle distanze legali tra costruzioni" (Cassazione civile, sez. II, 24 giugno 2003, n. 9998, in Giust. civ. Mass., 2003, f. 6).
La giurisprudenza di legittimità ha, ad esempio, considerato l'ipotesi del muro di contenimento realizzato per evitare smottamenti o frane e, con riferimento a tale caso, ha negato la ricomprensibilità di un simile tipo di muro nell'alveo delle ^costruzioni^ in senso stretto (Cassazione civile, sez. II, 21 maggio 1997, n. 4541, in Giust. civ. Mass., 1997, 806).
Ma vi è di più.
Infatti, la Corte di Cassazione ha ritenuto che in presenza di due fondi a dislivello, il muro di contenimento esteso dalle fondamenta al livello del suolo del fondo superiore non è soggetto alla disciplina delle distanze legali, qualunque sia l'altezza della scarpata o del terrapieno naturali.
Allorquando, invece, il suddetto muro si innalzi oltre il piano del fondo sovrastante e, per tale maggiore estenzione, non abbia più la funzione di contenimento del terreno, costituisce, per l'anzidetta altezza, costruzione autonomamente apprezzabile ai fini della disciplina delle distanze legali (Cassazione civile, sez. II, 15 ottobre 1983, n. 6060, in Riv. giur. edilizia, 1983, I, 918).
scusate la lunghezza, spero ti possa essere utile
cordialità