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Argomento: La profondità della poesia

Autore Risposta

geocinel
Carlo Cinelli
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Lamporecchio (PT) - geocinel@tin.it

 0 -  0 - Inviato: 31 Dicembre 2018 alle ore 18:27

Non solo poesie ma anche pensieri:

«È qui dunque lo scopo più importante della formazione scout: educare. Non istruire, si badi bene, ma educare; cioè spingere il ragazzo ad apprendere da sé, di sua spontanea volontà, ciò che gli serve per formarsi una propria personalità.»

(Robert Baden-Powell)

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Carlo Cinelli

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marcusweit

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 0 -  0 - Inviato: 02 Gennaio 2019 alle ore 19:19

Il matrimonio...
E come ipotesi di reato,
stringe sui neuroni,
affloscia gli ormoni,
e detiene il record di omicidi..

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amastria

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 0 -  0 - Inviato: 03 Gennaio 2019 alle ore 11:47

Favola di Piergiorgio Scivoletto (*)

(*) Piergiorgio Scivoletto è un autore di Torino, scrive racconti e poesie.


C’era una volta in un paese, dove i valori erano derisi e sognare era considerato ridicolo, una strana persona dal nome “il Fabbricante di Sogni”.

Egli creava stelle con le idee, note con un fischietto, e carezze con lo sguardo. Dava al vento onestà e acqua al fuoco. I suoi desideri, erano cullati dalla luna incorniciata da mille stelle d’argento.

Egli si sorreggeva con determinazione ai tuoi ideali e desideri più puri; tu credevi in lui e ai suoi incredibili sogni e lui contraccambiava mostrando una forte fiducia in te.

Non tutti però in paese mostravano stima per questo sognatore. Una buona parte dei suoi paesani spesso lo criticava ridendo di lui e dei suoi particolari sogni.

Intanto in paese gli anni passarono senza pietà tra il nulla e la disperazione; ma il bene si trova anche nel male, come l’antidoto che contiene il veleno.

E così il nostro eroe stanco di tutto ciò decise, in una fredda ma limpida notte d’inverno dove il vento sapeva di cristallo, di costruire un sogno a forma di lunga e irta scala per conseguire la remota Stella Universale. Si narra che questo corpo celeste fosse capace di: trasformare, dare forza, offrire aiuto e aprire la mente a chiunque la toccasse.

Terminato il duro lavoro il visionario costruttore, facendosi coraggio, salì sulla scala per raggiungere il desiderato astro. Passo dopo passo, scalino dopo scalino, tutto sembrava a posto ma, un paio di sinistri scricchiolii dicevano il contrario.

A metà strada la scala si ruppe in due e il Fabbricante di Sogni cadde nell’infinito più oscuro, dove il tempo e lo spazio sono vortici di nuvole gassose.

Questo triste avvenimento non passò inosservato. Infatti, capendo che in fondo nulla è impossibile, alcuni onesti abitanti di questo triste paese incominciarono a raccogliere, tra gli scherni di alcuni compaesani, i resti della scala creata con tanta fatica dal Fabbricante di Sogni. Riunendone i pezzi con chiodi e pazienza e rinforzando il tutto con una magica colla fatta di regole e valori, riuscirono pian piano a ridargli l’aspetto iniziale aumentandone perfino la sua solidità.

Si racconta che qualche strano sognatore, abbia iniziato a salire alcuni scalini di questa particolare scala per raggiungere la tanto amata Stella Universale e tentare di migliorare le cose; o perlomeno poter dire a quelli che non osano fare, di averci almeno provato seguendo l’esempio dato dal Fabbricante di Sogni.

Questa storia per il momento finisce qui.

Possiamo tranquillamente dire che, il lavoro svolto dal Fabbricante di Sogni non è stato vano.

Egli inventò una scala per sperare e per sognare in un paese dove nessuno osava più farlo, riuscendo a sua volta a far sognare chi non ne era più capace.

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geocinel
Carlo Cinelli
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Lamporecchio (PT) - geocinel@tin.it

 0 -  0 - Inviato: 07 Gennaio 2019 alle ore 13:08

"amastria" ha scritto:
Favola di Piergiorgio Scivoletto (*)

(*) Piergiorgio Scivoletto è un autore di Torino, scrive racconti e poesie.


C’era una volta in un paese, dove i valori erano derisi e sognare era considerato ridicolo, una strana persona dal nome “il Fabbricante di Sogni”.

Egli creava stelle con le idee, note con un fischietto, e carezze con lo sguardo. Dava al vento onestà e acqua al fuoco. I suoi desideri, erano cullati dalla luna incorniciata da mille stelle d’argento.

Egli si sorreggeva con determinazione ai tuoi ideali e desideri più puri; tu credevi in lui e ai suoi incredibili sogni e lui contraccambiava mostrando una forte fiducia in te.

Non tutti però in paese mostravano stima per questo sognatore. Una buona parte dei suoi paesani spesso lo criticava ridendo di lui e dei suoi particolari sogni.

Intanto in paese gli anni passarono senza pietà tra il nulla e la disperazione; ma il bene si trova anche nel male, come l’antidoto che contiene il veleno.

E così il nostro eroe stanco di tutto ciò decise, in una fredda ma limpida notte d’inverno dove il vento sapeva di cristallo, di costruire un sogno a forma di lunga e irta scala per conseguire la remota Stella Universale. Si narra che questo corpo celeste fosse capace di: trasformare, dare forza, offrire aiuto e aprire la mente a chiunque la toccasse.

Terminato il duro lavoro il visionario costruttore, facendosi coraggio, salì sulla scala per raggiungere il desiderato astro. Passo dopo passo, scalino dopo scalino, tutto sembrava a posto ma, un paio di sinistri scricchiolii dicevano il contrario.

A metà strada la scala si ruppe in due e il Fabbricante di Sogni cadde nell’infinito più oscuro, dove il tempo e lo spazio sono vortici di nuvole gassose.

Questo triste avvenimento non passò inosservato. Infatti, capendo che in fondo nulla è impossibile, alcuni onesti abitanti di questo triste paese incominciarono a raccogliere, tra gli scherni di alcuni compaesani, i resti della scala creata con tanta fatica dal Fabbricante di Sogni. Riunendone i pezzi con chiodi e pazienza e rinforzando il tutto con una magica colla fatta di regole e valori, riuscirono pian piano a ridargli l’aspetto iniziale aumentandone perfino la sua solidità.

Si racconta che qualche strano sognatore, abbia iniziato a salire alcuni scalini di questa particolare scala per raggiungere la tanto amata Stella Universale e tentare di migliorare le cose; o perlomeno poter dire a quelli che non osano fare, di averci almeno provato seguendo l’esempio dato dal Fabbricante di Sogni.

Questa storia per il momento finisce qui.

Possiamo tranquillamente dire che, il lavoro svolto dal Fabbricante di Sogni non è stato vano.

Egli inventò una scala per sperare e per sognare in un paese dove nessuno osava più farlo, riuscendo a sua volta a far sognare chi non ne era più capace.



Grazie Amastria

Molto bella anche se in qualche passaggio mi ricorda il Piccolo Principe.

Cordialmente

Carlo Cinelli

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geocinel
Carlo Cinelli
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 0 -  0 - Inviato: 05 Aprile 2019 alle ore 09:35

Com'è attuale questa poesia del Giusti, mio conterraneo.

I più tirano i meno.

(Proverbio)

Che i più tirano i meno è verità,
Posto che sia nei più senno e virtù;
Ma i meno, caro mio, tirano i più,
Se i più trattiene inerzia o asinità.

Quando un intero popolo ti dà
Sostegno di parole e nulla più,
Non impedisce che ti butti giù
Di pochi impronti la temerità.

Fingi che quattro mi bastonin qui,
E lì ci sien dugento a dire: ohibò!
Senza scrollarsi o muoversi di lì;

E poi sappimi dir come starò
Con quattro indiavolati a far di sì,
Con dugento citrulli a dir di no.

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rubino
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 0 -  0 - Inviato: 22 Aprile 2019 alle ore 12:36

Prima che l'ultima fetta di salame venga infilzata, prima che un buon caffè chiuda il pranzo di Pasquetta, permettetemi di salutarvi, con il mio conterraneo Quinto Orazio Flacco, pensandovi sereni fra le persone a cui volete bene. Noi la pensiamo così:


Hor. carm. 1,11

Tu non domandare – è un male saperlo –

quale sia l’ultimo giorno che gli dei, Leuconoe, hanno dato a te ed a me,

e non tentare gli oroscopi di Babilonia.

Quanto è meglio accettare qualunque cosa verrà!

Sia che sia questo inverno – che ora stanca il mare Tirreno sulle opposte scogliere –

l’ultimo che Giove ti ha concesso,

sia che te ne abbia concessi ancora parecchi, sii saggia,

filtra il vino e taglia speranze eccessive,

perché breve è il cammino che ci viene concesso.

Mentre parliamo, già sarà fuggito il tempo invidioso:

cogli il giorno, fidandoti il meno possibile del domani.



https://mediterraneoantico.it/articoli...



Tu ne quaesieris, scire nefas, quem mihi, quem tibi

finem di dederint, Leuconoe, nec Babylonios

temptaris numeros. ut melius, quidquid erit, pati.

seu pluris hiemes seu tribuit Iuppiter ultimam,

quae nunc oppositis debilitat pumicibus mare 5

Tyrrhenum: sapias, vina liques, et spatio brevi

spem longam reseces. dum loquimur, fugerit invida

aetas: carpe diem quam minimum credula postero.



https://www.pixelicious.it/2016/04/21/...

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uccellaccio

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 0 -  0 - Inviato: 19 Novembre 2019 alle ore 21:45

Il problema dell'umanità

è che gli stupidi sono strasicuri

mentre gli intelligenti

sono pieni di dubbi.



Bertrand Russell

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uccellino

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 0 -  0 - Inviato: 21 Dicembre 2019 alle ore 10:06

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rubino
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 0 -  0 - Inviato: 12 Marzo 2022 alle ore 11:12

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geoalfa

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 0 -  0 - Inviato: 13 Marzo 2022 alle ore 09:55

Concordo con tutti e .... vi rimando l'ivito:

www.geolive.org/forum/altro/dopolavoro-t...

PACE e CORDIALITA'

Gianni detto geoalfa

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rubino
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 0 -  0 - Inviato: 05 Settembre 2022 alle ore 17:04

Raffaele Viviani. Fravecature, 1930.

www.youtube.com/watch?v=wr7kLPkDRy4

All’acqua e a ‘o sole fràveca
cu na cucchiara ‘mmano,
pe’ ll’aria ‘ncopp’a n’anneto,
fore a nu quinto piano.

Nu pede miso fauzo,
nu muvimento stuorto,
e fa nu vuolo ‘e l’angelo:
primma c’arriva, è muorto.

Nu strillo; e po’ n’accorrere:
gente e fravecature.
– Risciata ancora… È Ruoppolo!
Tene ddoie criature!

L’aizano e s’ ‘o portano
cu na carretta a mano.
Se move ancora ll’anneto
fore d’ ‘o quinto piano.

E passa stu sparpetuo,
cchiú d’uno corre appriesso;
e n’ato, ‘ncopp’a n’anneto,
canta e fatica ‘o stesso.

‘Nterra, na pala ‘e cavece
cummoglia ‘a macchia ‘e sango,
e ‘e sghizze se sceréano
cu ‘e scarpe sporche ‘e fango.

Quanno ô spitale arrivano,
la folla è trattenuta,
e chi sape ‘a disgrazia
racconta comm’è gghiuta.

E attuorno, tutt’ ‘o popolo:
– Madonna! – Avite visto?
– D’ ‘o quinto piano! – ‘E Virgine!
– E comme, Giesucristo … ?!

E po’ accumpare pallido
chillo c’ ‘ha accumpagnato:
e, primma ca ce ‘o spiano,
fa segno ca è spirato.

Cu ‘o friddo dint’a ll’anema,
la folla s’alluntana;
‘e lume già s’appicciano;
la via se fa stramana.

E ‘a casa, po’, ‘e manibbele,
muorte, poveri figlie,
mentre magnano, a tavola,
ce ‘o diceno a ‘e famiglie.

‘E mamme ‘e figlie abbracciano,
nu sposo abbraccia ‘a sposa…
E na mugliera trepida,
aspetta, e nn’arreposa.

S’appenne ‘a copp’a ll’asteco;
sente ‘o rilorgio: ‘e nnove!
Se dice nu rusario…
e aspetta e nun se move.

L’acqua p’ ‘o troppo vóllere
s’è strutta ‘int’ ‘a tiana,
‘o ffuoco è fatto cénnere.
Se sente na campana.

E ‘e ppiccerelle chiagneno
pecché vonno magna’:
– Mammà, mettímmo ‘a tavula!
– Si nun vene papà?

‘A porta! Tuzzuléano:
– Foss’ísso? – E va ‘arapi’.
– Chi site? – ‘O capo d’opera.
Ruoppolo abita qui?

– Gnorsì, quacche disgrazia?
Io veco tanta gente…
– Calmateve, vestíteve…
– Madonna! – È cosa ‘e niente.

È sciuliato ‘a l’anneto
d’ ‘o primmo piano. – Uh, Dio!
e sta ô spitale? – E logico.
– Uh, Pascalino mio!

E ddoie criature sbarrano
ll’uocchie senza capi’;
a mamma, disperannose,
nu lampo a se vesti’;

e cchiude ‘a dinto; e scenneno
pe’ grade cu ‘e cerine.
– Donna Rache’! – Maritemo
che ssà, sta ê Pellerine.

È sciuliato ‘a ll’anneto.
Sì, d’ ‘o sicondo piano.
E via facenno st’anneto,
ca saglie chiano chiano.

– Diciteme, spiegateme.
– Curaggio. – È muorto?! – È muorto!
D ‘o quinto piano. ‘All’anneto.
Nu pede miso stuorto.

P’ ‘o schianto, senza chiagnere,
s’abbatte e perde ‘e senze.
È Dio ca vo’ na pausa
a tutte ‘e sufferenze.

E quanno ‘a casa ‘a portano,
trovano ‘e ppiccerelle
‘nterra, addurmute. E luceno
‘nfaccia ddoie lagremelle.



Muratori


di Raffaele Viviani



Sotto la pioggia e al sole lavora il muratore
con in mano la cazzuola
sospeso su un’impalcatura,
fuori, al quinto piano.

Un piede in fallo,
un movimento sghembo,
e vola come un angelo:
prima di giungere, è morto.

Un grido e poi accorrono:
gente e muratori.
– Ancora respira… è Ruoppolo!
Ha due bimbi piccoli!

Lo sollevano e lo allontanano
su una barella a mano.
Si muove ancora l’asse
fuori al quinto pianto.

E passa questo corteo,
più di uno lo rincorre;
mentre un altro, sull’impalcatura
canta e continua a lavorare.

Per terra un mucchio di calce
nasconde la macchia di sangue,
e gli schizzi si diffondono
con le scarpe sporche di fango.

Quando giungono all’ospedale,
la folla resta fuori,
e chi è a conoscenza della disgrazia
racconta com’è accaduta.

E intorno il popolo:
– Madonna! – Avete visto?
– Dal quinto piano! – Vergine…
– E come… Gesù Cristo…

Poi appare, pallido,
chi l’ha accompagnato:
e, prima che gli chiedano,
fa segno che è spirato.

Col freddo nell’anima,
la folla s’allontana;
già si accendono le luci della sera;
la strada diventa tortuosa.

A casa, poi, i compagni
smorti, poveri figli,
lo raccontano alle famiglie
a tavola, mentre mangiano.

Le mamme abbracciano i figli,
lo sposo abbraccia la sposa…
e una moglie, trepidante,
attende e non s’acquieta.

Si affaccia al balcone,
sente l’orologio: le nove!
Recita un rosario…
E aspetta e non si muove.

L’acqua si consuma in pentola
per il troppo bollire,
il fuoco è fatto cenere.
Si sente una campana.

I piccoli piangono
perché vogliono mangiare:
– Mamma, mettiamo a tavola!
– Se non viene papà…

La porta! Bussano:
– È lui? – Va ad aprire.
– Chi siete? – Il capo d’opera.
Ruoppolo abita qui?

– Sì, qualche disgrazia?
Vedo tanta gente…
– Calmatevi, vestitevi…
– Madonna! – Non è successo niente.

– È scivolato dall’impalcatura
dal primo piano. – Uh, Dio!
Ed è all’ospedale? – È logico.
– Uh, Pasqualino mio!

I due piccoli sbarrano gli occhi
senza intendere;
la mamma, disperandosi,
si vestì in un lampo,

e li chiude in casa; e scendendo
i gradini con una candela.
– Donna Rache’ – Mio marito
forse è al Pellegrini.

È scivolato dall’impalcatura.
Sì, dal secondo piano.
E man mano quest’impalcatura
sale piano piano.

– Ditemi, fatemi capire.
– Coraggio. – È morto?! – È morto!
Dal quinto piano. Dall’impalcatura.
Mise un piede in fallo.

Per il dolore, senza piangere,
cade e perde i sensi.
È Dio che dà una pausa
A tutte le sofferenze.

E quando la riaccompagnano a casa,
trovano i piccoli
a terra, addormentati. E brillano
in volto due lacrime.

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rubino
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 0 -  0 - Inviato: 25 Novembre 2022 alle ore 16:45

"rubino" ha scritto:
Oggi, 25 novembre, è la giornata internazionale contro la violenza sulle donne: loro la subiscono e gli uomini la praticano. In un forum frequentato per il 99% da UOMINI, è qui che si deve ricordare a quei bastardi che alzano le mani, che uccidono, che segnano la vita dei loro figli per sempre che anche gli UOMINI si sono stancati di doversi vergonare di esserlo, per colpa loro.


QUELLE COME ME

Quelle come me regalano sogni, anche a costo di rimanerne prive.
Quelle come me donano l’anima,
perché un’anima da sola è come una goccia d’acqua nel deserto.
Quelle come me tendono la mano ed aiutano a rialzarsi,
pur correndo il rischio di cadere a loro volta.
Quelle come me guardano avanti,
anche se il cuore rimane sempre qualche passo indietro.
Quelle come me cercano un senso all’esistere e, quando lo trovano,
tentano d’insegnarlo a chi sta solo sopravvivendo.
Quelle come me quando amano, e amano per sempre.
E quando smettono d’amare è solo perché
piccoli frammenti di essere giacciono inermi, nelle mani della vita.
Quelle come me inseguono un sogno
quello di essere amate per ciò che sono
e non per ciò che si vorrebbe fossero.
Quelle come me girano il mondo alla ricerca di quei valori che, ormai,
sono caduti nel dimenticatoio dell’anima.
Quelle come me vorrebbero cambiare,
ma il farlo comporterebbe nascere di nuovo.
Quelle come me urlano in silenzio,
perché la loro voce non si confonda con le lacrime.
Quelle come me sono quelle in cui tu riesci sempre a spezzare il cuore,
perché sai che ti lasceranno andare, senza chiederti nulla.
Quelle come me amano troppo, pur sapendo che, in cambio,
non riceveranno altro che briciole.
Quelle come me si cibano di poco e su di esso,
purtroppo, fondano la loro esistenza.
Quelle come me passano inosservate,
ma sono le uniche che ti ameranno davvero.
Quelle come me sono le uniche che, nell’autunno della tua vita,[/color]
rimpiangerai per tutto ciò che avrebbero potuto darti[/color]
e che tu non hai mai voluto…[/color]

Alda Merini (Milano , Italia, 21/03/1931 – 01/11/2009)

https://www.youtube.com/watch?v=kc5dtqYCLQo



Mondiali: tifosa Iran con la maglia di Mahsa Amini, intervento della sicurezza
È successo durante la gara tra Iran e Galles

DONNA. VITA. LIBERTA'.



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geoalfa

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 0 -  0 - Inviato: 25 Novembre 2022 alle ore 17:16

Quoto Rubino !

Cordialità

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rubino
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 0 -  0 - Inviato: 22 Dicembre 2022 alle ore 11:53

Da: best5.it/post/5-tra-migliori-libri-di-se...

Ecco "... una poesia pubblicata per la prima volta nel 1823 in forma anonima, ufficialmente attribuita a Clement Clarke Moore.

Dobbiamo a lei la concezione americana contemporanea di Babbo Natale, incluso l'aspetto fisico, lo svolgimento delle visite notturne, il mezzo di trasporto, il numero e il nome delle renne e la consegna dei regali."

"La notte prima di Natale" di Clement C. Moore
"Era la notte di Natale e nulla in casa si muoveva, nemmeno un topolino;
Le calze appese al camino con cura,
Nella speranza che San Nicola sarebbe arrivato con premura;
I bambini accoccolati nei propri letti
E nelle loro teste zuccherosi e danzanti dolcetti,
Mamma con il suo foulard ed io con il mio cappellino
Pronti per un invernale lungo riposino.
Quando fuori, sul prato, ci fu uno stridore
Saltai fuori dal letto per vedere cosa fosse quel rumore.
Dritto verso la finestra volai come un lampo,
Spalancando imposte e finestre sul campo.
La luna sul petto dell'ultima neve sinuosa,
Regalava splendore mattutino a ogni cosa;
Così davanti ai miei occhi incuriositi avvenne,
Che una minuscola slitta e otto piccole renne,
Con un gioioso guidatore, nella notte volava sola.
Capii subito: era San Nicola!
Più veloci di aquile i suoi corsieri andavano,
E fischiando e cantando i loro nomi echeggiavano:
"Ora! Saetta, ora! Ballerino, ora! Schianto e Guizzo,
Su! Cometa, andiamo! Cupido, su! Tuono e Lampo,
Verso il portico! Sui Tetti!
Correte via! Correte tutti!
Come le foglie secche prima di un forte uragano aleggiano,
All'incontro di un ostacolo, le renne verso il cielo sfrecciano.
E così i corsieri volavano sui comignoli,
Con San Nicola e la slitta piena di ninnoli:
Poi in un istante ho avvertito sul tetto
Zampe e zoccoli come in un trotto.
Ciò che avevo immaginato, stava accadendo
San Nicola giù dal camino arrivava balzando:
Una pelliccia da capo a piedi lo copriva
E la fuliggine a macchie lo anneriva.
Una grande sacca pendeva sulla sua schiena:
Quanti giocattoli! Ne era piena!
I suoi occhi brillavano! E le fossette così briose,
Il suo naso come una ciliegia e le guance parevan rose.
Aveva una piccola bocca spiritosa e arcuata
E sul mento, come neve, una barba imbiancata.
Stringeva tra i denti il cannello di una pipa
E il fumo come una ghirlanda gli cingeva il capo.
Un grande viso e un rotondo pancino
Che, ridendo, ballonzolava come un budino,
Era grassoccio e paffuto, un allegro vecchio folletto
E risi quando lo vidi al mio cospetto,
Mi fece capire con un occhiolino e un cenno lieve
Che non avrei avuto nulla da temere.
Tornò subito al lavoro senza dire una parola,
Riempì tutte le calze e si voltò di scatto.
Con il dito lungo sul naso annuì
E su per il camino sparì.
Saltò sulla slitta, fece un fischio alle sue renne
E volarono via insieme, come dai fiori il polline.
Ma lo sentii esclamare, prima che sparisse con le sue flotte,
"Felice Natale a tutti, e a tutti buonanotte!"

(Traduzione di Luisa Ponzi).



Il San Nicola della poesia è proprio il "nostro" quindi colgo l'occasione per invitarvi a Natale nella splendida Città di Bari dove il culto del Santo è più che devozione; i vicoli della città vecchia medioevale sono uno spettacolo di decoro e di vitalità, secondi solo alla magnificenza della Basilica Pontificia di San Nicola. Venite, un piatto di spaghetti all'assassina vi farà capire perchè a me, il Sud, mi basta.

https://www.basilicasannicola.it/

https://www.scattidigusto.it/2016/08/23/spaghetti-assassina-ricetta-perfetta/

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