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Argomento: La strada dritta

Autore Risposta

uccellino

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15 Ottobre 2008

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 0 -  0 - Inviato: 04 Luglio 2014 alle ore 12:45

Visto il periodo estivo, nel caso v'avanzasse del tempo a causa della perdurante crisi e vogliate svagarvi rimanendo nel contesto professionale, vi segnalo l'ultimo romanzo di Andrea Camilleri: La piramide di fango (Sellerio Editore Palermo - collana "La memoria"). C'entriamo perchè il Commissario Montalbano indaga sul ritrovamento di un cadavere in un cantiere

** "... riverso, in una condotta edificata per le tubazioni d’acqua, un posto angusto e non semplice da raggiungere. Giugiù Nicotra ha cercato invano una via di salvezza, ma il suo assassino lo ha sorpreso alle spalle e non gli ha lasciato alcuno scampo. Il commissario intuisce subito di trovarsi di fronte ad un caso delicato e complesso, molto più grande di quello che sembra. Un caso che coinvolge l’intero mondo dell’edilizia e degli appalti pubblici. L’indagine parte un po’ a rilento e Montalbano si districa con fatica tra le mille articolazioni del caso: l’omicidio è solo la punta dell’iceberg di una realtà viscida e melmosa che vede collusi imprenditori, appaltatori e funzionari pubblici. Un tassello alla volta, Salvo procede nell’inchiesta e riesce a completare il mosaico. Ogni indizio, ogni personaggio coinvolto conduce inevitabilmente ai cantieri e a una società corrotta, fatta di favori e di legami indissolubili. Sembra proprio che tutto il fango che ha colpito Vigàta si sia accumulato e sia ricaduto anche sui cantieri investendoli. Ora sta al commissario districarsi tra tutta questa melma e ridare dignità a quel corpo, ma una cosa Montalbano non riesce a togliersi dalla testa… che Nicotra, il morto, andando a morire in quella galleria, l’avesse fatto di proposito, nella volontà di comunicare qualche cosa. Ed è proprio la galleria l’inizio e la fine di tutto."

Speriamo che ci tratti meglio dell'ultima volta: il geometra che si occupò del condono edilizio in "La vampa d'agosto" non ne uscì molto bene.

**tratto dalla recensione in www.ibs.it/ser/serdsp.asp?redir=no&isbn=...

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anonimo_leccese

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 0 -  0 - Inviato: 06 Ottobre 2014 alle ore 19:07

La strada dritta, l'epopea della realizzazione dell'Autostrada del Sole
Su Rai1 il 20 e 21 ottobre con Fantastichini, Marchesi, Caprioli, Recano

(ANSA) - ROMA - Il 19 maggio del 1956, il giorno in cui su uno sterrato di poche centinaia di metri viene dato inizio ai lavori, non c'è nulla: non un progetto definitivo, non le tecnologie, non le competenze professionali, non i soldi necessari. Una sola cosa: il coraggio di pochi uomini, capaci di immaginare una via di comunicazione che unisca il Paese. Il 4 ottobre del 1964 - appena otto anni dopo e in anticipo sui tempi previsti - una striscia di asfalto lunga 755 chilometri collega Milano con Napoli, il Nord con il Sud: e' l'Autostrada del Sole.
'La strada dritta' è la miniserie Rai diretta da Carmine Elia, in onda su Rai1 in prima serata il 20 e 21 ottobre, coproduzione Rai Fiction e Cattleya, tratta dal romanzo di Francesco Pinto e scritta da Sandro Petraglia e Fidel Signorile, che racconta l'impresa leggendaria della costruzione dell'Autostrada Del Sole tra il 1956 e il 1964.



http://www.ansa.it/sito/notizie/cultura/2014/10/04/la-strada-dritta-miniserie-su-impresa-leggendaria-uomini-che-realizzarono-autostrada-del-sole_9cfeecd5-5187-4c4d-8157-8c0431d8c7a6.html

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rubino
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 0 -  0 - Inviato: 05 Novembre 2016 alle ore 10:01

Buongiorno. Se avete un pò di tempo, se vi va di trascorrerlo con un buon libro, se vi piacciono i "gialli" vi consiglio la serie con Rocco Schiavone scritta da Antonio Manzini e pubblicata da Sellerio:

sellerio.it/it/catalogo/7-7-2007/Manzini...

"Antonio Manzini, scrittore e sceneggiatore, ha pubblicato i romanzi Sangue marcio e La giostra dei criceti. La serie con Rocco Schiavone è iniziata con il romanzo Pista nera (Sellerio, 2013) cui sono seguiti La costola di Adamo (2014), Non è stagione (2015), Era di maggio (2015) e Cinque indagini romane per Rocco Schiavone (2016). Nel 2015 ha pubblicato Sull’orlo del precipizio in altra collana di questa casa editrice."

Sarebbe bello scambiarci qualche consiglio, qualche opinione su un buon libro: c'è qualche forumista che ne ha voglia?

Grazie e buona domenica.

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rubino
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 0 -  0 - Inviato: 01 Giugno 2018 alle ore 19:49

Buonasera. Pare che i Professionisti, ed i Tecnici in particolare, per non soffermarsi solo sui Geometri, non abbiano grande propensione alla lettura. Lo dicono gli addetti ai lavori. Ora, fermo restando l'antico vizio di costoro (editori, critici, autori poco letti ecc.) di non ammettere che ognuno legga quello che gli piace e non per forza quello che vorrebbero loro, se ci riferisce alla produzione libraria tecnica c'è poco da stare allegri, quanto a piacevolezza: nel nostro settore, quello topografico catastale, la maggior parte della produzione è manualistica, destinata ade essere consultata alla bisogna, in un solo caso ho trovato qualcosa che si facesse leggere come tale: sono i due volumi di "Fondamenti di rilevamento generale" dei Proff.ri Ingg.ri Giorgio Bezoari, Carlo Monti ed Attilio Selvini e scusate se è poco: quando all'alta competenza tecnica si aggiunge la capacità di saper scrivere bene, in maniera scorrevole, anche due libri di topografia possono essere letti con piacere, quindi ve li consiglio.

Scrivevo, prima, dell'antico vizio della comunità letteraria, di non ammettere che la lettura debba essere prima di tutto un piacere, il giorno in cui scopriranno che gli Italiani (compreso i Geometri) leggono ciò che gli pare e, soprattutto, piace, e la smetteranno di considerare la classifica di vendita come il male assoluto, scopriranno che Camilleri scrive bene anche se vende tanto e lo stesso dicasi per Dazieri, Manzini, Recami, Lucarelli, De Giovanni, De Cataldo, Carofiglio ecc. i quali non scrivono solo libri a sfondo poliziesco ma ci mettono l'Italia dentro, la sua storia e la sua realtà odierna così come facevano Scerbanenco, Fruttero & Lucentini, Mario Soldati, Carlo E. Gadda per la realtà del loro tempo (volendo rimanere al tanto vutuperato "giallo italiano") . Purtroppo alla comprensione di questi assunti piuttosto banali non giova internet. Spuntano nei forum discussioni aperte da persone che non leggono abitualmente e per passione (e figuriamoci testi tecnici) ma che, per accreditarsi come intellettuali e grandi esperti aprono una discussione sul fatto che in Italia si legge poco o nulla sperando che non si scopra la volontà di applicare il criterio che, dalle mie parti, si chiama "metti il cappello in testa ad uno e l'hai fatto generale" solo perchè il cappello se lo è messo da solo.

Chiudo qui, augurandovi un buon fine settima e una ancora migliore Festa della Repubblica, non prima di avervi ricordato che Sellerio ha pubblicato un altro romanzo di Andrea Camilleri con protagonista il Comm. Montalbano, che la stessa casa editrice ha raccolto in un solo testo i racconti di Antonio Manzini che hanno come protagonista il Vice Questore Rocco Schiavone e che Audible ha completato la serie degli audiolibri dei sette romanzi di J.K Rowling che hanno come protagonista Harry Potter, letti come li può leggere solo Francesco Pannofino (potrei usare aggettivi mirabolanti ma li lascio a voi dopo averli asco-letti).

P.S.: a proposito di audiolibri, cosa ne pensate?

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rubino
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 0 -  0 - Inviato: 01 Ottobre 2018 alle ore 09:01

Ogni tanto riapro questa stanza sperando di trovarci qualche forumista. Vabbè, non fa niente, se non vi piace leggere, proviamo con i fumetti: Tex compie 70 anni e c'è una bella mostra a Milano.

Hasta luego.

Apre il 2 ottobre al Museo della Permanente di Milano (via Filippo Turati 34) la mostra Tex. 70 anni di un mito, in programma fino al 27 gennaio 2019 (info e orari su www.tex70lamostra .it). La mostra è curata da Gianni Bono, storico del fumetto italiano, in collaborazione con la redazione di Sergio Bonelli Editore e con il patrocinio del Comune di Milano e il contributo della Fondazione Corriere della Sera. Attraverso disegni, foto, materiali rari e inediti, la mostra ripercorre 70 anni di vita del ranger creato nel 1948 da Gianluigi Bonelli e Aurelio Galleppini

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geoalfa

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 0 -  0 - Inviato: 01 Ottobre 2018 alle ore 16:08

SI Rubino, hai centrato in problema:
"rubino" ha scritto:


..... nel nostro settore, quello topografico catastale, la maggior parte della produzione è manualistica, destinata ade essere consultata alla bisogna, in un solo caso ho trovato qualcosa che si facesse leggere come tale: sono i due volumi di "Fondamenti di rilevamento generale" dei Proff.ri Ingg.ri Giorgio Bezoari, Carlo Monti ed Attilio Selvini e scusate se è poco: quando all'alta competenza tecnica si aggiunge la capacità di saper scrivere bene, in maniera scorrevole, anche due libri di topografia possono essere letti con piacere, quindi ve li consiglio....



Cordialità e buona lettura a tutti, anche quella che non riguarda il settore topografico e catastale e quando è veramente utile anche quando la pubblicità a procurarsi libri con sconti è ingannevole !!

Cordialità

Gianni detto geoalfa

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rubino
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 0 -  0 - Inviato: 17 Luglio 2019 alle ore 17:27

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rubino
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 0 -  0 - Inviato: 19 Luglio 2019 alle ore 19:00

E se n'è andato pure l'Ing. Luciano De Crescenzo:

https://www.ibs.it/search/?query=de%20...

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rubino
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 0 -  0 - Inviato: 15 Settembre 2022 alle ore 10:02

Buongiorno. Una volta i Geometri avevano quasi sempre una estrazione sociale tipica e comune: figli d'arte, di mastri muratori, di contadini. Conoscevamo la campagna, come era fatta, come ci si viveva e lavorava: inserisco questo capitolo di Mastro-Don Gesualdo sia perchè ricorre il centesimo anniversario della morte di Giovanni Verga sia perchè a molti potrà ricordare certe notti d'estate di un passato non troppo lontano, quando si pensava al futuro e a cosa fare da grandi, magari il Geometra aderendo pienamente a tutto quello di cui eravamo figli, qui ben descritto. Quindi immaginatevi una masseria d'impianto sperduta in un deserto di grano nel periodo della mietitura, una notte di luna piena, grilli e cicale d'ordinanza e una ragazza con i capelli lunghi e neri seduta sull'uscio, di quelle da cui non dovete aspettarvi romanticherie:



Allorchè finalmente Gesualdo arrivò alla Canziria, erano circa due ore di notte. La porta della fattoria era aperta. Diodata aspettava dormicchiando sulla soglia. Massaro Carmine, il camparo, era steso bocconi sull’aia, collo schioppo fra le gambe; Brasi Camauro e Nanni l’Orbo erano spulezzati di qua e di [p. 95 modifica]là, come fanno i cani la notte, quando sentono la femmina nelle vicinanze; e i cani soltanto davano il benvenuto al padrone, abbaiando intorno alla fattoria. — Ehi? non c’è nessuno? Roba senza padrone, quando manco io! — Diodata, svegliata all’improvviso, andava cercando il lume tastoni, ancora assonnata. Lo zio Carmine, fregandosi gli occhi, colla bocca contratta dai sbadigli, cercava delle scuse.

— Ah!... sia lodato Dio! Voi ve la dormite da un canto, Diodata dall’altro, al buio!... Cosa facevi al buio?... aspettavi qualcheduno?... Brasi Camauro oppure Nanni l’Orbo?...

La ragazza ricevette la sfuriata a capo chino, e intanto accendeva lesta lesta il fuoco, mentre il suo padrone continuava a sfogarsi, lì fuori, all’oscuro, e passava in rivista i buoi legati ai pioli intorno all’aia. Il camparo mogio mogio gli andava dietro per rispondere al caso: — Gnorsì, Pelorosso sta un po’ meglio; gli ho dato la gramigna per rinfrescarlo. La Bianchetta ora mi fa la svogliata anch’essa... Bisognerebbe mutar di pascolo... tutto il bestiame... Il mal d’occhio, sissignore! Io dico ch’è passato di qui qualcheduno che portava il malocchio!... Ho seminato perfino i pani di San Giovanni nel pascolo... Le pecore stanno bene, grazie a Dio... e il raccolto pure... Nanni l’Orbo? Laggiù a Passanitello, dietro le gonnelle di quella strega... Un giorno o l’altro se [p. 96 modifica]ne torna a casa colle gambe rotte, com’è vero Dio!... e Brasi Camauro anch’esso, per amor di quattro spighe... — Diodata gridò dall’uscio ch’era pronto. — Se non avete altro da comandarmi, vossignoria, vado a buttarmi giù un momento...

Come Dio volle finalmente, dopo un digiuno di ventiquattr’ore, don Gesualdo potè mettersi a tavola, seduto di faccia all’uscio, in maniche di camicia, le maniche rimboccate al disopra dei gomiti, coi piedi indolenziti nelle vecchie ciabatte ch’erano anch’esse una grazia di Dio. La ragazza gli aveva apparecchiata una minestra di fave novelle, con una cipolla in mezzo, quattr’ova fresche, e due pomidori ch’era andata a cogliere tastoni dietro la casa. Le ova friggevano nel tegame, il fiasco pieno davanti; dall’uscio entrava un venticello fresco ch’era un piacere, insieme al trillare dei grilli, e all’odore dei covoni nell’aia: — il suo raccolto lì, sotto gli occhi, la mula che abboccava anch’essa avidamente nella bica dell’orzo, povera bestia — un manipolo ogni strappata! Giù per la china, di tanto in tanto, si udiva nel chiuso il campanaccio della mandra; e i buoi accovacciati attorno all’aia, legati ai cestoni colmi di fieno, sollevavano allora il capo pigro, soffiando, e si vedeva correre nel buio il luccichìo dei loro occhi sonnolenti, come una processione di lucciole che dileguava.

[p. 97 modifica]Gesualdo posando il fiasco mise un sospirone, e appoggiò i gomiti sul deschetto:

— Tu non mangi?... Cos’hai?

Diodata stava zitta in un cantuccio, seduta su di un barile, e le passò negli occhi, a quelle parole, un sorriso di cane accarezzato.

— Devi aver fame anche tu. Mangia! mangia!

Essa mise la scodella sulle ginocchia, e si fece il segno della croce prima di cominciare, poi disse: — Benedicite a vossignoria!

Mangiava adagio adagio, colla persona curva e il capo chino. Aveva una massa di capelli morbidi e fini, malgrado le brinate ed il vento aspro della montagna: dei capelli di gente ricca, e degli occhi castagni, al pari dei capelli, timidi e dolci: de’ begli occhi di cane carezzevoli e pazienti, che si ostinavano a farsi voler bene, come tutto il viso supplichevole anch’esso. Un viso su cui erano passati gli stenti, la fame, le percosse, le carezze brutali; limandolo, solcandolo, rodendolo; lasciandovi l’arsura del solleone, le rughe precoci dei giorni senza pane, il lividore delle notti stanche — gli occhi soli ancora giovani, in fondo a quelle occhiaie livide. Così raggomitolata sembrava proprio una ragazzetta, al busto esile e svelto, alla nuca che mostrava la pelle bianca dove il sole non aveva bruciato. Le mani, annerite, erano piccole e scarne: delle povere mani pel suo duro mestiere!...[p. 98 modifica]

— Mangia, mangia. Devi essere stanca tu pure!...

Ella sorrise, tutta contenta, senza alzare gli occhi. Il padrone le porse anche il fiasco: — Te’, bevi! non aver suggezione!

Diodata, ancora un po’ esitante, si pulì la bocca col dorso della mano, e s’attaccò al fiasco arrovesciando il capo all’indietro. Il vino, generoso e caldo, le si vedeva scendere quasi a ogni sorso nella gola color d’ambra; il seno ancora giovane e fermo sembrava gonfiarsi. Il padrone allora si mise a ridere.

— Brava, brava! Come suoni bene la trombetta!...

Sorrise anch’essa, pulendosi la bocca un’altra volta col dorso della mano, tutta rossa.

— Tanta salute a vossignoria!

Egli uscì fuori a prendere il fresco. Si mise a sedere su di un covone, accanto all’uscio, colle spalle al muro, le mani penzoloni fra le gambe. La luna doveva essere già alta, dietro il monte, verso Francofonte. Tutta la pianura di Passanitello, allo sbocco della valle, era illuminata da un chiarore d’alba. A poco a poco, al dilagar di quel chiarore, anche nella costa cominciarono a spuntare i covoni raccolti in mucchi, come tanti sassi posti in fila. Degli altri punti neri si movevano per la china, e a seconda del vento giungeva il suono grave e lontano dei campanacci che portava il bestiame grosso, mentre scendeva passo passo verso il torrente. Di tratto in tratto [p. 99 modifica]soffiava pure qualche folata di venticello più fresco dalla parte di ponente, e per tutta la lunghezza della valle udivasi lo stormire delle messi ancora in piedi. Nell’aia la bica alta e ancora scura sembrava coronata d’argento, e nell’ombra si accennavano confusamente altri covoni in mucchi; ruminava altro bestiame; un’altra striscia d’argento lunga si posava in cima al tetto del magazzino, che diventava immenso nel buio.

— Eh? Diodata? Dormi, marmotta?...

— Nossignore, no!...

Essa comparve tutta arruffata e spalancando a forza gli occhi assonnati. Si mise a scopare colle mani dinanzi all’uscio, buttando via le frasche, carponi, fregandosi gli occhi di tanto in tanto per non lasciarsi vincere dal sonno, col mento rilassato, le gambe fiacche.

— Dormivi!... Se te l’ho detto che dormivi!...

E le assestò uno scapaccione come carezza.

Egli invece non aveva sonno. Si sentiva allargare il cuore. Gli venivano tanti ricordi piacevoli. Ne aveva portate delle pietre sulle spalle, prima di fabbricare quel magazzino! E ne aveva passati dei giorni senza pane, prima di possedere tutta quella roba! Ragazzetto... gli sembrava di tornarci ancora, quando portava il gesso dalla fornace di suo padre, a Donferrante! Quante volte l’aveva fatta quella strada di [p. 100 modifica]Licodia dietro gli asinelli che cascavano per via e morivano alle volte sotto il carico! Quanto piangere e chiamar santi e cristiani in aiuto! Mastro Nunzio allora suonava il deprofundis sulla schiena del figliuolo, con la funicella stessa della soma... Erano dieci o dodici tarì che gli cascavano di tasca ogni asino morto al poveruomo! — Carico di famiglia! Santo che gli faceva mangiare i gomiti sin d’allora; Speranza che cominciava a voler marito; la mamma con le febbri, tredici mesi dell’anno!... — Più colpi di funicella che pane! — Poi quando il Mascalise, suo zio, lo condusse seco manovale, a cercar fortuna... Il padre non voleva, perchè aveva la sua superbia anche lui, come uno che era stato sempre padrone, alla fornace, e gli cuoceva di vedere il sangue suo al comando altrui. — Ci vollero sette anni prima che gli perdonasse, e fu quando finalmente Gesualdo arrivò a pigliare il primo appalto per conto suo... la fabbrica del Molinazzo... Circa duecento salme di gesso che andarono via dalla fornace al prezzo che volle mastro Nunzio... e la dote di Speranza anche, perchè la ragazza non poteva più stare in casa... — E le dispute allorchè cominciò a speculare sulla campagna!... — Mastro Nunzio non voleva saperne... Diceva che non era il mestiere in cui erano nati. "Fa l’arte che sai!" — Ma poi, quando il figliuolo lo condusse a veder le terre che aveva comprato, lì proprio, alla Canziria, [p. 101 modifica]non finiva di misurarle in lungo e in largo, povero vecchio, a gran passi, come avesse nelle gambe la canna dell’agrimensore.... E ordinava “bisogna far questo e quest’altro„ per usare del suo diritto, e non confessare che suo figlio potesse aver la testa più fine della sua. — La madre non ci arrivò a provare quella consolazione, poveretta. Morì raccomandando a tutti Santo, che era stato sempre il suo prediletto, e Speranza carica di famiglia com’era stata lei... — un figliuolo ogni anno.... — Tutti sulle spalle di Gesualdo, giacchè lui guadagnava per tutti. Ne aveva guadagnati dei denari! Ne aveva fatta della roba! Ne aveva passate delle giornate dure e delle notti senza chiuder occhio! Vent’anni che non andava a letto una sola volta senza prima guardare il cielo per vedere come si mettesse. — Quante avemarie, e di quelle proprio che devono andar lassù, per la pioggia e pel bel tempo! — Tanta carne al fuoco! tanti pensieri, tante inquietudini, tante fatiche!... La coltura dei fondi, il commercio delle derrate, il rischio delle terre prese in affitto, le speculazioni del cognato Burgio che non ne indovinava una e rovesciava tutto il danno sulle spalle di lui!... — Mastro Nunzio che si ostinava ad arrischiare cogli appalti il denaro del figliuolo, per provare che era il padrone in casa sua!... — Sempre in moto, sempre affaticato, sempre in piedi, di qua e di là, al vento, al sole, alla pioggia; colla testa [p. 102 modifica]grave di pensieri, il cuore grosso d’inquietudini, le ossa rotte di stanchezza; dormendo due ore quando capitava, come capitava, in un cantuccio della stalla, dietro una siepe, nell’aia, coi sassi sotto la schiena; mangiando un pezzo di pane nero e duro dove si trovava, sul basto della mula, all’ombra di un ulivo, lungo il margine di un fosso, nella malaria, in mezzo a un nugolo di zanzare. — Non feste, non domeniche, mai una risata allegra, tutti che volevano da lui qualche cosa, il suo tempo, il suo lavoro, o il suo denaro; mai un’ora come quelle che suo fratello Santo regalavasi in barba sua all’osteria! — trovando a casa poi ogni volta il viso arcigno di Speranza, o le querimonie del cognato, o il piagnucolìo dei ragazzi — le liti fra tutti loro, quando gli affari non andavano bene. — Costretto a difendere la sua roba contro tutti, per fare il suo interesse. — Nel paese non un solo che non gli fosse nemico, o alleato pericoloso e temuto. — Dover celare sempre la febbre dei guadagni, la botta di una mala notizia, l’impeto di una contentezza; e aver sempre la faccia chiusa, l’occhio vigilante, la bocca seria! Le astuzie di ogni giorno; le ambagi per dire soltanto “vi saluto„; le strette di mano inquiete, coll’orecchio teso; la lotta coi sorrisi falsi, o coi visi arrossati dall’ira, spumanti bava e minacce — la notte sempre inquieta, il domani sempre grave di speranza o di timore...

[p. 103 modifica]Ci hai lavorato, anche tu, nella roba del tuo padrone!... Hai le spalle grosse anche tu... povera Diodata!...

Essa, vedendosi rivolta la parola, si accostò tutta contenta, e gli si accovacciò ai piedi, su di un sasso, col viso bianco di luna, il mento sui ginocchi, in un gomitolo. Passava il tintinnìo dei campanacci, il calpestìo greve e lento per la distesa del bestiame che scendeva al torrente, dei muggiti gravi e come sonnolenti, le voci dei guardiani che lo guidavano, e si spandevano lontane, nell’aria sonora. La luna, ora discesa sino all’aia, stampava delle ombre nere in un albore freddo; disegnava l’ombra vagante dei cani di guardia che avevano fiutato il bestiame; la massa inerte del camparo, steso bocconi.

— Nanni l’Orbo, eh?... o Brasi Camauro? Chi dei due ti sta dietro la gonnella? — riprese don Gesualdo che era in vena di scherzare.

Diodata sorrise: — Nossignore!... nessuno!...

Ma il padrone ci si divertiva: — Sì, sì!... l’uno o l’altro... o tutti e due insieme!... Lo saprò!... Ti sorprenderò con loro nel vallone, qualche volta!...

Essa sorrideva sempre allo stesso modo, di quel sorriso dolce e contento, allo scherzo del padrone che sembrava le illuminasse il viso, affinato dal chiarore molle: gli occhi come due stelle; le belle trecce [p. 104 modifica]allentate sul collo; la bocca un po’ larga e tumida, ma giovane e fresca.

Il padrone stette un momento a guardarla così, sorridendo anch’esso, e le diede un altro scapaccione affettuoso.

— Questa non è roba per quel briccone di Brasi, o per Nanni l’Orbo! no!...

— Oh, gesummaria!... — esclamò essa facendosi la croce.

— Lo so, lo so. Dico per ischerzo, bestia!...

Tacque un altro po’ ancora, e poi soggiunse: — Sei una buona ragazza!... buona e fedele! vigilante sugli interessi del padrone, sei stata sempre....

— Il padrone mi ha dato il pane, — rispose essa semplicemente. — Sarei una birbona....

— Lo so! lo so!... poveretta!... per questo t’ho voluto bene!

A poco a poco, seduto al fresco, dopo cena, con quel bel chiaro di luna, si lasciava andare alla tenerezza dei ricordi. — Povera Diodata! Ci hai lavorato anche tu!... Ne abbiamo passati dei brutti giorni!... Sempre all’erta, come il tuo padrone! Sempre colle mani attorno... a far qualche cosa! Sempre l’occhio attento sulla mia roba!... Fedele come un cane!... Ce n’è voluto, sì, a far questa roba!...

Tacque un momento intenerito. Poi riprese, dopo un pezzetto, cambiando tono:[p. 105 modifica]

— Sai? Vogliono che prenda moglie.

La ragazza non rispose; egli non badandoci, seguitò:

— Per avere un appoggio.... Per far lega coi pezzi grossi del paese... Senza di loro non si fa nulla!... Vogliono farmi imparentare con loro... per l’appoggio del parentado, capisci?... Per non averli tutti contro, all’occasione... Eh? che te ne pare?

Ella tacque ancora un momento col viso nelle mani. Poi rispose, con un tono di voce che andò a rimescolargli il sangue a lui pure:

— Vossignoria siete il padrone....

— Lo so, lo so.... Ne discorro adesso per chiacchierare... perchè mi sei affezionata.... Ancora non ci penso... ma un giorno o l’altro bisogna pure andarci a cascare.... Per chi ho lavorato infine?... Non ho figliuoli....

Allora le vide il viso, rivolto a terra, pallido pallido e tutto bagnato.

— Perchè piangi, bestia?

— Niente, vossignoria!... Così!... Non ci badate....

— Cosa t’eri messa in capo, di’?

— Niente, niente, don Gesualdo....

— Santo e santissimo! Santo e santissimo! — prese a gridare lui sbuffando per l’aia. Il camparo al rumore levò il capo sonnacchioso e domandò:

— Che c’è?... S’è slegata la mula? Devo alzarmi?...[p. 106 modifica]

— No, no, dormite, zio Carmine.

Diodata gli andava dietro passo passo, con voce umile e sottomessa:

— Perchè v’arrabbiate, vossignoria?... Cosa vi ho detto?...

— M’arrabbio colla mia sorte!... Guai e seccature da per tutto... dove vado!... Anche tu, adesso!.. col piagnisteo!... Bestia!... Credi che, se mai, ti lascerei in mezzo a una strada... senza soccorsi?...

— Nossignore... non è per me.... Pensavo a quei poveri innocenti....

— Anche quest’altra?... Che ci vuoi fare! Così va il mondo!... Poichè v’è il comune che ci pensa!... Deve mantenerli il comune a spese sue... coi denari di tutti!... Pago anch’io!... So io ogni volta che vo dall’esattore!...

Si grattò il capo un istante, e riprese:

— Vedi, ciascuno viene al mondo colla sua stella.... Tu stessa hai forse avuto il padre o la madre ad aiutarti? Sei venuta al mondo da te, come Dio manda l’erba e le piante che nessuno ha seminato. Sei venuta al mondo come dice il tuo nome... Diodata! Vuol dire di nessuno!... E magari sei forse figlia di barone, e i tuoi fratelli adesso mangiano galline e piccioni! Il Signore c’è per tutti! Hai trovato da vivere anche tu!... E la mia roba?... me l’hanno data i genitori forse? Non mi son fatto da me quello che sono?

[p. 107 modifica]Ciascuno porta il suo destino!... Io ho il fatto mio, grazie a Dio, e mio fratello non ha nulla...

In tal modo seguitava a brontolare, passeggiando per l’aia, su e giù dinanzi la porta. Poscia vedendo che la ragazza piangeva ancora, cheta cheta per non infastidirlo, le tornò a sedere allato di nuovo, rabbonito.

— Che vuoi? Non si può far sempre quel che si desidera. Non sono più padrone... come quando ero un povero diavolo senza nulla... Ora ci ho tanta roba da lasciare... Non posso andare a cercar gli eredi di qua e di là, per la strada... o negli ospizi dei trovatelli. Vuol dire che i figliuoli che avrò poi, se Dio m’aiuta, saranno nati sotto la buona stella!...

— Vossignoria siete il padrone...

Egli ci pensò un po’ su, perchè quel discorso lo punzecchiava ancora peggio di una vespa, e tornò a dire:

— Anche tu... non hai avuto nè padre nè madre... Eppure cosa t’è mancato, di’?

— Nulla, grazie a Dio!

— Il Signore c’è per tutti... Non ti lascerei in mezzo a una strada, ti dico!... La coscienza mi dice di no... Ti cercherei un marito...

— Oh... quanto a me... don Gesualdo!...

— Sì, sì, bisogna maritarti!... Sei giovane, non puoi rimaner così... Non ti lascerei senza un [p. 108 modifica]appoggio.... Ti troverei un buon giovane, un galantuomo... Nanni l’Orbo, guarda! Ti darei la dote...

— Il Signore ve lo renda...

— Son cristiano! son galantuomo! Poi te lo meriti. Dove andresti a finire altrimenti?... Penserò a tutto io. Ho tanti pensieri pel capo!... e questo cogli altri!... Sai che ti voglio bene. Il marito si trova subito. Sei giovane... una bella giovane... Sì, sì, bella!... lascia dire a me che lo so! Roba fine!... sangue di barone sei, di certo!...

Ora la pigliava su di un altro tono, col risolino furbo e le mani che gli pizzicavano. Le stringeva con due dita il ganascino. Le sollevava a forza il capo, che ella si ostinava a tener basso per nascondere le lagrime.

— Già per ora son discorsi in aria... Il bene che voglio a te non lo voglio a nessuno, guarda!... Su quel capo adesso, sciocca!... sciocca che sei!...

Come vide che seguitava a piangere, testarda, scappò a bestemmiare di nuovo, simile a un vitello infuriato.

— Santo e santissimo! Sorte maledetta!... Sempre guai e piagnistei!...

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rubino
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 0 -  0 - Inviato: 26 Ottobre 2022 alle ore 11:02

"rubino" ha scritto:
Cinquant'anni fa moriva Enrico Mattei. Comunque la pensiate, per me rimane un grande esempio di Uomo con le palle e di cosa significhi lavorare per il bene comune, il nostro Paese deve molto a lui e ai tanti Geometri che hanno lavorato e lavorano con l'ENI.

Riprendo il post per segnalarvi che, nell'anniversario della scomparsa, Rizzoli pubblica gli scritti e i discorsi di mattei dal 1945 al 1962.

http://www.eni.com/enrico-mattei/pagin...

Dall'ultimo discorso a Gagliano Castelferrato (EN) del 27 ottobre 1962.

...

"(

Dalla piazza una voce interrompe): «Così si può levare questa

miseria di Gagliano».

(

Rivolgendosi all’anonimo)

«Amico mio, io non so come lei si chiami, ma anch’io ero un

povero come lei; e anch’io ho dovuto emigrare perché il mio paese

non mi dava lavoro; sono andato al Nord, e adesso dal Nord stiamo

tornando al Sud con tutta l’esperienza acquistata. Noi ci impegniamo

con le nostre forze, con le nostre conoscenze, con i nostri uomini,

a dare tutto il nostro contributo necessario per lo sviluppo e

l’industrializzazione della Sicilia e della vostra provincia.

«Io vi devo chiedere, come ho già chiesto al sindaco, scusa di

non essere venuto prima. Ma sono gli impegni che abbiamo in tutto

il mondo: ci sono 50.000 persone che oggi operano in questo

gruppo; e su 50.000 persone ci sono 1600 ingegneri, 3000 periti

industriali e geometri, 2000 dottori in chimica e in economia, 300

geologi, decine di migliaia di specialisti che si muovono in tutto

il mondo. E tutto questo porta lavoro, porta responsabilità, porta

un grande impegno; ma io conoscevo esattamente la situazione di

Gagliano, delle sue riserve, di questo lavoro, delle possibilità che

esistono per l’avvenire. Le abbiamo seguite giorno per giorno, con

ansia, e qualche volta, molte volte, ne eravamo felici. Ora su questo

si deve innestare un successivo lavoro, si devono innestare industrie

che dovranno portare in questa zona benessere e ricchezza. Noi ci

impegniamo insieme con voi, con tutti."





Domani saranno sessant'anni e non ho cambiato opinione su Enrico Mattei e sull'ENI (che mi ha pagato buone fatture per molti anni) tuttavia, essendo lucano e non potendo far finta di niente, riporto un paio di approfondimenti sul giacimento in Val d'Agri e su quanto stiamo contribuendo (soprattutto gli abitanti dei paesi prossimi sia all'impianto ENI sia TOTAL) al fabbisogno nazionale (ricevendo le briciole del PNRR):

www.eni.com/it-IT/attivita/italia-val-ag...

https://www.changeclimatechange.it/azioni/nemici/giaicmento-eni-val-dagri-1/

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anonimo_leccese

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 0 -  0 - Inviato: 26 Ottobre 2022 alle ore 11:21

"rubino" ha scritto:
Domani saranno sessant'anni e non ho cambiato opinione su Enrico Mattei e sull'azienda che mi ha pagato buone fatture per molti anni tuttavia, essendo lucano e non potendo far finta di niente, riporto un paio di approfondimenti sul giacimento in Val d'Agri e su quanto stiamo contribuendo (soprattutto gli abitanti dei paesi prossimi sia all'impianto ENI sia TOTAL) al fabbisogno nazionale (ricevendo le briciole del PNRR):





Stasera su La7 servizio speciale sulla figura di Mattei, condotta da Andrea Purgatori -

www.la7.it/atlantide/video/atlantide-196...

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