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Le parole che non ti ho detto |

rubino
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Buongiorno. "33bordato", "01rosso", "planimetrare", "tripletta", "3SPC" ed altre erano, per chi come me ha superato i trent'anni di professione, termini di uso comune che oggi (per fortuna o per disgrazia, dipende dai punti di vista) non fanno più parte del nostro lessico lavorativo quotidiano. Converrete sulla considerazione che il nostro modo di lavorare di oggi è totalmente diverso rispetto a vent'anni fa, e anche meno per cui, se oggi chiedessi ad un giovane Collega di prestarmi "un ventuno di trentatrè bordato" non lo otterei con la stessa facilità della commiserazione che manifesterebbe verso un 54enne precocemente rinco******to quindi, prima che ci dimentichiamo del tutto di quando eravamo poveri, belli e giovani, inizio questa discussione con l'auspicio che i Colleghi della mia fascia d'età vorranno darmi una mano. Propongo di iniziare da un "must": lo "01ROSSO" (ma anche no: se volete sceglietene un'altro) (segue)
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totonno
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Inizio dallo 01rosso. Lo 01rosso non funzionava mai perchè l'inchiostro rosso o verde seccava quasi subito e su un pennino così sottile era praticamente sempre inutilizzabile. Occorreva lavare il pennino in continuazione per rimuovere le incrostazioni smontandolo in tutti i suoi strati avvitati con la apposita chiavina rossa anch'essa. La lametta non serviva per farsi la barba ma per cancellare le macchie di inchiostro che puntualmente rovinavano mezzo disegno. Per non bucare il foglio o il RADEX (altro termine scomparso!) ci voleva uno stile tutto particolare e grande esperienza prestando cura e attenzione nell'inclinazione della lama che veniva spezzata nel mezzo perchè con lo spigolo vivo aumentava l'efficienza e il rendimento della cancellatura. Mi son commosso. Bei tempi. Grazie Rubino
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rubino
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Aggiungo: lo 01 rosso serviva prevalentemente per disegnare a china, sui lucidi (mod. 51) o sugli estratti di mappa cartacei, le nuove dividenti ed i nuovi fabbricati, cosa che facciamo ancora adesso secondo la regola che tutto quanto si sta per aggiungere alla mappa debba essere distinto così. Come scriveva Totonno, era una disgrazia toccata ai Geometri perchè l'80% delle volte non funzionava e ci si doveva armare di santa pazienza e di bestemmie, lavarlo per l'ennesima volta senza cadere nella tentazione di togliergli l'anima, perchè aveva un'anima, sto grandissimo b., consistente in un peso con un filo di ferro ad un estermo che si infilava nella punta della penna in modo da tenerla pulita e finiva puntualmente per bloccarsi nell'inchiostro seccato. Una volta tolta, era impossibile far rientrare il filo nel tubicino della punta: 01 rotto! In realtà, alcuni (io) hanno vigliaccamente usato lo 01 rosso come fonte di finanziamento perchè, costando un pozzo di soldi e rompendosi praticamente sempre, era utilissimo nei tempi delle vacche magre in cui si doveva ottenere qualche soldo a casa, così da poter tentare di offrire un'aranciata a Maria Rosaria che lavorava all'eliografia.
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samsung
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Per questi motivi in molti studi si modificò il diametro delle penne classiche passando da 01, 03, 05 a 02, 04, 06. Lo 02 era più gestibile e quando si diffusero i Faber-Castell neppure troppo costoso.
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SIMBA4
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Salve Concordo con samsung, io il 01 (esisteva) ma non l'ho mai usato, dal 02 in avanti, una delle migliori marche che dava meno problematiche di manutenzione era il "rotring rapidograph a capillarità", ne conservo ancora alcuni per ricordo. Era un lavoro enorme disegnare tutto a mano libera, mi ricordo i frazionamenti in duplice copia colorata perche nell'ufficio catastale di Rovigo volevano due copie originali colorate, che barba che noia. Erano altri tempi, che però sono serviti a fare la gavetta. Auguri di buone festività a tutti. Stefano
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rubino
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LA TRIPLETTA Sinonimo del mod. 51F - TP (istruzione XIV) che doveva essere compilato per dimostrare che la ripartizione delle superfici e dei redditi dominicale ed agrario delle porzioni derivate "tornasse" con la superficie totale della particella originaria (il dato formava il D.E.: "deve essere" nella terminologia catastale). Si chiamava "tripletta" perchè il modello si componeva di tre fogli in formato A/4 uniti sul lato lungo e piegati "a fisarmonica" in modo che, interponendo due fogli di carta carbone (!) la compilazione del primo originale corrispondeva esattamente agli altri due. Si poteva compilare a mano o a macchina più o meno come scriviamo ora il modello integrato: per molto tempo è valsa la regola che la prima porzione derivata -a- conservasse il numero della particella madre assegnando i nuovi numeri di mappa solo alle successive (b, c, ecc.). Prima dell'avvento della nuova precedura, le nuove dividenti venivano introdotte in mappa secondo le "misure" (canneggiate) che il tecnico redattore riportava lungo allineamenti tracciati sull'estratto di mappa con linea di spessore 0,1 tratteggiata ad inchiostro di china rosso (vedi il famigerato 01rosso) a cura dei "disegnatori" che, dopo aver aggiornato il foglio di mappa con le nuove dividenti, procedevano alla misura grafica delle superfici delle porzioni derivate utilizzando, il più delle volte, il planimetro polare o di Amsler: il dato ottenuto seriva per confermare o correggere quanto indicato dal tecnico nella tripletta
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Leo
Leonardo Gualandi (leometra@gmail.com)
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Simpatica idea, Rocco, quella di aprire il polveroso cassetto dei ricordi. Per varie vicissitudini familiari oltre che per anagrafe, io sono una vecchia cariatide che visse una specie di “reazione” alla “rivoluzione” del Rapidograph: bevevo come una spugna le manie paterne e in casa-studio si continuò a usare il Graphos che impiegava china più densa e coprente (Pelikan Lineol) perché non rischiava intasamenti come quelli che hai richiamato. Mio padre guardava con sospetto ogni disegnatore che non amasse con tutto sé stesso il TIRALINEE... Il Graphos disponeva di varie serie di pennini (in rete si trovano tutte le descrizioni) fra cui anche quelli tubolari adatti al NORMOGRAFO, per il quale comunque c'erano i pennini appositi da montare sulle classiche cannucce: il babbo conservava e usava quelle in legno del nonno... Forse furono proprio le difficoltà che si incontravano con tali pennini tubolari che fecero arrendere anche noi cariatidi al “moderno” Rapidograph che, per lo meno, disponeva di un tappo che rallentava l'essiccamento della china nelle pause... E il Rapidograph fece evolvere il NORMOGRAFO nel NORMOSCRIBER di cui (perbacco!) in rete non trovo riscontri, ma che oltre alle diverse maschere per i vari font reggeva la penna con un bellissimo pantografo capace di dare l'inclinazione voluta ai caratteri! Ma del NORMOSCRIBER ho perso le tracce nel mio ordinario guazzabuglio, e ne conservo soltanto un pantografo che testimonia che non ho sognato...
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rubino
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Buondì Leonardo, ricordo il bellissimo disegno di piano quotato per punti con le quote scritte con quell'attrezzo: si producevano elaborati pregevoli. Dissento sull'amore per il Graphos perchè lo presi notevolmente sulle p., nonostate l'abbia usato una volta sola: in occasione della "lucidatura" delle dividenti per l'inserimento in mappa (vedi (a breve): "frazionamento con poligonali") di due strade, chissà perchè, la china rossa non venne nelle copie eliografiche e fui costretto a rilucidare tutte le dividenti sul retro dello "striscione" (altra parola di cui parleremo).
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totonno
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Non avendo una bellissima scrittura io ovviamente mi affidavo ai moderni "trasferibili" che applicavo sul lucido con quel pennino verde di plastica sagomato del quale non ricordo il nome esatto ma che ancora conservo. Aiutatemi a ricordarlo sennò passo il Natale a pensarci. C'era tutta una serie di simboli, come anche il nord..., i sanitari, le persone e quant'altro occorra a definire il disegno conforme alla regola dell'arte...
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geoalfa
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Buongiorno! A me fa un immenso piacere leggere queste memorie, molto di più quando leggo che tutto il passato, ivi compresi gli strumenti utilizzati con passione prima, e solo poi, con perizia acquisita con studio ed applicazione. In assenza di Internet e di geoLIVE.org!!! Concordo con tutti voi e, se mi consentite, vorrei ricordare l'uso che ho fatto, per fortuna, anche fin troppo spesso del Planimetro Samoiraghi modello 236 matricola 277728 collaudato il 5/7/1970 in servizia dal 16/8/1970 che conservo nel mio ordinario guazzabuglio ( come dice Leo ) che chiamo ordine-disordine. Lo conservo con gelosia insieme agli attrezzi del mestiere, in bella vista, ivi compreso il Tecnigrafo Bieffe Zucor ( ora retrocesso a ricovero pratiche inevase ! ) per ricordarmi e ricordare giornalmente che, le cose imparate a scuola e vissute nella professione, sono state la base dello sviluppo costante della nostra professione che a sua volta ci ha ripagato e continua a ripagarci. Certamente, oggi si è avvantaggiati in maniera astronomica, con tutto ciò che attiene alla professione, ma terrrei a ricordare che quello che abbiamo oggi, è anche il frutto delle esperienze fatte nel passato remoto! Io ne sono soddisfatto! Colgo l'occasione per augurare Buone Feste ! Gianni detto geoalfa
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rubino
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L'AGGIORNAMENTO CATASTALE CON RILIEVO POLIGONOMETRICO Prima dell'avvento dell'ambaradam della “nuova procedura”, era possibile inserire in mappa nuove dividenti senza utilizzare il sistema per allineamenti optando per il metodo celerimetrico e la poligonazione: la loro applicazione era peculiare per l'inserimento in mappa dei limiti dell'occupazione e della carreggiata di strade. Il rilievo iniziava con le procedure di “apertura” della poligonale con la procedura della “stazione fuori centro”, si calcolava, utilizzando due punti di coordinate note: uno “vicino”, di cui era possibile misurare la distanza dalla stazione, ed uno “lontano”, - un vertice trigonometrico – in modo da configurare un triangolo con i sufficienti elementi noti mediante i quali si otteneva “l'angolo di apertura” della poligonale: esso, con il metodo “del trasporto dell'azimuth” giungeva all'ultima stazione e poteva essere confrontato con “l'angolo di chiusura” (calcolato mediante un altro “fuori centro”) questo ragguaglio entrava fra gli elementi per la verifica del contenimento nelle tolleranze dell'entità degli errori di chiusura angolare e lineare. Quando non c'erano i distanziometri, si utilizzava prevalentemente, per la misura delle distanze, il metodo dell'angolo parallattico costante con stadia verticale: dalla stazione della poligonale si precedeva all'assunzione dei cinque numeri generatori propri della celerimensura (letture alla stadia in corrispondenza dei tre fili del reticolo e gli angoli verticale ed orizzontale) dopo che il canneggiatore aveva correttamente disposto la stadia sul particolare topografico di cui rilevare la posizione. Il termine “correttamente” va inteso nell'attenzione che doveva essere posta sia alla verticalità della stadia, ottenuta mediante una livella sferica, sia alla stabilità (ci sia aiutava con due paline). Il capo, allo strumento, procedeva alle letture alla stadia ed ai cerchi dettandole allo scrivano, il quale le doveva ripetere a voce alta, scrivere sul libretto di campagna (i Collegi stampavano e distribuivano apposti registi, prefincati e rilegati) ed eseguire la prima verifica di rispondenza fra loro. Un particolare: la posizione della stazione doveva essere fissata a particolari nelle sue immediate vicinanze misurando da essa la distanza diretta, ad es., allo spigolo del muretto, all'albero ecc. nel punto contrassegnato da un segno al minio: queste misure dovevano formare idonee monografie che dovevano essere consegnate all'Ufficio in uno al registro di campagna contente i dati finali dei punti da inserire in mappa: per questo venivano disegnate direttamente sull'estratto di mappa redatto dal tecnico, detto “striscione”. (segue) (la sezione è aperta a nuove "parole") (grazie e auguri a tutti)
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rubino
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"totonno" ha scritto: Non avendo una bellissima scrittura io ovviamente mi affidavo ai moderni "trasferibili" che applicavo sul lucido con quel pennino verde di plastica sagomato del quale non ricordo il nome esatto ma che ancora conservo. Aiutatemi a ricordarlo sennò passo il Natale a pensarci. C'era tutta una serie di simboli, come anche il nord..., i sanitari, le persone e quant'altro occorra a definire il disegno conforme alla regola dell'arte...  Totò, fagli una foto e mettila qui, che ti facciamo fare Natale spensierato.
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geocinel
Carlo Cinelli
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Cavoli come siete VECCHI. Ci manca solo qualcuno che venga fuori dicendo di aver usato il Circolo Ripetitore di Bordà. A parte gli scherzi, bravo Rocco, fa sempre piacere a noi vecchietti riparlare di certe cose. Io sono molto legato e colleziono vecchie calcolatrici programmabili: Texas TI 59, HP 41 e 42, Sharp PC 1262 ecc. e anche regoli calcolatori Nestler, Aristo, Faber Castell. Colgo l'occasione per Augurare a tutti BUONE FESTIVITA'. Cordialmente Carlo Cinelli
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anonimo_leccese
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"totonno" ha scritto: Aiutatemi a ricordarlo sennò passo il Natale a pensarci. C'era tutta una serie di simboli, come anche il nord..., i sanitari, le persone e quant'altro occorra a definire il disegno conforme alla regola dell'arte...  Si chiama/va Normografo !!!!!!! Ed in più c'erano anche delle stecche bianche di plastica, con delle intacche per fissarlo, in modo che fosse sollevato dal lucido e non "nguacchiasse"* d'inchiostro mentre lo si spostava , !!!! Ed i trasferibili con le ultime auto alla moda, ve li sieti dimenticati ??? * sporcare www.google.it/search?q=normografo&espv=2... In più aggiungerei, così come vengono in mente,..il nastro adesivo "invisibile" 3M per attaccare i pezzi di lucido tra loro,....i pezzi di carta scottex quella della cucina, sparsi quà e la per asciugare i pennini che ogni tanto ...ehm,..avevono lo scolo  - Gli scaffali fatti apposta o improvvisati ove posizionare i preziosi lucidi - Il tappetino verde morbido di gomma da mettere sul tecnigrafo per non rovinare il tavolo di legno costato tanti soldini - Altro ? Ah si,..l'odore o puzza delle prime copie fotostatiche e dulcis in fundo (si fà per dire) quella puzza di ammoniaca che c'era dall'amico della copisteria per fare le copie eliografiche, fortunatamente oggi scomparsi - Manca niente ? Auguri di buon Natale !!!
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totonno
(GURU)
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