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Autore Planimetrie catastali nelle compravendite: le nuove regole

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Inviato: 04 Dicembre 2014 alle ore 19:11

Planimetrie catastali nelle compravendite: le nuove regole

Due piccioni con una fava: stanare gli evasori e aggiornare le mappe e gli atti catastali, costituendo un’Anagrafe immobiliare che allinei i dati e le mappe catastali (talora in arretrato di decenni) con quelli, sostanzialmente esatti, delle Conservatorie immobiliari (trascrizioni di rogiti e di diritti immobiliari).

E’ questo lo scopo del comma 14 dell’articolo 19 della manovra (legge n. 122/2010) che impone, in caso di compravendite, donazioni e divisioni ereditarie, di rendere congrue con la realtà le planimetrie conservate in Catasto , nonché i dati degli intestatari immobiliari.

Per chi non si adegua la minaccia è quella della nullità dei contratti:

Le nuove misure, nonostante l’indubbio vantaggio derivante dalla creazione di un archivio di dati certi, sono destinate a creare non pochi grattacapi ai cittadini, rendendo le pratiche per rogitare più complesse e spesso più costose.

Grave soprattutto il fatto che si vanno a coprire, a loro spese, danni in parte causati da antiche inefficienze della pubblica amministrazione e in parte dall’incuria di chi ha avuto in passato a che fare con gli immobili in questione.

La sanzione della nullità ha effetti draconiani: in caso di compravendite comporta che l’acquirente debba restituire l’immobile stesso e farsi dare indietro i soldi versati.

Naturalmente va perso il denaro speso per notaio, eventuale agente immobiliare e altri professionisti (il cui rimborso dipende dall’eventuale azione di risarcimento danni che sia intentata nell’occasione).

Con l’articolo 19 non si vanno a colpire i responsabili di abusi edilizi (per i quali la nullità esisteva già da tempo), ma anche passaggi di proprietà di immobili privi di certe caratteristiche formali dell’atto.



La nuova norma.

In sintesi, si afferma che negli atti di trasferimento di immobili vanno indicati i riferimenti ai dati identificativi catastali e alle planimetrie catastali e la dichiarazione di conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie sulla base delle disposizioni vigenti.

Altrimenti l’atto è nullo.

Il notaio deve verificare la corrispondenza tra i gli intestatari catastali dell’immobile e chi stipula l’atto.

Esaminiamo uno per uno i casi in cui questi requisiti possono mancare, tralasciando volutamente i casi in cui la colpa va attribuita al cittadino (abusivismi edilizi, mancata dichiarazione in Catasto di immobili che hanno perso la ruralità), per concentrarci solo sulle situazioni in cui il cittadino è in perfetta buonafede.

Per semplificare, parleremo solo di compravendite, ma quanto detto vale anche per donazioni o divisioni che coinvolgono beni immobili.

Escluse invece dal campo di applicazione della legge n. 122/2010 le iscrizioni di ipoteca.

Esistenza delle planimetrie catastali

La planimetria catastale può mancare:

a) perché non è stata mai fatta. Il caso è più comune di quanto si creda.

Per esempio, negli Anni ’50-’60 capitava abbastanza spesso che i costruttori redigessero piantine “provvisorie” degli immobili messi in vendita, allegandole agli atti trascritti, che non hanno caratteristiche tecniche per essere valutate come regolari planimetrie.

Occorre quindi incaricare un tecnico che rediga con programmi informatizzati (DocFa) una planimetria regolare, con costi che in genere oscillano tra i 900 e i 1200 euro per un appartamento standard (onorari compresi);

b) perché la planimetria dell’immobile c’è, ma non esiste quella delle cosiddette “pertinenze” della singola unità immobiliare in condominio (cantine, posti auto, soffitte, ad esempio).

Si tratta di una situazione comunissima, che in passato molti notai risolvevano limitandosi ad attestare che in un precedente atto di proprietà si faceva cenno all’esistenza della pertinenza stessa.

Uno sforzo in più era quello di tentare di identificare la pertinenza con certezza, cosa non sempre possibile: non sempre era reperibile una piantina con cantine o soffitte numerate, che rendesse chiaro quali fossero esattamente i locali accessori attribuiti al singolo appartamento.

Molto comuni inoltre i casi in cui i condomini, consapevolmente o meno, si sono scambiati le pertinenze, nonché quelli di occupazione abusiva;

c) perchè la planimetria è stata a suo tempo presentata in Catasto, ma non si trova più.

La perdita può essere dovuta al caos in cui versavano le pratiche cartacee negli Uffici.

In qualche caso anche al tentativo di porvi ordine, “rasterizzando” le vecchie mappe, cioè acquisendole come documenti informatici attraverso una scannerizzazione avanzata che permette di stimare le dimensioni dell’immobile.

La rasterizzazione ha portato a nuova confusione talora anche perché, per risparmiare, centinaia di migliaia di planimetrie (non si sa quante, ma la commessa vinta era per 15 milioni di lire) erano state inviate in Albania per essere “rasterizzate , incappando nella guerra civile in corso in quel Paese, con le brutte conseguenze che è facile immaginare.

In tempi recenti, invece, le piantine catastali sono direttamente riportate su immagini computerizzate, e le cose funzionano meglio. Se si ha la prova della presentazione, secondo la circolare dell’Agenzia del Territorio 9 luglio 2010, n. 2 , sarà il locale Ufficio che dovrà provvedere a recuperarla o ridisegnarla, con ispezione sul posto.

Il rischio è che, in attesa della disponibilità dei funzionario, si sia costretti a rimandare la compravendita.


La dichiarazione di conformità

Nei trasferimenti di proprietà e diritti, a pena di nullità, deve essere riportata una dichiarazione delle parti coinvolte “sulla “conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie”.

I notai, che hanno come unica responsabilità l’inserimento di tale dichiarazione, impediranno senz’altro che la nullità si verifichi.

Tuttavia questi professionisti non hanno l’obbligo di eseguire un’ispezione nell’alloggio per controllare se le parti mentono.

Le responsabilità della veridicità della dichiarazione ricade quindi solo su chi conclude l’atto.

La nuova legge afferma poi che la dichiarazione “può essere sostituita da un'attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale”. Ma poiché il tecnico costa, saranno pochi ad avvalersene.

Resta possibile quindi che, per esempio in caso di compravendite, venditore ed acquirente mentano, anche solo per accelerare i tempi dell’atto e non avere seccature.

Dopotutto, se la menzogna dovesse venire a galla, le sanzioni sono piuttosto ridotte a patto che la mappa non fedele non influisca sulla determinazione della rendita (il parametro fiscale).

Si va da 10 a 103 euro (errata redazione delle planimetrie da allegare alla dichiarazione o variazione di unità immobiliari urbane).

Resta incerto (ma è improbabile) è se si incorra nella falsa dichiarazione in atto pubblico, punita con la reclusione fino a 2 anni.

Tuttavia, il venditore si espone anche ad altri rischi: l’acquirente potrebbe affermare che la cosa venduta non corrisponde a quella promessa (con possibile richiesta della riduzione del prezzo e, in casi molto gravi, della nullità della vendita).



La corrispondenza con le planimetrie.

La circolare 2/2010 dell’Agenzia del territorio ha delimitato i casi in cui si può parlare di mancata corrispondenza delle planimetrie catastali con lo stato di fatto, soprattutto nel casi più comuni, le modifiche interne agli appartamenti.

Per abitazioni e uffici afferma infatti che “non hanno rilevanza catastale le lievi modifiche interne, quali lo spostamento di una porta o di un tramezzo che, pur variando la superficie utile dei vani interessati, non variano il numero di vani e la loro funzionalità.

Comportano, invece, l’obbligo di presentazione della dichiarazione di variazione l’effettuazione di interventi con cui si realizza una rilevante redistribuzione degli spazi interni, ovvero si modifica l’utilizzazione di superfici scoperte, quali balconi o terrazze”.

In parole povere l’unificazione di due camere o la divisione di una camera in due comportano la variazione della planimetria.

Lo stesso discorso vale se una camera si trasforma in bagno o viceversa, o una terrazza viene coperta e trasformata in una stanza .

Invece il semplice spostamento di una parete, o le aperture e le chiusure di porte o finestre non hanno rilievo.

Nei casi previsti , occorrerà quindi presentare una denuncia di variazione delle planimetrie.

Attenzione, però: anche se non ha rilievo ai fini catastali, il semplice spostamento di pareti o soffitti può comportare illeciti di tipo urbanistico: le norme statali (Dm Sanità 5/7/1975) e i regolamenti edilizi comunali prescrivono ampiezze minime delle stanze da letto e/o dei bagni, presenza di finestre che garantiscano un aeroilluminazione minima, altezze minime dei locali, presenza di anti-bagni e così via.

Si vanno così a cancellare retroattivamente prescrizioni del Catasto (circolare delle Finanze del 14 ottobre 1989, n. 3/3405) che vietavano addirittura agli uffici di accettare denunce di variazione che non coinvolgessero consistenza (numero dei vani) e classamento, anche se si erano verificate modifiche interne all'unità immobiliare.

Con la conseguenza che le planimetrie di moltissimi immobili non corrispondono in effetti nelle suddivisioni interne a quelle reali, senza che i contribuenti ne abbiano la minima colpa.

Si tratta di disposizioni oggi non più necessarie, perché l’onere di redigere le planimetrie è passato ai professionisti incaricati dal committente tramite programmi informatici (Docfa).

Ovviamente i tecnici rispondono della loro correttezza e gli uffici catastali, se vogliono, possono fare ispezioni sul posto.

Quindi i funzionari catastali si sono sgravati da compiti che per inefficienza o per mancanza di personale non erano in passato in grado di svolgere.



La conformità dei dati catastali.

La dichiarazione dei contribuenti sul rogito deve riguardare anche la conformità con i dati catastali.

Ciò significa innanzitutto che la destinazione d’uso dell’immobile (categoria catastale) deve essere quella dichiarata. Se l’immobile è, catastalmente, un’abitazione deve essere venduto come tale e non come ufficio (o viceversa).

Se è un magazzino, non è vendibile come un box.

E così via. Ma la disposizione potrebbe essere più insidiosa.

Se, in seguito a lavori di ampio raggio l’immobile è molto migliorato e dovrebbe avere un “classamento” in Catasto più elevato, anche di questo andrebbe tenuto conto.

Dice infatti la circolare 2/2010:

“L’obbligo della relativa dichiarazione si configura nell’ipotesi in cui le variazioni influiscono ed incidono sulla consistenza, la categoria e la classe dell’unità immobiliare, in sostanza sulla determinazione della rendita catastale”.

Insomma, si pretende che il contribuente si renda conto se il suo immobile ha aumentato valore per il Fisco, in seguito a lavori da lui pagati.

Il che è teoricamente possibile (bisognerebbe incaricare un tecnico con competenze catastali che rediga con l’aiuto del programma informatico “DocFa” una valutazione catastale dell’immobile) ma pare un po’ eccessivo.



Il controllo notarile sull’intestazione

Il notaio ha infine l’obbligo di “individuare gli intestatari catastali e verificare la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari”.

In caso contrario, va fatta la cosiddetta “voltura catastale”, cioè il cambiamento in Catasto della proprietà .

Occorre ricordare che la mancata congruenza tra intestazione in Conservatoria dei Registri Immobiliari (aggiornata) e in Catasto (atti non aggiornati e privi di valore di prova) è un fatto piuttosto banale.

Anni fa il Catasto era in arretrato di oltre 8 milioni di volture, cioè di pratiche arretrate di cambiamento di intestazione presentate dai cittadini ma non inserite dai funzionari.

Poiché non si riusciva a stare dietro all’arretrato, si è pensato bene di “lasciarlo perdere”: si sarebbero fatte solo le volture nuove, nella certezza che col passare degli anni la situazione si sarebbe messa a posto da sola.

La nuova norma non cambia, in realtà, nulla:

da sempre i notai, nei trasferimenti immobiliari, hanno imposto ai cittadini la voltura catastale, quando necessaria.

La novità sta piuttosto nel dettato della circolare n. 10/2010 dice che qualora la mancata corrispondenza “derivi da una mancata registrazione, da parte dell’Ufficio, a fronte di una domanda di volture presentata, sarà sufficiente produrre apposita istanza presso l’Ufficio provinciale competente o al Contact Center, ovvero presentare una domanda di volture di preallineamento (esente dalla corresponsione dei relativi tributi speciali catastali)”.

Da ciò si deduce che chi conserva con cura e attenzione le vecchie ricevute è avvantaggiato, chi le perde o le butta via è costretto invece ad esborsi in più.



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Ultimo aggiornamento: 04 Dicembre 2014 alle ore 19:35
 
 

 

 

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