A dire il vero, Carlo, più che proporre
come si potrebbe fare avevo cercato di indicare riferimenti giuridici onnicomprensivi. Non giurisprudenza, però, ma eventualmente dottrina; anche perché la giurisprudenza mi pare più adatta a casi specifici, mentre qui stiamo disquisendo in generale.
E nonostante il tentativo di Samsung di circoscrivere, credo che sia opportuno attenersi proprio agli aspetti generali; infatti solo questi possono aver valore comunque. Un po' come dire che senza un caso specifico può aver senso scrivere un Codice, ma non una sentenza...
Per questo: mi è parsa importante l'indicazione di Rocco; credo plausibile assimilare il caso delle frane agli eventi provocati dall'acqua, e trovo utile schematizzare quello proposto da Samsung in modo da ampliarne l'analisi piuttosto che disperderla in mille “casi”.
Lo schema penso che si possa riassumere dapprima in due classi: eventi naturali e artificiali. I primi mi sembrano passibili di trattazione secondo avulsione, accessione, unione e commistione come avevo indicato, mentre i secondi sono più delicati, sia per l'eventuale possibilità di ottenere risarcimenti di danni, sia per la gestione delle conseguenze in caso di considerevoli estensioni: si pensi ad esempio alla frana di Ripoli, nota alle cronache, all'eventualità che il “responsabile” non ne possa fronteggiare l'onere e all'indipendenza dei proprietari interessati dagli effetti subiti. Questi eventi potrebbero ricevere comunque trattamenti analoghi a quelli naturali.
La seconda schematizzazione la farei sui singoli lotti: quelli ai bordi potranno trovarsi in condizione di estendersi o ridursi, mentre in zone intermedie potrebbero rimanere invariati per quanto spostati. Naturalmente sono possibili composizioni di quei tre effetti, per cui dall'impostazione generica di quegli articoli di codice, si passa quasi inevitabilmente alla soluzione indicata da Rocco.
Infine mi pare importante osservare la difficoltà di qualificare gli spostamenti da considerare significativi. È ben nota agli utenti di reti di stazioni
permanenti (non “fisse”, infatti) la necessità di adeguare periodicamente le coordinate di ognuna a causa di variazioni di alcuni centimetri, ma non per questo si pensa di ricostruire tutti i confini! Se non vogliamo impantanarci in fantasiose ipotesi sull'entità delle differenze da “correggere” (fino a cinque centimetri è fisso, dal sesto si procede a rogito!) penso che dobbiamo tornare a porre l'accento sulla
congruità locale: non ha importanza la posizione della linea rispetto al Sistema Nazionale (e oltre?) ma il confine deve rimanere conforme ai riferimenti più prossimi; al di là dei quali può succedere qualsiasi cosa senza coinvolgerlo.
Il riferimento a punti “fissi”, esterni all'area invariata, potrà quindi avere rilevanza solo per aggiustamenti a periodicità molto, molto lunga; preferibilmente a “zolle ferme”. Con interventi come illustrato da Rocco, probabilmente. In questo modo si circoscrive il problema alle sole zone di frontiera di movimenti reciproci significativi, senza implicare incertezze praticamente ubiquitarie.
Leonardo